Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5814 del 03/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 03/03/2020, (ud. 19/09/2019, dep. 03/03/2020), n.5814

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. TINARELLI FUOCHI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO di N. M.G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12221/2018 R.G. proposto da:

Agenzia delle dogane e dei monopoli, rappresentata e difesa

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata

in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

AGSM Energia Spa, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Pasetto Paolo e

Turini Raffaella, con domicilio eletto presso quest’ultima in Roma

via Giuseppe Avezzana n. 5, giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Abruzzo sez. staccata di Pescara n. 4/7/18, depositata in data

15 gennaio 2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 settembre

2019 dal Consigliere Fuochi Tinarelli Giuseppe.

Fatto

RILEVATO

Che:

AGSM Energia Spa nel 2007 avviava una nuova fornitura di energia elettrica in provincia di Teramo e, in relazione ai consumi effettivi, maturava – tenuto conto dei versamenti anticipati di acconti mensili – un credito d’accise di Euro 77.557,67 per l’imposta erariale di consumo e di Euro 310.815,88 per l’addizionale provinciale.

I suddetti crediti, per la bassa entità dei consumi, erano via via riportati nelle dichiarazioni di consumo degli anni successivi e, in data 8 luglio 2010, la società chiedeva il trasferimento contabile dei crediti, rispettivamente di Euro 84.108,81 per accise e di Euro 324.032,16 per addizionale provinciale, dal capitolo relativo alla provincia di Teramo a quello della provincia di Verona, senza, peraltro, ricevere alcuna risposta da parte dell’Amministrazione finanziaria.

In data 2 ottobre 2012, AGSM Energia Spa, tenuto conto anche dell’intervenuta abolizione delle addizionali sull’energia elettrica a far data dal 1 gennaio 2012, presentava istanza di rimborso per i crediti maturati per l’addizionale provinciale e di rimborso/accredito che per le accise, queste ultime quantificate in Euro 77.537,38; istanza era accolta solo in parte, ritenendo l’Ufficio maturata, per gli importi più risalenti, la decadenza biennale ex art. 14 TUA.

La contribuente impugnava il diniego parziale deducendo l’inapplicabilità dell’art. 14 TUA, comma 2, perchè la domanda non aveva ad oggetto il pagamento di un indebito essendo stato l’importo portato in detrazione nei successivi ratei d’acconto e nelle dichiarazioni d’imposta senza essere esaurito dai versamenti attesa la progressiva riduzione dei consumi e, comunque, fino all’ultima utile del 31 marzo 2011 quanto all’addizionale provinciale.

L’impugnazione, rigettata dalla CTP di Pescara, era accolta dal giudice d’appello.

L’Agenzia delle dogane propone ricorso per cassazione con un motivo; resiste AGSM Energia Spa con controricorso, poi illustrato con memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Sono infondate, preliminarmente, le eccepite inammissibilità. Non sussiste la violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6: il ricorso risulta adeguatamente illustrativo della questione controversa, delle opposte difese, dell’iter processuale; è, invece, irrilevante la mancata riproduzione dell’istanza di rimborso – ferma la regolare produzione della sentenza in copia autentica, pure riprodotta in ricorso per la parte essenziale – mirando la censura a contestare l’errata applicazione di dell’art. 14 e 56 TUA da parte del giudice di merito – e, dunque, esattamente cogliendo la ratio della decisione senza che sia oggetto di discussione la ricostruzione dei fatti operata in sentenza, nè l’esistenza e la consistenza degli atti su cui la CTR ha statuito.

2. L’unico motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1995, artt. 56 e 14 (Testo Unico Accise – TUA) per aver per aver la CTR ritenuto il termine di decadenza biennale non decorso per essere stati i maggiori versamenti via via riportati nelle dichiarazioni di consumo successive in forza al peculiare meccanismo di pagamento dell’imposta.

