Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5828 del 10/03/2010

Cassazione civile sez. I, 10/03/2010, (ud. 09/11/2009, dep. 10/03/2010), n.5828

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

S.D. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, PIAZZALE DELLE BELLE ARTI 8, presso l’avvocato PELLICANO’

ANTONINO, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

A.G.E.A. – AGENZIA PER LE EROGAZIONI IN AGRICOLTURA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 34312/2004 della GIUDICE DI PACE di ROMA,

depositata il 02/09/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

09/11/2009 dal Consigliere Dott. GIANCOLA Maria Cristina;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato ANTONINO PELLICANO’ che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 29.08 – 2.09.2004, il Giudice di pace di Roma, nel contraddittorio delle parti, respingeva la domanda proposta da S.D., volta alla condanna dell’A.G.E.A.- Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura al pagamento della somma di Euro 671,99, oltre accessori ed anatocismo, quale importo spettante a titolo di aiuti comunitari alla produzione dell’olio d’oliva per la campagna oleicola 1995/1996. Il Giudice di pace osservava e riteneva:

che l’attore aveva dedotto che l’AGEA non gli aveva erogato la somma da lui pretesa a causa della discordanza riscontrata tra il numero di piante di olivo da lui denunciate (n. 120) e quello risultante dallo schedario oleicolo e che tale diniego era ingiustificato in quanto aveva presentato richiesta di verifica ai sensi della Circolare AIMA n. 442 del 5 luglio 1996, l’ente aveva riconosciuto l’esatto conteggio delle piante denunciate nelle successive dichiarazioni ma cio’ nonostante non pagato l’importo per l’anteriore campagna oleicola 1995/1996 e per la campagna 1996/1997 era stata accertata ben maggiore consistenza di piante rispetto a quelle denunciate per la precedente;

– che l’AGEA, subentrata all’AIMA, in virtu’ del D.Lgs n. 165 del 1999, come modificato dal D.Lgs n. 188 del 2000, aveva sostenuto che il S. non aveva chiesto alcuna verifica, non risultando in atti alcuna documentazione;

– che la materia de qua trovava la sua fonte normativa nei Regolamenti CEE n. 2261/84 del 17 luglio 1984, n. 306184 del 31 ottobre 1984, n. 586/88 del 3 marzo 1988 oltre che nella Delib.

commissariale AIMA del 27 dicembre 1995 nella citata Circolare AIMA n. 442 del 1996;

– che dalla normativa emergeva che qualora l’ente avesse riscontrato una significativa discordanza tra i dati contenuti nello schedario oleicolo e quanto denunciato dal produttore costui poteva richiedere la verifica anche sul campo, eventualmente utilizzando il tagliando allegato alla lettera raccomandata contenente la comunicazione dell’esito sfavorevole dell’accertamento, e che qualora tale richiesta non fosse stata inoltrata avevano valore le risultanze dello schedario di base;

che sul produttore gravava l’onere di dimostrare di avere chiesto la verifica rispettando i termini previsti dall’art. 6 del Regolamento CEE n. n. 586/88, anche percio’ non valendo ad esimerlo il richiamo alle modalita’ di cui alla circolare n. 442/1996;

che la domanda doveva essere disattesa in quanto parte attrice non aveva fornito nessuna prova che l’eventuale mancato e/o erroneo inserimento dei dati fosse imputabile all’AGEA in relazione alla campagna 1995/1996, oggetto di controversia.

Avverso questa sentenza il S. ha proposto ricorso per Cassazione notificato il 28.10.2005 all’A.G.E.A – Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura presso l’Avvocatura generale dello Stato e depositato memoria. L’ente intimato non ha svolto attivita’ difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A sostegno del ricorso il S. denunzia “Violazione e falsa applicazione dei principi informatori della materia per come dettati dal Reg. CEE n. 586/88, in relazione a quanto disposto dall’art. 113 c.p.c. per come novellato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 2006 del 06.07.2004, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – Carenza assoluta di motivazione”.

