Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5814 del 03/03/2021

Cassazione civile sez. lav., 03/03/2021, (ud. 15/10/2020, dep. 03/03/2021), n.5814

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Presidente –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24344/2015 proposto da:

D.C.A.M., (già D.C.A.), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA G. PIERLUIGI DA PALESTRINA N. 47, presso lo

STUDIO LCA, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO

CARDARELLI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE – Direzione Generale, in persona del legale

rappresentante pro tempore, AGENZIA DELLE DOGANE – Direzione

Regionale per la Campania e la Calabria, in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano ope legis, in

ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistenti con mandato –

avverso la sentenza n. 1523/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/04/2015 R.G.N. 3443/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/10/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con sentenza in data 14 aprile 2015 n. 1523 la Corte d’appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva respinto la domanda proposta da D.C.A., funzionario della AGENZIA DELLE DOGANE, per l’accertamento della illegittimità delle note di valutazione per gli anni dall’anno 2004 all’anno 2008 e della condotta di mobbing dei direttori regionali e dal direttore dell’AGENZIA nonchè per la condanna della amministrazione all’attribuzione del punteggio massimo ed al risarcimento del danno.

2. La Corte territoriale esponeva che il D.C., inquadrato nella terza area funzionale, fascia F4, aveva ricevuto dal 2 agosto 2004, in forza dell’art. 26 del Regolamento di Amministrazione della AGENZIA DELLE DOGANE, un incarico annuale di funzioni dirigenziali di seconda fascia, come “assistente di direzione” del direttore regionale Campania e Calabria, incarico proseguito in regime di prorogatio fino al 4 maggio 2006. Dal 5 maggio 2006 gli era stato conferito un nuovo incarico di funzioni dirigenziali di seconda fascia, come “dirigente/ispettore dell’audit interno regionale” presso la stessa direzione, della durata di due anni, proseguito in prorogatio fino al 2.2.2009.

3. Il primo incarico era stato affidato benchè il D.C., all’epoca in servizio presso la direzione compartimentale di Firenze, avesse riportato: nell’ottobre 2000 la sanzione della multa; negli anni 1997 e 1998 una valutazione negativa in relazione ad alcuni coefficienti; nel corso del 1998 la sanzione del rimprovero scritto.

4. Il secondo incarico gli era stato assegnato benchè avesse riportato un punteggio finale corrispondente ad una valutazione di “migliorabile” nell’anno 2004 (92/120) così come nell’anno 2005 (87,5/120). Tale incarico era cessato quando era da tempo decorso il termine di durata.

5. Dalla documentazione prodotta dalla AGENZIA era smentita la allegazione del ricorrente secondo cui i dirigenti conseguivano di norma una valutazione non inferiore a 110/120.

6. Inoltre:

– le valutazioni conseguite nel corso della pregressa attività lavorativa erano tutt’altro che elogiative, evidenziando taluni profili di criticità;

– i titoli scientifici posseduti non erano significativi delle capacità di raggiungere gli obiettivi assegnati;

– le valutazioni contestate inizialmente (anno 2004) non escludevano la possibilità di miglioramento;

– dette valutazioni erano state espresse da due diversi direttori regionali succedutisi nel tempo e condivise da due diversi direttori della Agenzia, sicchè era poco credibile un comune intento di emarginare professionalmente il D.C.;

– questi aveva avuto la possibilità di svolgere il primo incarico di dirigenza, come il secondo incarico, anche oltre il termine di scadenza nonostante le valutazioni annuali;

– il tenore delle valutazioni riportate era tutt’altro che episodico.

7. Le valutazioni apparivano coerenti rispetto ai risultati conseguiti ed alla qualità della prestazione; erano fondate sulla preventiva e specifica indicazione degli obiettivi assegnati, che emergevano chiaramente dalle schede di valutazione, supportate dalla documentazione prodotta dalla AGENZIA DELLE DOGANE, che non era oggetto di contestazione specifica. Tra i dati da essa emergenti la Corte territoriale indicava anche il cospicuo numero di assenze negli anni dal 2004 al 2007 ed il contrasto insorto con i colleghi.