3. Il motivo è infondato, dovendosi peraltro correggere ex art. 384 c.p.c. la motivazione.

3.1. Va precisato, in primo luogo, che, secondo quanto risulta dagli atti di causa, la contribuente, con l’istanza del 2 ottobre 2012, aveva chiesto il rimborso dell’addizionale provinciale fino a quel momento maturata, mentre, con riguardo all’accise, aveva insistito sulla propria precedente istanza di accredito/rimborso e, dunque, per ottenere, alternativamente, il rimborso anche dell’accise ovvero, come anche precisato dalla CTR, il trasferimento contabile del relativo credito.

Il diniego parziale opposto dall’Amministrazione per l’asserita decadenza maturata si è poi risolto – come riprodotto per autosufficienza dal controricorrente – nel riconoscimento della “sussistenza di quota parte dei crediti vantati”.

L’oggetto del giudizio – al di là dell’impropria qualificazione operata della stessa CTR come “richiesta in compensazione” – è costituito, dunque, da un lato, dal diniego (parziale) dell’istanza di rimborso per l’addizionale e, dall’altro, dal diniego (pure parziale) delle istanze di trasferimento e/o rimborso per l’accise (formulate congiuntamente).

3.2. La complessiva questione, invero, è stata oggetto di ampia e specifica disamina da parte di questa Corte, che, nel dar seguito alla sentenza Cass. n. 9283 del 17/04/2013 (v. anche Cass. n. 3051 del 01/02/2019), indicata anche in controricorso, ha fornito ulteriori puntuali precisazioni per la definizione dell’ambito applicativo dell’art. 14 TUA rispetto al modello impositivo disciplinato dall’art. 56 TUA (o, corrispondentemente, a quello previsto dall’art. 26 TUA, che presenta identica struttura) affermando (Cass. n. 16264 del 18/06/2019, seguita da molte altre) che “In tema di accise sull’energia elettrica, il saldo creditorio che matura al momento della presentazione della dichiarazione annuale, costituendo una modalità di pagamento dell’imposta, in quanto detratto ex lege dai successivi versamenti di acconto – non è reclamabile prima della chiusura del rapporto tributario, con conseguente decorrenza del termine biennale di decadenza D.Lgs. n. 504 del 1995, ex art. 14, comma 2, (TUA) per il rimborso dell’eventuale credito di imposta dal momento della presentazione dell’ultima dichiarazione annuale di consumo”.

3.3. In altri termini, il meccanismo è così strutturato:

– l’imposta è versata in acconti mensili parametrati in base al consumo dell’anno precedente;

– con la dichiarazione annuale viene determinato, a consuntivo, il consumo effettivo dell’intera annualità e si procede a conguaglio tra quanto versato e quanto effettivamente dovuto;

– in caso di pagamenti in misura inferiore, occorre procedere al pagamento della maggiore somma;

– in caso di pagamenti in misura superiore, sorge un credito;

– questo credito può essere detratto dal versamento (o dai versamenti) successivi.

Il credito, in realtà, poichè sta solo ad indicare che gli acconti versati sono stati maggiori rispetto a quanto effettivamente consumato, non costituisce una autonoma obbligazione rispetto a quella originaria.

Il descritto meccanismo trova il suo limite nella circostanza che i versamenti in acconto per l’anno (o gli anni) successivo non siano tali da esaurire l’intero importo, sicchè, al momento della presentazione della successiva dichiarazione annuale, il credito è esiste ancora o, addirittura, è aumentato (ad es. per l’eccessività degli acconti rispetto al consumo effettivo via via decrescente).

In questa peculiare evenienza, alla chiusura annuale del periodo (anzi, di ciascun periodo) si determina un nuovo saldo creditorio o debitorio che va a costituire un nuovo credito o debito rispetto a quelli precedentemente maturati, che si protrae o fino all’esaurimento del credito ovvero fino alla definizione del rapporto tributario, ossia fino alla presentazione dell’ultima dichiarazione di consumo, da cui decorre il termine biennale per la presentazione dell’istanza di rimborso poichè identifica il momento di definitivo consolidamento del credito sorto per effetto dei maggiori pregressi pagamenti.

