Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5818 del 03/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 03/03/2020, (ud. 19/09/2019, dep. 03/03/2020), n.5818

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. TINARELLI FUOCHI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22468/2014 R.G. proposto da

O.R., C.F. (OMISSIS), res. (OMISSIS), rapp.ta e difesa,

giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. Foligno Alessio del

Foro di Roma, elett. dom.to presso lo studio del medesimo in Roma,

Via Paganini n. 15;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), rapp.ta e difesa per legge

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è dom.ta in

Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

EQUITALIA NORD S.p.A., EQUITALIA NOMOS S.p.A.;

– intimate –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del

Piemonte, Sez.22 N. 75/22/2013 depositata il 11 luglio 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 settembre

2019 dal Consigliere Nocella Luigi.

Fatto

RILEVATO

Che:

O.R. impugnava innanzi alla CTP di Novara la cartella di pagamento N. 2618240, emessa da Equitalia Nord s.p.a., con il quale questa, sulla scorta di iscrizione a ruolo a titolo provvisorio di due avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate di (OMISSIS) per recupero IVA ed IRPEF 2002 e 2003, le cui impugnazioni pendevano innanzi alla CTR Piemonte, le aveva richiesto il pagamento delle imposte dovute in via provvisoria, nella misura di Euro 10.269,35. Per quanto di residua rilevanza nel presente giudizio, l’Oioli aveva dedotto una serie di vizi formali del ruolo e della cartella.

Nel contraddittorio con l’Agenzia e con il Concessionario per la riscossione, l’adita CTP con sentenza N. 62/06/2010, aveva respinto il ricorso; sentenza confermata, su appello della contribuente, dalla CTR del Piemonte con la sentenza oggi impugnata: i Giudici d’appello hanno ritenuto che, essendo stato accertato, anche per espressa ammissione del difensore della contribuente, che non erano stati effettuati i versamenti prescritti, questa doveva considerarsi decaduta dalla possibilità di avvalersi della sanatoria di cui al D.L. 6 luglio 2011, n. 98l, art. 39 comma 12, secondo l’intenzione manifestata con il 1 motivo d’appello; respingeva quindi i tre motivi articolati in merito a metodo, quantificazione e motivazione circa la liquidazione delle spese liquidate all’esito del giudizio di primo grado, evidenziando che “Gli altri motivi di appello in tema di compensazione, ed entità delle spese appaiono del tutto pretestuosi, già ampiamente dibattuti in molte controversie e non sostenuti da valide considerazioni”.

La Oioli ricorre per la cassazione di detta sentenza, con atto notificato a mezzo del servizio postale il 26.09.2014 ed articolato su quattro motivi di censura.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso notificato il 7.11.2014, mentre le Società Concessionarie nelle more succedutesi non si sono costituite.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

La Oioli denuncia, con il primo motivo di ricorso, violazione e falsa applicazione del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5: dopo aver riportato giurisprudenza relativa alla sanatoria di cui al ricordato D.L. n., rileva la ricorrente che, se pur vero che ella non vi aveva ancora aderito, l’efficacia della cartella era pur sempre subordinata alla soccombenza nei giudizi di impugnazione degli avvisi di accertamento, tuttora pendenti innanzi alla CTR.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per aver omesso totalmente la motivazione circa la mancata compensazione delle spese e/o esclusione delle spese eccessive o superflue.

Con il terzo motivo la Oioli lamenta violazione e mancata applicazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per avere la CTR totalmente omesso di motivare circa la mancata distinzione tra spese, diritti ed onorari.

Con l’ultimo motivo la Oioli deduce violazione e mancata applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 2-bis, e della Tabella allegata alla Tariffa professionale forense nonchè dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, poichè avrebbe omesso di motivare in ordine alla censura circa l’ammontare degli onorari liquidati dai primi Giudici ad entrambe le parti costituite, eccedenti quanto calcolato dalla medesima appellante.

Il ricorso è complessivamente ed in ogni sua parte inammissibile.