8. Era infondata la pretesa a percepire il trattamento economico e normativo di dirigente nel periodo 2-10 febbraio 2009, atteso che lo svolgimento delle mansioni dirigenziali era cessato di fatto dal 26 gennaio, data a partire dalla quale il D.C. era stato assente a vario titolo e che il ritardo della notifica del provvedimento di cessazione dell’incarico dirigenziale era ascrivibile esclusivamente allo stesso D.C., che non aveva comunicato alla amministrazione il mutamento di domicilio.

9. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza D.C.A.M., articolato in sette motivi di censura; la AGENZIA DELLE DOGANE ha depositato atto di costituzione per la partecipazione alla discussione.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111 Cost., artt. 115,116 e 416 c.p.c., nonchè degli artt. 2727 e 2729 c.c..

2. Ha dedotto:

– la violazione degli artt. 115 e 416 c.p.c., per avere il giudice dell’appello affermato che la documentazione prodotta ex adverso non era stata contestata laddove, come dettagliatamente esposto nel motivo, i singoli documenti erano stati contestati nelle note autorizzate di primo grado e le contestazioni erano state ribadite in appello.

– la violazione dell’art. 116 c.p.c., per avere il giudice dell’appello utilizzato a sostegno della decisione unicamente i documenti prodotti dalla AGENZIA DELLE DOGANE, senza considerare le specifiche contestazioni mosse e senza motivare le ragioni di prevalenza degli elementi di prova offerti dalla controparte.

3. Il motivo è inammissibile.

4. Va in questa sede ribadito che per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.. La doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c., è ammissibile, poi, solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento; ove si deduca, invece, che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass. Sez. U. – sentenza n. 20867 del 30/09/2020).

5. Nella fattispecie di causa il ricorrente censura le valutazioni di merito a base del giudizio di non contestazione e di prevalenza di alcune fonti di prova senza dedurre specificamente un vizio di motivazione, così come declinato dal vigente art. 360 c.p.c., n. 5.

6. Con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – si lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c., L. n. 300 del 1970, art. 7, comma 8, art. 24, comma 8 CCNL 16 maggio 1995 per il Comparto MINISTERI, art. 66, comma 7, CCNL 2002/2006 per il comparto AGENZIE FISCALI, art. 8, comma 3, CCNL 2006/2009 per l’area della dirigenza enti pubblici non economici ed Agenzie fiscali, della L. n. 312 del 1980, art. 17, comma 1.

7. Il ricorrente ha censurato la decisione perchè fondata sulle vicende del rapporto lavorativo antecedenti all’affidamento degli incarichi dirigenziali, che non erano oggetto di causa nonchè su precedenti disciplinari dei quali non poteva tenersi conto decorsi due anni dalla applicazione, a tenore della L. n. 300 del 1970, art. 7, comma 8 e delle previsioni della contrattazione collettiva di tenore analogo.

8. Sotto altro aspetto, ha assunto che le valutazioni negative anteriori all’anno 2004 erano state acquisite in violazione della L. n. 312 del 1980, art. 17, comma 1, che aveva abolito i rapporti informativi ed i giudizi complessivi annuali.

9. Da ultimo il ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte territoriale evidenziato che l’incarico dirigenziale era cessato per naturale scadenza mentre non era oggetto di causa il suo mancato rinnovo.

10. La censura è inammissibile.

11. Nel denunciare la violazione dell’art. 112 c.p.c., il ricorrente non considera che il vizio di ultrapetizione è configurabile in caso di pronuncia su domande o eccezioni non proposte dalle parti mentre nella fattispecie di causa la pronuncia riguarda esclusivamente le domande proposte. Rientra, invece, nella discrezionalità del giudice del merito la scelta degli elementi istruttori ritenuti idonei alla prova dei fatti in discussione; in questa direzione, il curriculum professionale del D.C. e le circostanze di cessazione dell’incarico dirigenziale sono stati valorizzati come elementi di prova contrastanti con il dedotto intento mobbizzante.