4. Merita una considerazione aggiuntiva, peraltro, l’ipotesi in cui la contribuente anzichè chiedere il rimborso abbia formulato istanza per il trasferimento contabile del credito ad altra posizione dalla medesima contestualmente gestita in forza dell’art. 56 TUA (o, quanto ai carburanti, 26).

Il D.M. 12 dicembre 1996, n. 689, art. 6, comma 3, infatti, contempla l’ipotesi del “rimborso per accredito” (in corrispondenza a quanto previsto dall’art. 14 TUA, comma 4), con possibilità per l’operatore di trasferire il credito ad altro impianto presso cui opera.

E’ il caso, di maggiore frequenza, in cui il medesimo operatore svolga la sua attività in diverse province, per cui, a fronte dell’unicità del soggetto d’imposta, sorgono, per le modalità di gestione, separate posizioni contabili (debitorie/creditorie) per le singole ripartizioni territoriali.

Orbene, si deve ritenere che il trasferimento contabile del credito non sia impedita dall’esser il rapporto ancora in corso poichè realizza una modalità solo integrativa (quale forma autorizzata di “compensazione esterna” ma pur sempre in una prospettiva di “riporto” dell’eccedenza) del meccanismo operativo previsto dall’art. 26 cit., che non solo non altera la struttura del procedimento ma, anzi, ne determina la razionalizzazione e la sua riconduzione ai parametri previsti dal legislatore.

Ne deriva che la richiesta di trasferimento contabile del credito assume lo stesso rilievo, e resta soggetta alle medesime condizioni e disciplina, del riporto dell’eccedenza alla dichiarazione successiva (ovvero, ma la questione esula dal presente contenzioso, ove sia proposta in chiusura del rapporto, della richiesta di rimborso ex art. 14 TUA, comma 4).

4.1. Ciò non significa, peraltro, che la parte possa, di iniziativa, procedere ad una autonoma compensazione (invocando i principi generali in tema di compensazione od anche la L. n. 212 del 2000, art. 8) poichè il meccanismo normativo individua la compensazione come riferita alla specifica gestione e dichiarazione annuale di consumo, sicchè una modalità di compensazione “esterna” può avvenire solo a fronte di specifica istanza per il trasferimento contabile, il cui eventuale diniego è suscettibile di autonoma impugnazione.

4.2. E’ appena il caso di rilevare, infine, che deve essere escluso che la mera indicazione del credito nella dichiarazione annuale di consumo integri, di per sè, una istanza di rimborso.

Infatti, la possibilità – considerata dalla norma come modalità ordinaria di soddisfacimento del credito – di operare la detrazione delle eccedenze dalle rate successive osta a ritenere una tale indicazione come mirata (anche) a chiedere il rimborso.

Da ciò deriva che anche l’istanza con cui si chiede il rimborso (che ha carattere residuale ed eventuale) e quella intesa ad ottenere il trasferimento contabile del credito nel corso del rapporto (diretta a soddisfare le medesime esigenze del meccanismo di detrazione) non sono tra loro mutualmente rilevanti ma rispondono a criteri e presupposti di fatto separati ed autonomi, per cui l’una non implica l’altra, nè viceversa.

5. In conclusione nel corso del rapporto:

a) il credito maturato per eccedenza dei versamenti non incorre in alcuna decadenza ove regolarmente riportato nelle successive dichiarazioni;

b) è preclusa, fino alla chiusura del rapporto medesimo, la possibilità di ottenere il rimborso del credito stesso, sicchè non può essere accolta la richiesta anticipata di rimborso;

c) è consentito, senza che sia rilevabile od eccepibile alcuna decadenza, il trasferimento contabile del credito ad altra posizione gestita dal medesimo contribuente.

