Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5809 del 08/03/2017

Cassazione civile, sez. III, 08/03/2017, (ud. 31/01/2017, dep.08/03/2017),  n. 5809

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina L. – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19543-2014 proposto da:

PEDATO COSTRUTTORI SRL in persona dell’A.U. G.A.,

domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati ANTONIO SCOTTI

GALLETTA, MARCO SCOTTI GALLETTA giusta procura speciale a margine dl

ricorso;

– ricorrenti –

contro

D.R., C.G.P., GA.AL.,

elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO D’ITALIA 11, presso lo

studio dell’avvocato CARINI GIACOMO, rappresentati e difesi

dall’avvocato GIAN PIETRO COCCHI giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

e contro

EXPOPELL SRL IN LIQUIDAZIONE, EQUITALIA NORD SPA (OMISSIS),

M.B., M.L., ME.AR.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 8896/2014 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 12/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

31/01/2017 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI ANNA MARIA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La procedura di espropriazione immobiliare iscritta al n. 1442/07 r.g.e. del tribunale di Napoli, in danno della Expopell srl e promossa dalla Pedato Costruzioni srl, con l’intervento di numerosi creditori (quanto meno, stando agli atti consultabili da questa Corte: Equitalia Nord spa, M.B. e L., Me.Ar., Equitalia Sud spa, P.E., L.A., Gi.Ro., Ma.Vi., Banca Nazionale del Lavoro spa, C.G.P., Ga.Al. e D.R.; inoltre, con riconoscimento, nel progetto di distribuzione, di un credito per spese di conservazione a Cris srl), esitò nell’ordinanza di approvazione del progetto di distribuzione – della somma ricavata pari ad Euro 2.412.140,00 – in data 18-23 novembre 2011.

2. Detta ordinanza fu, per quel che in questa sede rileva, sotto diversi profili impugnata almeno dagli intervenuti C.G.P., Ga.Al. e d.R., con rispettivi ricorsi depositati il 13.12.11, cui resistette anche la creditrice procedente, deducendo, tra l’altro, la tardività degli interventi, la posteriorità dei crediti rispetto al pignoramento e l’inapplicabilità dell’invocato art. 2751 bis cod. civ., in difetto di infruttuosa previa esecuzione sui mobili; ma tali specifiche doglianze furono accolte dal giudice dell’opposizione, che riunì le opposizioni, ridefinì in minus i crediti di altri creditori, escluse dal riparto le spese reclamate dalla Cris srl, ma soprattutto riconobbe il privilegio dei C., Ga. e d., pure fissando il termine per riassumere il processo esecutivo.

3. Per la cassazione di tale sentenza, pubblicata il 12.6.14 col n. 8896 e notif. il 17.7.14, ricorre, affidandosi a tre motivi, la Pedato Costruzioni srl; resistono, con unitario controricorso, C.G.P., Ga.Al. e d.R..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio ha raccomandato la redazione della motivazione in forma semplificata, pure riscontrando, in via preliminare, l’irrilevanza di ogni questione sull’integrità o meno del contraddittorio in questa sede – e della necessità di porvi quindi rimedio – dinanzi alla prospettiva della manifesta infondatezza del ricorso ed in applicazione dei principi affermati fin da Cass. Sez. U. ord. 22/03/2010, n. 6826 (pacificamente estesi, dall’originaria ipotesi della sola definizione in rito, anche a quella della manifesta infondatezza: v., per tutte, Cass. Sez. U. n. 21670 del 2013).

2. La ricorrente si duole:

– col primo motivo, di “violazione e falsa applicazione degli artt. 499 e 566 c.p.c. e artt. 2751 bis, 2776 e 2967 cod. civ. ed omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)”: sostanzialmente, ma ampiamente, contestando avere controparte fornito idonea prova sull’effettiva infruttuosità dell’escussione del patrimonio del debitore, anche sotto il profilo delle possibilità di azioni esecutive specificamente indicate pure al g.e. e da queste non tenute in alcuna considerazione;

– col secondo motivo, di “violazione e falsa applicazione dell’art. 2916 c.c., n. 3 e art. 2704 cod. civ. ed omesso esame di fatto decisivo”, contestando la ritenuta anteriorità dei crediti azionati rispetto al pignoramento, questo da collocarsi alla fine del 2007, per essere l’unico atto di data certa opponibile ai terzi il ricorso per decreto ingiuntivo, depositato però soltanto in data di gran lunga successiva al pignoramento stesso;

– col terzo motivo, di “violazione e falsa applicazione dell’art. 2751 bis c.c., n. 2 ed omesso esame di fatto decisivo (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)”.

3. I controricorrenti, contestato preliminarmente l’interesse ad impugnare alla luce della mancata impugnazione ad opera degli altri soccombenti e degli effetti pratici della sentenza sul progetto di distribuzione originario, sicchè perfino un accoglimento del ricorso non comporterebbe alcun utile risultato alla ricorrente in quanto riconosciuta creditrice in mero chirografo, eccepiscono poi non solo l’inammissibilità del ricorso – per difetto di autosufficienza, per prospettazione di vizi di motivazione non esaminabili in sede di legittimità, per eterogeneità delle doglianze – ma pure l’infondatezza di ciascuno dei motivi, rimarcando – tra l’altro – quanto al primo la piena conformità della gravata sentenza alla benchè datata giurisprudenza di legittimità e del terzo l’assoluta novità in questa sede; concludendo, inoltre, per la condanna di controparte pure ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ..