Quanto al primo motivo, la ricorrente non censura la ratio decidendi, confermando anzi esplicitamente la mancata adesione al condono di cui al D.L. n. 98 del 2011; ma, deducendo ragioni del tutto estranee all’oggetto delle contestazioni svolte nei precedenti gradi di giudizio, pretenderebbe di far valere l’ipotetica possibilità di accoglimento dei suoi ricorsi avverso gli avvisi di accertamento, trascurando di considerare che, trattandosi di ruoli formati in virtù di iscrizioni provvisorie D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 15, l’esito dei giudizi circa il merito della pretesa potrà incidere sulle stesse soltanto nella misura determinata, in relazione al tenore delle diverse pronunce, dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68 (Cass. sez.V 31.10.2018 n. 27803; Cass. sez.V 20.01.2017 n. 1501; Cass. sez.V 10.06.2011 n. 12791); mentre è incontroverso tra le parti che, al momento della proposizione del presente ricorso, le impugnazioni proposte dalla contribuente avverso i menzionati avvisi di accertamento, erano stati integralmente respinti dalla CTP di Novara, essendo ancora pendente il giudizio in fase di appello.

Tutti gli altri motivi di ricorso, che investono la statuizione di condanna alla rifusione delle spese contenuta nella sentenza di primo grado nonchè i criteri di quantificazione delle stesse, sono parimenti inammissibili.

Invero la ricorrente riporta nel ricorso il tenore degli specifici motivi d’appello proposti innanzi alla CTR, censurandone la statuizione per assoluta carenza di motivazione. Tuttavia deve rilevarsi che lo stesso secondo motivo di appello era totalmente inammissibile per assoluta carenza di specificità, come peraltro eccepito dalla difesa dell’Agenzia già nel giudizio d’appello: invero la censura circa il mancato esercizio del potere di compensazione delle spese non era sorretta dall’allegazione di giusti motivi che potessero indurre la CTP ad avvalersi della facoltà concessa dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15; quella afferente la mancata esclusione delle spese eccessive o superflue era parimenti non supportata dall’indicazione delle spese alle quali avrebbero potuto attribuirsi tali caratteristiche.

Orbene, tale modalità di deduzione della doglianza, sia in sede di gravame che nel ricorso per la cassazione della statuizione, è stata già considerata, con orientamento consolidato di questa Corte, priva del necessario carattere di autosufficienza (cfr. ex multis Cass. Sez.III ord. 25.05.2017 n. 13151; Cass. Sez.VI-II 16.09.2015 n. 18190; Cass. Sez.I 3.11.2005 n. 21325; Cass. Sez.L 20.11.1998 n. 11770).

Quanto all’ulteriore censura circa la violazione dell’art. 91 c.p.c. nella parte in cui imporrebbe la separata specificazione delle diverse componenti liquidate, mentre va ribadito il principio che il Giudice non è vincolato nella liquidazione dalla richiesta della parte vittoriosa, deve rilevarsi l’inammissibilità del motivo, in quanto carente dell’indicazione del pregiudizio che alla parte sarebbe derivato da tale omissione “atteso che, in assenza di deduzioni sui concreti pregiudizi subiti dalla mancata applicazione di tale distinzione, la censura non dimostra l’esistenza di un interesse ad ottenere una riforma della decisione” (cfr. Cass. sez.III 26.07.2016 n. 15353; Cass. sez.III 7.10.2015 n. 20128).

In relazione al quarto motivo di ricorso concernente la pretesa violazione dell’art. 15 della Tariffa professionale forense per attribuzione di onorari non spettanti, lo stesso difetta della specifica indicazione dell’ammontare delle voci di tariffa che inducono a ritenere superati i limiti massimi previsti in relazione al valore della controversia; ed è ormai consolidato l’orientamento di questa Corte secondo il quale, nel caso di dedotta violazione dei minimi o dei massimi tariffari, il ricorrente in Cassazione “ha l’onere di specificare analiticamente le voci e gli importi considerati in ordine ai quali il giudice di merito sarebbe incorso in errore”, risultando in difetto inammissibile il ricorso (Cass. sez.VI-II ord. 21.12.2017 n. 30716; Cass. sez.I 7.08.2009 n. 18086; Cass. sez.II 16.02.2007 n. 3651).

Il ricorso deve pertanto essere respinto con la conseguente condanna della Oioli a rifondere alla sola Agenzia controricorrente le spese della presente fase di legittimità, liquidate come in dispositivo.

Sussistono inoltre le condizioni per disporre a carico del ricorrente per il versamento dell’ulteriore contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

PQM

La Corte respinge il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione in favore dell’Agenzia controricorrente delle spese della presente fase, che liquida in complessivi Euro 1.800,00.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale dello stesso art. 13, ex comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2020

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