12. Quanto al rilievo dei precedenti disciplinari, va ribadito che soltanto la rilevanza autonoma attribuita dalle fonti di regolazione del rapporto di lavoro alla recidiva presuppone l’irrogazione di una sanzione disciplinare nel limite del biennio (Cassazione civile sez. lav., 19/12/2006, n. 27104) mentre i precedenti disciplinari ben possono rilevare quale indice della diligenza osservata dal lavoratore nello svolgimento del rapporto, anche, come nella fattispecie di causa, in relazione a valutazioni diverse da quelle disciplinari.

13. Con il terzo mezzo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – il ricorrente ha impugnato la sentenza per violazione degli artt. 112,115 e 276 c.p.c., dell’art. 23, comma 2, CCNL 1994/1997 per i dirigenti degli Enti Pubblici non economici e dei punti 2.1, 2.2, 2.3, 2.4, 3, 7.1.3 e 7.2.3 del MANUALE di Attuazione SI.VA.D (Sistema di Valutazione dei Dirigenti) dell’aprile 1999, con riferimento alla affermata regolarità della procedura di valutazione.

14. Il ricorrente ha lamentato l’omessa valutazione delle specifiche eccezioni procedurali concernenti la procedura di valutazione: la apparenza della motivazione del giudizio del dirigente della AGENZIA delle DOGANE, che aveva effettuato la valutazione in seconda istanza, in quanto non teneva conto delle sue controdeduzioni; il notevole ritardo delle valutazioni rispetto ai tempi previsti dal manuale SI.VA.D; la genericità e fumosità degli obiettivi assegnati, che costituivano parametri di valutazione.

15. Il motivo è inammissibile.

16. La sentenza impugnata ha esaminato le contestazioni mosse dal D.C. sotto il profilo procedurale, affermando che le valutazioni espresse erano “puntualmente motivate attraverso l’attento esame delle iniziative assunte e delle attività realizzate dal predetto; basate, contrariamente a quanto asserito dall’appellante, sulla preventiva e specifica indicazione degli obiettivi assegnati, che emergono chiaramente dall’esame delle schede di valutazione in atti ” (pagina 7 della sentenza, primo capoverso). Nel resto, parte ricorrente introduce una nuova questione di fatto, la tardività delle valutazioni, riportando un breve stralcio del ricorso in appello, che non consente di verificare se il fatto fosse stato introdotto come specifica ragione di illegittimità della valutazione nè di apprezzare la sua decisività, posto che neppure si specifica la consistenza del preteso ritardo nè si argomenta sulla previsione di termini perentori del procedimento di valutazione.

17. Con il quarto motivo il ricorrente ha dedotto – in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 – violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e contraddittorietà della motivazione, in relazione alle statuizioni della sentenza per l’anno 2004. Si assume un vizio attinente alla stessa esistenza della motivazione, individuato nel fatto che in un passaggio motivazionale si sottolineava la sua negligenza ed in un diverso passaggio argomentativo si riconosceva invece la sua serietà ed il rigore nello svolgimento dei compiti.

18. Il motivo è inammissibile. La parte denuncia la anomalia della motivazione in relazione ad un passaggio della sentenza privo di rilevanza decisiva e, comunque, estrapolato dal complessivo svolgimento del ragionamento logico, chiaramente teso ad evidenziare la disponibilità dei superiori nei confronti del D.C. nonostante alcune criticità riscontrate nell’anno 2004.

19. Con la quinta critica si impugna la sentenza – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – per violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost., comma 3; L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 3; L. n. 937 del 1977, art. 1, comma 1; D.L. n. 112 del 2008, art. 71, comma 1, conv. in L. n. 133 del 2008; L. n. 53 del 2000, art. 4, comma 1; art. 17, comma 2 e dell’art. 18, comma 1, CCNL 1994/1997 dell’11 ottobre 1996, per l’area della dirigenza degli enti pubblici non economici, confermato, rispettivamente, dall’art. 108, comma 4, CCNL 2002/2005 e dell’art. 29 CCNL 2006/2009 per l’area della dirigenza del Comparto Agenzie fiscali ed enti pubblici non economici.

