Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5818 del 10/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 10/03/2010, (ud. 20/01/2010, dep. 10/03/2010), n.5818

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2212-2006 proposto da:

C.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI

RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato BOER PAOLO, che lo

rappresenta e difende, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, BIONDI GIOVANNA, PULLI CLEMENTINA, giusta

mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1730/2005 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 25/11/2005 R.G.N. 842/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/01/2010 dal Consigliere Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO;

udito l’Avvocato BOER PAOLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del primo e secondo

motivo del ricorso e inammissibilità del terzo.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Torino depositato il 17.6.2003, C.S. conveniva in giudizio l’INPS ed esponeva: di essere stato alle dipendenze di compagnia di navigazione aerea; di essere titolare di pensione a carico del Fondo di Previdenza per il Personale di Volo (cd. Fondo Volo) istituito presso l’INPS, a decorrere dal 1 febbraio 1997; di aver chiesto la liquidazione in capitale di una quota di pensione determinata L. n. 859 del 1965, ex art. 34; che l’Istituto aveva proceduto alla liquidazione di tale quota applicando un coefficiente di moltiplicazione invalidamente elaborato dal Comitato amministratore del Fondo, anzichè le tabelle contenute nel D.M. 19 febbraio 1981. Tanto premesso, chiedeva la condanna dell’INPS al ricalcolo della quota capitale applicando le tabelle di cui al citato D.M. 19 febbraio 1981.

L’INPS si costituiva ed eccepiva preliminarmente la decadenza dall’azione giudiziaria D.P.R. n. 639 del 1970, ex art. 47 e successive modificazioni. Nel merito chiedeva il rigetto della domanda assumendo che la quota era stata calcolata sulla base dei coefficienti a tal fine elaborati dal Comitato di Vigilanza del Fondo Volo con Delib. 8 marzo 1988, poichè i coefficienti sviluppati dal D.M. 19 febbraio 1981 al diverso fine di dare attuazione alla L. n. 1338 del 1962, art. 13 non erano in alcun modo applicabili alla liquidazione in capitale di una quota della pensione, consentita dalla L. n. 859 del 1965, art. 34.

Il Tribunale respingeva l’eccezione di decadenza sostanziale proposta dall’INPS e accoglieva la domanda.

L’appello dell’INPS veniva accolto dalla Corte di Appello di Torino con sentenza, depositata il 25 novembre 2005, che dichiarava inammissibile la domanda introduttiva per intervenuta decadenza.

Per la cassazione di tale sentenza il sig. C. ha proposto ricorso con tre motivi illustrato con memoria. L’INPS ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, denunciando violazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 come modificato dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4 convertito in L. n. 438 del 1992, e della L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 4 il ricorrente sostiene che la decadenza in esame opera soltanto quando la controversia verta sul diritto alla pensione nella sua interezza e non anche quando la controversia concerna soltanto la esatta determinazione della pensione già riconosciuta, e comunque non quando si controverte sul diritto alla capitalizzazione di una quota della pensione.

Con il secondo motivo, denunciando violazione delle stesse norma indicate nel primo motivo, il ricorrente sostiene che il termine di decadenza prende a decorrere soltanto nel caso in cui l’Istituto, nell’atto con cui comunica il provvedimento adottato sulla domanda di prestazione, indichi quali sono i rimedi esperibili contro di esso ed entro quale termine (art. 47, comma 5).

Con il terzo motivo, denunciando violazione della L. n. 859 del 1965, art. 34 in relazione al D.M. 19 febbraio 1981 e della L. n. 1338 del 1962, art. 13 il ricorrente sostiene che l’art. 34 cit., facendo riferimento ai coefficienti “in uso presso l’INPS”, imponeva l’applicazione dei coefficienti previsti dal D.M. 19 febbraio 1981, elaborati dal Ministero sulla base della L. n. 1338 del 1962, gli unici in uso presso l’INPS al momento del pensionamento, non avendo il Comitato di Vigilanza del Fondo Volo il potere di elaborare autonomamente coefficienti diversi.

Il primo motivo di ricorso è fondato.

Le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n. 12720 del 2009, componendo un contrasto di giurisprudenza, hanno affermato il seguente principio di diritto: “La decadenza di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 – come interpretato dal D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6 convertito con modificazioni nella L. 1 giugno 1991, n. 166 – non può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sè considerata, ma solo l’adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale”. Le Sezioni Unite hanno ribadito la unitarietà del termine di decadenza e la non configurabilità di una doppia decadenza sostanziale – per il riconoscimento della prestazione e per la successiva richiesta di adeguamento della prestazione già riconosciuta – in quanto l’art. 47, così come interpretato autenticamente dal D.L. n. 103 del 1991, art. 6 prevede un solo termine decadenziale per ogni singola prestazione, sicchè il termine non può che essere unico per il carattere unitario della prestazione rivendicata, dal momento che le somme domandate con riferimento alla prestazione originariamente chiesta non hanno una propria autonomia, non configurandosi come diritto in sè. Le Sezioni Unite hanno quindi concluso che il D.L. n. 103 del 1991, art. 6 non può trovare applicazione nelle fattispecie in cui come nel caso di specie – si richieda il ricalcolo di una prestazione pensionistica già in precedenza riconosciuta e di cui si domanda la rideterminazione, ma trova applicazione solo nella diversa ipotesi di mancato o omesso riconoscimento del diritto alla prestazione.

Tale principio, che il Collegio condivide, trova applicazione anche nel caso in cui, come quello in esame, la domanda concerne la riliquidazione di una quota della pensione di cui si è chiesta la corresponsione in forma capitale.

Il secondo motivo di ricorso è invece infondato.

Con la coeva sentenza n. 12738 del 2009 le Sezioni Unite hanno infatti affermato che il carattere pubblicistico e l’indisponibilità della decadenza, nonchè la correlata impossibilità delle parti del rapporto previdenziale (sia parte privata che istituto previdenziale) di incidere con il loro comportamento, anche omissivo, sul decorso del termine decadenziale, comporta, da un lato, che il silenzio dell’amministrazione non può incidere sul decorso del termine decadenziale; dall’altro lato che anche la mancata indicazione dei rimedi avverso il provvedimento dell’amministrazione, previsti dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, comma 5 non può che essere dei pari irrilevante.

L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del terzo.

In definitiva, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata per l’esame del merito ad altro giudice, che si designa in un diverso collegio della stessa Corte di Appello di Torino, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di Torino in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2010

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