Una volta, invece, che il rapporto sia definito il credito maturato per eccedenza dei versamenti compiuti nel corso del rapporto integra un indebito oggettivo, rispetto al quale la parte può chiedere il rimborso (ovvero il trasferimento contabile del credito) con istanza che deve essere presentata entro il termine biennale di decadenza decorrente dall’ultima (e definitiva) dichiarazione di consumo.

6. Nella vicenda in esame, la società aveva maturato i rispettivi crediti sin dal 2007, crediti che poi erano stati via via riportati nelle successive dichiarazioni di consumo e, specificamente, come incontestato, dedotto dallo stesso controricorrente (e risultante dalla sentenza stessa), fino alla dichiarazione di consumo per l’anno 2010 (31 marzo 2011) per le addizionali provinciali e fino a quella dell’anno successivo per le accise.

6.1. Va evidenziata tuttavia la differenza tra le due voci attesa l’avvenuta abolizione delle addizionali locali ad opera del D.Lgs. n. 23 del 2011 e del D.Lgs. n. 68 del 2011 a dar data dal 1 gennaio 2012, con la contestuale previsione di un incremento delle aliquote d’accise per compensare l’avvenuta abrogazione, regolamentazione poi attuata con due D.M. 31 dicembre 2011.

Invero, il meccanismo sopra illustrato di versamento delle accise trovava applicazione, per l’espresso rinvio operato dall’art. 60 TUA, anche alle addizionali.

Proprio tale specificazione, peraltro, pone in risalto che le due tipologie di imposta, pur omogenee per molti profili, erano distinte.

Ciò è ulteriormente avvalorato dal fatto che la disciplina delle addizionali ha avuto una specifica ed autonoma regolamentazione, a partire dalla D.L. n. 511 del 1988, art. 6, su cui è altresì intervenuta la disposizione interpretativa di cui alla L. n. 133 del 1999, art. 10, comma 17, poi divenuta non più operante a seguito dell’integrale rivisitazione della materia operata con il D.Lgs. n. 26 del 2007.

E del resto – come rilevato da questa Corte – le esclusioni (per l’utilizzo dell’energia elettrica come materia prima) dell’imposta erariale si estendono alle addizionali ma non anche le esenzioni (con riguardo all’energia elettrica utilizzata negli opifici industriali per riscaldamento) (v. Cass. n. 10660 del 17/04/2019).

Ne deriva che l’avvenuta abolizione dell’addizionale realizza una cesura, definitiva, nel modello di riporto in detrazione dei maggiori acconti versati alle annualità successive, sicchè, correttamente, la contribuente aveva avanzato istanza di rimborso con riguardo a detti importi perchè non più utilmente riportabili nelle successive dichiarazioni.

Il termine biennale di decadenza, con riferimento al credito maturato per l’addizionale provinciale, iniziava pertanto a decorrere dalla presentazione dell’ultima dichiarazione, ossia, nella specie, dal 31 marzo 2011, sicchè l’istanza del 2 ottobre 2012 era tempestiva.

6.2. Diversa è la conclusione, invece, con riguardo alle accise.

In applicazione dei principi sopra esposti, infatti, se, da un lato, per l’avvenuto riporto nelle dichiarazioni via via presentate non poteva dirsi decorso il termine biennale di decadenza, dall’altro, resta preclusa, anteriormente alla definizione del rapporto, la proponibilità dell’istanza di rimborso, dovendosi ritenere possibile, in questo caso, solo il trasferimento contabile ad altra posizione gestita dal medesimo contribuente, sicchè, in tal senso, va corretta la motivazione della sentenza impugnata.

7. Il ricorso va pertanto rigettato.

Attesa la peculiarità della vicenda, che presenta in sè elementi di specifica novità, e il recente consolidarsi della giurisprudenza, le spese vanno integralmente compensate per l’intero giudizio.

Non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, nei confronti dell’Agenzia delle dogane in quanto Amministrazione dello Stato che opera con il meccanismo della prenotazione a debito.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 19 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2020

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