Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5829 del 22/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 22/02/2022, (ud. 11/02/2022, dep. 22/02/2022), n.5829

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10876-2021 proposto da:

IMPRESA EDILE SA DI S.P. E C. S.N.C., elettivamente

domiciliata in Barletta, Via Ospedale Dei Pellegrini 62, presso lo

studio dell’avvocato Luigi Lemma, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1706/2020 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 09/10/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11/02/2022 dal Consigliere ANTONIO SCARPA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONI

1. L’impresa edile SA di S.P. e C. s.n.c., in persona del suo legale rappresentante pro tempore ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo avverso la sentenza n. 1706/2020 della Corte d’appello di Bari, del 9 ottobre 2020.

2. L’intimato Condominio di (OMISSIS) non ha svolto attività difensive.

3. La Corte d’appello di Bari, in parziale riforma della sentenza n. 1381/2017 del Tribunale di Trani, con cui era stata respinta l’opposizione proposta dal Condominio avverso il decreto ingiuntivo che aveva ordinato la consegna dell’atto “contenente le tabelle millesimali inerenti il compendio immobiliare del plesso di (OMISSIS), nonché la documentazione afferente il piano di riparto delle quote e copia delle reversali di pagamento inerenti ciascun condomino relative al contratto di appalto di cui al ricorso”, preso atto della cessazione della cessazione della materia del contendere già statuita dal Tribunale per l’avvenuto adempimento da parte dell’amministratore della intimata consegna, ha compensato le spese del doppio grado di giudizio, ritenendo l’assoluta novità della seguente questione: se l’art. 63 disp. att. c.c., comma 1, come modificato dalla L. n. 220 del 2012, debba ritenersi espressivo dell’obbligo, per l’amministratore, di comunicare ai creditori insoddisfatti non solo i dati dai condomini morosi, ma anche dei condomini in regola coi pagamenti, così da permettere al creditore di tutelarsi in via preventiva nel caso in cui, escusso infruttuosamente il condomino moroso, debba procedersi all’azione contro i condomini in regola coi pagamenti.

4. L’unico complesso motivo di ricorso dell’impresa edile SA di S.P. e C. s.n.c. (che si estende da pagina 26 a pagina 39 dell’atto) denuncia contestualmente la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1129 c.c., comma 12, n. 4, dell’art. 1129c.c., comma 7, dell’art. 1135c.c., n. 4, degli artt. 91 e 92 c.p.c., della L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 11, e dell’art. 132 c.p.c., n. 4, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360, comma 1, n. 5.

La ricorrente contesta l’asserita sussistenza del presupposto della novità della questione sul quale la Corte territoriale ha fondato la propria decisione di compensazione delle spese del giudizio. Ricorda come la sentenza n. 1759/2019 della medesima Corte d’appello, passata in giudicato e con la quale era stato definito giudizio di opposizione al precetto intercorso tra le medesime parti, aveva riformato la compensazione delle spese disposta dal giudice di primo grado (ancora sul presupposto della novità della questione) statuendo, in relazione a profili diversi da quelli emergenti nel presente giudizio, che il decorso di un lasso di tempo considerevole dall’entrata in vigore dell’art. 63 disp. att. c.c., nella formulazione introdotta dalla L. n. 220 del 2012, deponeva nel senso dell’esclusione del profilo della novità della questione.

La doglianza denuncia altresì la mancata osservanza, da parte del condominio, del disposto dell’art. 1135 c.c., n. 4, non essendo stato costituito un fondo speciale per la realizzazione di opere di straordinaria manutenzione, sul quale l’appaltatore, al momento della conclusione del contratto, avrebbe potuto ragionevolmente fare affidamento; la produzione della documentazione richiesta si rivelava, dunque, secondo la censura, funzionale anche a conoscere la situazione patrimoniale del condominio nonché la sussistenza di detto fondo speciale sul quale il ricorrente avrebbe potuto soddisfarsi.

Il fatto decisivo di cui sarebbe stato omesso l’esame riguarderebbe, invece, la circostanza per cui la consegna della documentazione richiesta sarebbe avvenuta, da parte dell’odierno intimato, solo all’esito dell’azione esecutiva intrapresa dal ricorrente.

Viene, da ultimo, contestata la violazione dell’art. 91 c.p.c. in ordine al principio di soccombenza letto alla luce del criterio della “causalità oggettiva” che impone di addossare le spese del processo alla parte che allo stesso dà causa.

5. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso proposto potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1), il presidente ha fissato l’adunanza della Camera di consiglio.

La ricorrente ha presentato memoria.

6. Il motivo è inammissibile perché non supera lo scrutinio di cui all’art. 360-bis c.p.c., n. 1, in quanto la Corte d’appello di Bari ha deciso la questione di diritto inerente alla regolamentazione delle spese processuali in caso di dichiarazione di cessazione della materia del contendere in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame delle censure non offre elementi per mutare tale orientamento.

Ove il giudice rilevi la cessazione della materia del contendere (nella specie, per effetto dell’adempimento della prestazione intimata col decreto ingiuntivo oggetto di opposizione), la pronuncia finale sulle spese viene regolata sulla base di una valutazione di soccombenza virtuale, sicché il giudice del merito deve espressamente procedere ad un complessivo ed unitario giudizio circa l’originaria fondatezza delle contrapposte domande ed eccezioni proposte dalle parti, al fine di decidere circa la incidenza della potenziale soccombenza sull’onere delle spese. Tale valutazione di fondatezza delle contrapposte domande ed eccezioni proposte dalle parti, posta a fondamento della compensazione delle spese, è stata compiuta dalla Corte di Bari, la quale ha comunque ritenuto che sussistesse il presupposto della “assoluta novità della questione trattata” ex art. 92 c.p.c., comma 2.

La ricorrente non si duole nel merito, contestando l’esistenza del presupposto per emettere la declaratoria di cessazione della materia del contendere, in ragione del venir meno dell’interesse alla prosecuzione del giudizio (Cass. Sez. U, 09/07/1997, n. 6226, Cass. Sez. 3, 01/06/2004, n. 10478; Cass. Sez. 1, 28/05/2012, n. 8448; Cass. Sez. 6 – L, 13/07/2016, n. 14341).

Essendo quindi sottratta all’ambito del devoluto in sede di legittimità la statuizione di cessazione della materia del contendere, la quale perciò è coperta da giudicato interno formatosi ai sensi dell’art. 329 c.p.c., comma 2, va ulteriormente evidenziato come spetti al giudice del merito, nel caso in cui dichiari cessata la materia del contendere, di deliberare, appunto, il fondamento della domanda per decidere sulle spese secondo il principio della soccombenza virtuale, decidere, cioè, se la domanda avrebbe dovuto essere accolta o rigettata nel caso in cui non fosse intervenuta la cessazione della materia del contendere, con apprezzamento di fatto la cui motivazione non postula certo di dar conto di tutte le risultanze probatorie, e che è sindacabile in cassazione sol quando, a sua giustificazione, siano enunciati motivi formalmente illogici o giuridicamente erronei.

Trova applicazione nel presente giudizio, ratione temporis, l’art. 92 c.p.c., comma 2, come sostituito dal D.L. 12 settembre 2014, n. 132, art. 13, modificato in sede di conversione dalla L. 10 novembre 2014, n. 162 (testo invero operante per i procedimenti introdotti a decorrere dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della citata legge di conversione).

In forza di tale norma, il giudice può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, soltanto se vi è soccombenza reciproca, ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, o ancora, “qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni” (ciò a seguito della sentenza 19 aprile 2018, n. 77, della Corte Costituzionale).

La Corte d’appello di Bari ha disposto la compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio per l’assoluta novità della questione dirimente trattata (Cass. Sez. 6 – 2, 18/02/2019, n. 4696; Cass. Sez. 6 – 3, 15/05/2018, n. 11815). Tale questione inerisce all’art. 63 disp. att. c.c., comma 1, introdotto dalla L. n. 220 del 2012, il quale dispone che l’amministratore è “tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi”. Si tratta di dovere legale di cooperazione col terzo creditore posto direttamente in capo alla persona dell’amministratore, e non incombente sul condominio (che, invece, risultava intimato nel caso di specie col decreto ingiuntivo opposto). La causa imponeva di decidere se l’obbligo di comunicare al creditore i dati ex art. 63, comma 1, cit. potesse estendersi anche a quelli dei condomini in regola coi pagamenti.

Al riguardo di tale nuova disciplina, come la Corte d’appello correttamente afferma, manca ancora una interpretazione giurisprudenziale consolidata.

Consegue l’inammissibilità del ricorso. Non deve provvedersi sulle spese del giudizio di cassazione, in quanto l’intimato Condominio di (OMISSIS) non ha svolto attività difensive. Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 11 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2022

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