Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5810 del 08/03/2017


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Cassazione civile, sez. III, 08/03/2017, (ud. 31/01/2017, dep.08/03/2017),  n. 5810

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20096-2014 proposto da:

GESTIONE ATTIVITA’ SGA SPA, in persona del Dott. DIEGO GERACE,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. FRIGGERI 146, presso lo

studio dell’avvocato CLARA ANGRISANI, rappresentata e difesa

dall’avvocato PAOLA CAPOBIANCO giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.O., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA

38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI, che lo

rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

INTESA SAN PAOLO SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 220/2014 del TRIBUNALE di BENEVENTO,

depositata il 17/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

31/01/2017 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito l’Avvocato PAOLA CAPOBIANCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’inammissibiulità del

ricorso 615, rigetto nel resto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Al precetto per Euro 126.421,60 (oltre spese di notifica) notificatogli il 2.9.11 dalla Società di Gestione Attività – S.G.A. spa e fondato su di un contratto di mutuo agrario a tasso agevolato stipulato il (OMISSIS) col Banco di Napoli – cui nel frattempo era succeduta Intesa Sanpaolo spa – si oppose con atto di citazione ex art. 617 c.p.c. l’intimato P.O., eccependo – tra l’altro – la prescrizione del credito prevista dall’art. 2946 c.c. (per esserne decorso il termine decennale dall’erogazione del mutuo) e lamentando la non spettanza di Euro 5.949,11 per “spese” non altrimenti quantificate e di altri importi (per richiesta di conformità e consultazioni col cliente e corrispondenza informativa), nonchè l’irritualità dell’apposizione della formula esecutiva, siccome ridotta ad una mera fotocopia.

2. Costituitesi la S.G.A. spa ed Intesa San Paolo spa e presa in carico l’opposizione, dopo la soppressione dell’originariamente adito tribunale di Ariano Irpino, dal tribunale di Benevento, essa, rigettata la sola eccezione di difetto di legittimazione attiva, fu accolta con declaratoria di nullità dell’atto di precetto opposto, disattesa la replica dell’opposta in ordine alla dedotta interruzione della prescrizione per intervenuto disconoscimento delle semplici fotocopie degli atti di una annosa procedura esecutiva già intentata ai danni del P. ed estinta addì 8.6.10 per mancato deposito di documenti ipocatastali.

3. Per la cassazione di tale sentenza, pubblicata il 17.6.14 col n. 220, ricorre la S.G.A. spa “e per essa quale mandataria senza rappresentanza Intesa Sanpaolo Group Services società consortile per azioni”, affidandosi a due motivi; resiste l’intimato con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio ha raccomandato la redazione della motivazione in forma semplificata.

2. La ricorrente denunzia:

– col primo motivo (formulato a pag. 42 del ricorso), “violazione degli artt. 2712 e 2719 c.c., in combinato disposto con gli artt. 214 e 215 c.p.c., nonchè art. 115c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo il Giudice di prime cure ritenuto ammissibile una generica e non validamente proposta eccezione di disconoscimento di atti prodotti in fotocopia”: sostanzialmente contestando la ritenuta inidoneità delle mere fotocopie, in quanto prive di attestazioni di conformità all’originale, a dare prova dell’introduzione e della pendenza della procedura esecutiva che aveva integrato valido atto interruttivo dell’eccepita prescrizione; e tanto perchè generica andava qualificata la contestazione della documentazione prodotta e visto che il disconoscimento della copia ai sensi dell’art. 2719 c.c. non produce gli stessi effetti di quello della scrittura privata ai sensi dell’art. 215 c.p.c., del resto essendo stati prodotti documenti in originale da cui evincere la pregressa pendenza della dedotta procedura esecutiva e avendo poi avuto il giudice la possibilità di verificare la circostanza compulsando i registri telematici, se non pure alla stregua del principio di non contestazione;

– col secondo motivo, “violazione degli artt. 2712 e 2719 c.c., in combinato disposto con gli artt. 214 e 215 c.p.c., nonchè con gli artt. 474 e 475 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo il Giudice di prime cure ritenuto, in virtù di una generica e non validamente proposta eccezione di disconoscimento di atti prodotti in fotocopia, mancante l’apposizione della formula esecutiva sul titolo”; riferendo analoghe argomentazioni anche al disconoscimento del documento contenente la formula esecutiva.

3. Benchè il controricorrente contesti nel merito le doglianze avversarie, il ricorso è inammissibile per diversi, tra loro autonomi, ordini di ragioni.