20. La censura contesta il rilievo attribuito, per giustificare le valutazioni negative, al dato delle assenze, sotto il profilo della omessa considerazione del titolo delle assenze e della violazione delle norme che le giustificavano.

21. Il motivo è inammissibile, tanto perchè coglie un passaggio argomentativo non decisivo tanto perchè non è comunque conferente alla ratio decidendi.

22. Il dato delle assenze viene considerato dal giudice dell’appello non sotto il profilo della diligenza nell’adempimento della prestazione ma come “dato obiettivo” (così in sentenza, pagina 7, 5 capoverso), nell’analisi di un complessivo quadro probatorio che riscontrava le valutazioni espresse dai dirigenti in ordine al grado di raggiungimento degli obiettivi assegnati al D.C..

23. Con il sesto mezzo il ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e/o falsa applicazione della Delib. Comitato di Gestione della AGENZIA DELLE DOGANE 26 marzo 2001, n. 495/D, art. 6, comma 4.

24. Si impugna il passaggio motivazionale nel quale la Corte territoriale evidenziava, come elemento giustificativo delle valutazioni negative, i contrasti insorti con un altro dirigente, Dott. L.; il ricorrente ha esposto che la questione riguardava il pagamento di una fattura e che, come rappresentato, egli non aveva competenza al riguardo, ai sensi della Delib. Comitato di Gestione della AGENZIA DELLE DOGANE 26 marzo 2001, richiamato art. 6, comma 4.

25. Il motivo è inammissibile.

26. Si denuncia come violazione di norme di diritto il mancato rispetto di una delibera interna della AGENZIA DELLE DOGANE; in ogni caso, neppure sussistono i presupposti per la qualificazione della denuncia in termini di deduzione di un vizio di motivazione, perchè essa introduce genericamente – e senza alcun riferimento ad atti di causa nuovi argomenti di fatto, che appaiono, peraltro, privi di decisività rispetto al complessivo sviluppo della motivazione.

27. Con la settima critica si assume – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione della L. n. 241 del 1990, art. 21 bis e dell’art. 140 c.p.c..

28. La censura coglie il rigetto della domanda di riconoscimento del trattamento economico e normativo relativo alla dirigenza per il periodo dal 2 al 10 febbraio 2009.

29. Il ricorrente ha dedotto: che il giudice dell’appello aveva omesso di valutare la legittimità della sua assenza; che il provvedimento di cessazione dell’incarico dirigenziale aveva efficacia dalla data della sua comunicazione e che i ritardi di tale comunicazione erano ascrivibili alla AGENZIA DELLE DOGANE, che avrebbe dovuto provvedere alla notificazione nelle forme previste dal codice di procedura civile per gli irreperibili.

30. Il motivo è inammissibile perchè non conferente alla ratio decidendi.

31. Anche in questo caso non è in questione la legittimità delle assenze del D.C. ma il dato storico della assenza, che ha determinato il mancato svolgimento dell’incarico dopo la sua formale scadenza; il pagamento del trattamento economico dirigenziale non poteva trovare titolo, dunque, nell’esercizio di fatto delle mansioni superiori. Piuttosto il giudice dell’appello, nell’evidenziare le ragioni del ritardo della comunicazione di scadenza dell’incarico, ha inteso escludere anche la volontà della amministrazione di prorogare l’affidamento della funzione dirigenziale.

32. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato nel complesso inammissibile.

33. Non vi è luogo a provvedere delle spese, in quanto la AGENZIA DELLE DOGANE non ha svolto attività difensiva.

34. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto (Cass. SU 20 febbraio 2020 n. 4315).

PQM

Dichiara la inammissibilità del ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 15 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2021

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