Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5818 del 08/03/2017
Cassazione civile, sez. VI, 08/03/2017, (ud. 08/02/2017, dep.08/03/2017), n. 5818
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24960-2015 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.
(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la
sede DELL’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso
unitamente e disgiuntamente dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO
SGROI, EMANUELE DE ROSE, e LELIO MARITATO;
– ricorrente –
contro
C.F., elettivamente domiciliata in ROMA, C.SO VITTORIO
EMANUELE II 326, presso lo studio dell’avvocato STEFANO GUADAGNO
(STUDIO SCOGNAMIGLIO), rappresentata e difesa dagli avvocati
RICCARDO BERTUCCIO, VINCENZO MARINO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 82/2015 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,
depositata il 16/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata dell’ 08/02/2017 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza del 16.4.2015, la Corte di appello di Genova, in riforma della decisione di primo grado, revocava gli avvisi d’addebito opposti da C.F., con i quali era stato chiesto il versamento di contributi alla Gestione Commercianti dell’INPS asseritamente dovuti dalla predetta in qualità di socia accomandataria della s.a.s. C.D.S. Data Sistema di C.F. & C.;
che di tale decisione domanda la cassazione l’INPS, in proprio e nella qualità, affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui ha opposto difesa, con controricorso, la C..
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale la C. ha depositato memoria.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata; che viene denunziata violazione e/o falsa applicazione della L. 22 luglio 1966, n. 613, art. 1, della L. 27 novembre 1960, n. 1397, art. 1 così come modificato dalla L. 27 dicembre 1996, n. 662, art. 1, della stessa L. n. 1397 del 1960, art. 2 e degli artt. 2313, 2318 e 2697 c.c., assumendosi: che, contrariamente a quanto sostenuto nella impugnata sentenza, il socio accomandatario di una società in accomandita semplice è per ciò stesso, in quanto unico soggetto abilitato a compiere atti in nome della società, tenuto alla iscrizione nella Gestione Commercianti perchè l’esercizio dell’attività commerciale in modo abituale e prevalente è “in re ipsa”, ossia immediatamente e direttamente correlato all’essere socio con poteri di gestione della società e che l’attività di riscossione di canoni di locazione di immobile, rientrando in quella più ampia di gestione del patrimonio immobiliare, aveva natura commerciale, essendo il giudizio di prevalenza richiesto dalla legge n. 662/1996 natura endogena, in quanto da compiersi solo in relazione alle vicende interne della società, senza che assumano alcun rilievo altre ed ulteriori attività espletate dal socio al di fuori della attività sociale;
che ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;
che, infatti, presupposto imprescindibile per l’iscrizione alla gestione commercianti è che sia provato, in conformità a quanto previsto dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1 comma 203, che ha sostituito la L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29, comma 1 (requisiti previsti per ritenere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali), lo svolgimento di un’attività commerciale che, nella specie, risulta essere stato escluso con un accertamento in fatto da parte della Corte del merito supportato da una motivazione adeguata ed immune dai denunciati vizi;
che è stato accertato che la s.a.s. di cui la controricorrente era socia accomandataria non svolgeva alcuna attività diretta all’acquisto ed alla gestione di beni immobili e non svolgeva attività diverse da quella limitata alla riscossione del canone di locazione dell’ immobile di cui era proprietaria, e pertanto non rileva la mancanza di prova che altri soci fossero impegnati negli atti di gestione ordinaria e straordinaria della società, nonchè la mancanza di prova idonea ad escludere la presunzione normativa di esercizio di attività imprenditoriale ricollegabile, secondo l’assunto dell’istituto, alla circostanza che la società fosse costituita in forma diversa da quella semplice;
che tale decisione è in linea con il principio già espresso da questa Corte secondo cui la società di persone che svolga una attività destinata alla locazione di immobili di sua proprietà e si limiti a percepire i relativi canoni di locazione non svolge un’attività commerciale ai fini previdenziali, a meno che detta attività non si inserisca in una più ampia di prestazione di servizi quale l’attività di intermediazione immobiliare (Cass. n. 3145 dell’i l febbraio 2013);
che, dovendosi considerare lo svolgimento in concreto di un’attività commerciale, non rileva il contenuto dell’oggetto sociale;
che questa Corte – con riferimento alle società in accomandita semplice – ha affermato il principio (Cass. n. 3835 del 26 febbraio 2016) secondo cui ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, che ha modificato la L. n. 160 del 1975, art. 29, e della L. n. 45 del 1986, art. 3 in tali società la qualità di socio accomandatario non è sufficiente a far sorgere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, essendo necessaria anche la partecipazione personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza, la cui ricorrenza deve essere provata dall’istituto, prova che, nel caso in esame, secondo i giudici di merito non è stata fornita, essendo emerso che la C. si limitava a gestire la locazione di un unico immobile, senza che mai si fosse dato corso ad attività ulteriori, quali l’acquisto, la permuta, la costruzione, la locazione, la commercializzazione, l’amministrazione e la gestione in proprio e non fiduciaria di immobili di qualsiasi natura, pure indicate, tra le altre, nell’oggetto sociale, elemento) questo, invece, erroneamente valorizzato dall’INPS che, da ultimo, l’orientamento espresso ha ricevuto l’avallo di ulteriore pronuncia di questa Corte che ha confermato i principi enunciati (cfr. Cass. 6.9.2016 n 17643);
che, pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va rigettato con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5;
che le spese del presente giudizio vanno regolate come da dispositivo; che sussistono le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
PQM
rigetta il ricorso e condanna l’INPS al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 1500,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15 %.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis citato D.P.R..
Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2017