Sostiene conclusivamente ed in sintesi che la pronuncia impugnata e’ totalmente e radicalmente illegittima per i seguenti motivi:

1. carenza assoluta di motivazione, trattandosi di motivazione solo apparente;

2. violazione di norme di diritto comunitario per come dettate dal regolamento CEE 586/88, contenente le regole per la formazione dello schedario olivicolo, recepite dallo Stato italiano;

3. violazione di norme processuali quali quelle relative alla valutazione delle prove ed alla disponibilita’ delle stesse;

4. violazione e falsa applicazione dei principi informatori della materia per come dettati dal regolamento CE 586/88, nonche’ dalla previsione applicativa italiana e dai successivi, indicati atti.

Va premesso che nel regime anteriore alla riforma di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equita’, ai sensi dell’art. 113 c.p.c., comma 2 sono ricorribili in Cassazione per violazione delle norme processuali, delle norme della Costituzione e di quelle comunitarie, nonche’ per violazione dei principi informatori della materia, da identificarsi con quelli fondamentali ai quali si ispira la disciplina positiva interna (corte cost. 200400206; Cass. 200816545), e per nullita’ attinente alla motivazione, che sia assolutamente mancante o apparente, o fondata su affermazioni in radicale ed insanabile contraddittorieta’ (cfr. tra le altre, Cass.,SU, 200900564). La mancanza o il carattere meramente apparente della motivazione della sentenza del giudice di pace possono essere dedotti in sede di legittimita’ ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, sotto il profilo della nullita’ della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., comma 2, seconda parte, (che rispettivamente impongono al giudice di indicare concisamente i motivi della decisione e, in particolare, le ragioni di equita’ sulle quali essa sia fondata), tenendo presente il carattere non sillogistico, ma intuitivo del giudizio di equita’ (tra le altre, cfr Cass. 200516254).

Inoltre, il ricorso contro una sentenza resa in una controversia soggetta a regola di decisione secondo equita’ costituisce impugnazione di sentenza di equita’ sia che il giudice abbia dichiarato di avere applicato una norma equitativa o una norma di legge perche’ rispondente ad equita’ e sia che si sia limitato ad applicare una norma di legge (Cass. SU 200613917).

Alla luce di tali principi, il motivo d’impugnazione dedotto dal S. avverso la sentenza di equita’ resa dal giudice di pace di Roma, non ha pregio in tutti i suoi profili.

La pretesa creditoria del ricorrente e’ stata, infatti, respinta con ampie e logiche argomentazioni, e dunque non in assenza o apparenza di motivazione, dando espresso rilievo alla mancata richiesta di verifica da parte del S. ed ai regolamentati consequenziali effetti, in applicazione di richiamate e rimaste incensurate, specifiche disposizioni del regolamento CE 586/88, e, quindi, in aderenza a regole sovranazionali. Non apodittica, inoltre, ma logicamente spiegata appare anche la conclusione del difetto di prova della formulazione di una tempestiva richiesta di verifica da parte del ricorrente, prova che egli ben avrebbe potuto dare con ogni mezzo e non solo documentando l’iniziativa, e che e’ stata fondata sulla valutazione delle risultanze probatorie ai sensi degli artt. 115 e 116 c.p.c. Tale valutazione attiene ad un compito esclusivo del giudice di merito e pertanto e’ censurabile in sede di legittimita’ soltanto attraverso la motivazione, che, se attiene ad una sentenza del giudice di pace secondo equita’, e’ censurabile solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, ossia se la motivazione e’ meramente apparente o radicalmente contraddittoria, si’ da potersi ritenere inesistente, ipotesi che nella specie per quanto detto non e’ ravvisabile.

Non deve farsi luogo a pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione, dato il relativo esito ed il mancato svolgimento di attivita’ difensiva da parte dell’intimata A.G.E.A..

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso.

Cosi’ deciso in Roma, il 9 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2010

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