4. In primo luogo, esso è carente del requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3; infatti, esso è articolato nella pedissequa e soprattutto integrale riproduzione degli atti di causa (fotocopiatura dell’atto di opposizione dalle pagine 7 alle pagine 23 del ricorso, della comparsa di costituzione e risposta da pagina 24 all’inizio di pagina 41, di stralcio della sola sentenza di primo grado nel resto della pagina 41), senza alcuna autonoma elaborazione appunto sommaria e quindi sintetica o riassuntiva delle vicende processuali che possa degradare a meramente illustrativa (e quindi a ripristinarne l’ammissibilità: Cass. 14/10/2011, n. 21297) tale riproduzione, che resta l’unico mezzo di acquisizione di conoscenza dei fatti di causa: ma, al riguardo, le sezioni unite di questa Corte – con orientamento assolutamente consolidato in innumerevoli pronunzie delle sezioni semplici ed al quale va assicurata continuità – hanno stabilito che, in tema di ricorso per cassazione, ai fini del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3, la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali è – per un verso – del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata, mentre – per altro verso è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso (Cass. Sez. U. 11/04/2012, n. 5698; tra le molte altre: Cass. 9/10/2012, n. 17168; Cass. ord. 12/10/2012, n. 17447; Cass. 27/01/2014, n. 1609; Cass. 13/06/2014, n. 13550; Cass. 23/06/2014, n. 14181; Cass. 12/02/2015, n. 2747; Cass. ord. 12/02/2015, n. 2841; Cass. 16/03/2015, n. 5136; Cass. ord. 24/03/2015, n. 5847; Cass. 09/04/2015, n. 7119; Cass. ord. 06/05/2015, n. 9163); sicchè il ricorso per cassazione redatto per assemblaggio, attraverso la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale, contenuto degli atti processuali, è carente del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3), che non può, a fronte dell’utilizzo di tale tecnica, neppure essere desunto, per estrapolazione, dall’illustrazione dei motivi (Cass. 22/02/2016, n. 3385).

5. In secondo luogo, dei documenti che si vorrebbero decisivi per vincere il disconoscimento tipico delle fotocopie, pur correttamente in astratto ricostruito, la ricorrente non dà in ricorso alcuna neppur sommaria trascrizione, nè tanto meno indicazione della sede processuale di produzione: ma, al riguardo, va ribadita la necessità che, per consentire a questa Corte di legittimità di prendere cognizione delle doglianze ad essa sottoposte, nel ricorso si rinvengano sia l’indicazione della sede processuale di produzione dei documenti o di adduzione delle tesi su cui si fondano ed in cui si articolano le doglianze stesse, sia la trascrizione dei primi e dei passaggi argomentativi sulle seconde (tra le innumerevoli, v.: Cass. ord. 26/08/2014, n. 18218; Cass. ord. 16/03/2012, n. 4220; Cass. 01/02/1995, n. 1161; Cass. 12/06/2002, n. 8388; Cass. 21/10/2003, n. 15751; Cass. 24/03/2006, n. 6679; Cass. 17/05/2006, n. 11501; Cass. 31/05/2006, n. 12984; Cass. ord. 30/07/2010, n. 17915, resa anche ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1; Cass. 31/07/2012, n. 13677; tra le altre del solo 2014: Cass. 11/02/2014, nn. 3018, 3026 e 3038; Cass. 07/02/2014, n. 2823; Cass. 06/02/2014, n. 2712, anche per gli errores in procedendo; Cass. 05/02//2014, n. 2608; Cass. 03/02/2014, nn. 2274 e 2276; Cass. 30/01/2014, n. 2072; ancora: Cass. Sez. U. 04/04/2016, n. 6451; Cass. Sez. U., 01/07/2016, n. 13532; Cass. Sez. U., 04/02/2016, n. 2198).

6. Infine:

– il primo motivo è relativo ad una decisione resa su questione che il primo giudice pure in modo espresso (quinta riga della terza facciata) riconduce – del resto correttamente, perchè relativa alla sopravvenuta estinzione del diritto del creditore ad agire in via esecutiva – ad un’opposizione ad esecuzione, così operando il principio dell’apparenza (tra molte: Cass. 05/05/2016, n. 8958; Cass. 05/04/2016, n. 6563; Cass. 20/11/2015, n. 23829; Cass. 18/06/2015, ove richiami e riferimenti alla giurisprudenza anche risalente; Cass. ord. 02/03/2012, n. 3338, resa ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1): in virtù del quale l’espressa qualificazione dell’azione data dal giudice che ha pronunciato la sentenza determina univocamente il rimedio impugnatorio, essendo consentita una diversa qualificazione in sede di impugnazione esclusivamente nel caso in cui il primo giudice a quella non abbia proceduto;

– ma allora, com’è noto, quando una sentenza di primo grado decide su domanda che involga tanto un’opposizione ad atti esecutivi che un’opposizione ad esecuzione, essa si articola su capi autonomi, soggetti ciascuno al mezzo di impugnazione suo proprio e, pertanto, quello relativo alla questione oggetto di opposizione ad esecuzione è soggetto – essendo la sentenza pubblicata in tempo successivo al ripristino del testo originario dell’art. 616 c.p.c., vale a dire al 4.7.09 – esclusivamente ad appello e non mai a diretto ricorso per cassazione, sicchè il primo motivo di quest’ultimo è inammissibile;

– tanto comporta l’inammissibilità del secondo motivo di ricorso: esso, benchè sia stato stavolta correttamente proposto in relazione ad un capo della sentenza pacificamente riconducibile ad un vizio formale di un atto esecutivo, quale la spedizione del titolo carente di valida formula esecutiva, che si riconduce – stavolta correttamente ad un’opposizione ad atti esecutivi definita in primo grado con sentenza non appellabile e quindi ricorribile immediatamente per cassazione, è comunque travolto dalla conseguita definitività della statuizione di integrale nullità del precetto derivante dalla irretrattabilità della questione della prescrizione del credito che discende dall’inammissibilità del ricorso sul primo motivo per erronea identificazione del mezzo di impugnazione.

7. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile e la soccombente ricorrente condannata alle spese del giudizio di legittimità in favore della controparte; pure dovendosi dare atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (Cass. 14/03/2014, n. 5955) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito, di questi.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2017

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