4. Il primo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente invoca la necessità di una infruttuosa procedura esecutiva ai fini dell’operatività del privilegio invece riconosciuto alle controparti, come pure l’insufficienza della valutazione delle ampie ulteriori possibilità, per costoro, di avviare azioni esecutive, se diligenti, sui crediti e sui mobili, è infondato.

5. Al riguardo, va data continuità all’insegnamento di questa Corte, a mente del quale l’onere che incombe al creditore che invoca il privilegio generale ai sensi dell’art. 2751 bis cod. civ. è di provare non solo di essere rimasto incapiente nell’esecuzione direttamente promossa e di non essere potuto intervenire nelle precedenti esecuzioni perchè il suo credito non era ancora certo, liquido ed esigibile, ma anche ed in alternativa – vien dire, soltanto – la superfluità del suo intervento per l’insufficienza del patrimonio mobiliare del debitore a soddisfare il suo credito, anche se privilegiato (Cass. 01/03/1968, n. 673): principio che è stato assai di recente confermato (Cass. 19/12/2016, n. 26101) e dal quale non si vede alcun motivo di discostarsi, ben potendo ammettersi che l’infruttuosità – quale presupposto per il privilegio stesso, a sua volta collegato alla natura del credito in ragione del particolare valore intrinseco riconosciutogli dall’ordinamento – dipenda da una mera prognosi – purchè fondata su elementi probanti e cospicui – e non comporti l’imposizione al creditore della previa sopportazione di costi ed oneri con ogni probabilità inutili per potersi avvalere di quello che resta pur sempre un privilegio e quindi un trattamento di miglior favore.

6. Risponde poi ad una valutazione riservata al giudice di merito l’apprezzamento della inutilità di un intervento nelle procedure pure promosse (nella specie, da Equitalia Polis spa, nelle forme del pignoramento dei canoni di locazione, con procedura dichiarata però improcedibile perchè questi si riferivano all’immobile già oggetto della procedura espropriativa immobiliare), come pure non solo della possibilità, per carenza attuale di titolo, ma soprattutto perfino della stessa proficuità di ogni altra azione esecutiva, alla stregua delle complessive condizioni dell’esecutata, analiticamente indicate a piè di pag. 11 e all’inizio di pag. 12 della gravata sentenza, che possono bene ed ellitticamente riferirsi a tutti i documenti solo sommariamente indicati dalla odierna ricorrente (senza rispettare, peraltro, i rigorosi requisiti imposti dall’art. 366 c.p.c., n. 6).

7. Ma, nel sistema processuale risultante dalla novella del 2012, è precluso oramai in sede di legittimità un controllo sulla motivazione in punto di fatto, tranne il caso della totale pretermissione di specifici fatti: che poi andrebbero indicati analiticamente nel rispetto dell’art. 366 cod. proc. civ., n. 6 (v. Cass. Sez. U. nn. 8053 e 8054 del 2014), cosa che qui non accade, difettando appunto questi ultimi ed avendo la gravata sentenza operato una valutazione complessiva; mentre gli apprezzamenti di merito restano a maggior ragione in questa sede insindacabili, se scevri – come lo sono, con ogni evidenza, nella specie – da evidenti vizi logici o giuridici (per consolidato e secolare insegnamento, su cui, per tutte, v.: Cass. Sez. U., 12/10/2015, n. 20412) e dai soli gravissimi vizi formali ammessi dalla vista giurisprudenza di legittimità di interpretazione della novella dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 (Cass. Sez. U. n. 8053 del 2014, cit.).

8. Il secondo motivo di ricorso, col quale la ricorrente censura la ricostruzione della anteriorità del credito azionato dalle controparti rispetto al pignoramento, è inammissibile: dei documenti dei quali contesta la certezza della data nei confronti dei terzi essa si limita a dare, nel ricorso, una sommaria e generica indicazione, senza però trascriverli: in contrario, va però ribadita la necessità che, per consentire a questa Corte di legittimità di prendere cognizione delle doglianze ad essa sottoposte, nel ricorso si rinvengano sia l’indicazione della sede processuale di produzione dei documenti o di adduzione delle tesi su cui si fondano ed in cui si articolano le doglianze stesse, sia la trascrizione dei primi e dei passaggi argomentativi sulle seconde (tra le innumerevoli, v.: Cass. ord. 26/08/2014, n. 18218; Cass. ord. 16/03/2012, n. 4220; Cass. 01/02/1995, n. 1161; Cass. 12/06/2002, n. 8388; Cass. 21/10/2003, n. 15751; Cass. 24/03/2006, n. 6679; Cass. 17/05/2006, n. 11501; Cass. 31/05/2006, n. 12984; Cass. ord. 30/07/2010, n. 17915, resa anche ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1; Cass. 31/07/2012, n. 13677; tra le altre del solo 2014: Cass. 11/02/2014, nn. 3018, 3026 e 3038; Cass. 07/02/2014, nn. 2823 e 2865 e ord. n. 2793; Cass. 06/02/2014, n. 2712, anche per gli errores in procedendo; Cass. 05/02//2014, n. 2608; Cass. 03/02/2014, nn. 2274 e 2276; Cass. 30/01/2014, n. 2072; ancora: Cass. Sez. U. 04/04/2016, n. 6451; Cass. Sez. U., 01/07/2016, n. 13532; Cass. Sez. U., 04/02/2016, n. 2198). In mancanza di tali indicazioni in ricorso, la doglianza non può nemmeno prendersi in considerazione, a prescindere dalla circostanza che, anche solo in astratto, certamente non può limitarsi a ciò che è depositato in una cancelleria quanto può dirsi di data opponibile o certa nei confronti dei terzi.

9. Il terzo motivo, con cui la ricorrente sostiene che la gravata sentenza avrebbe dovuto negare il privilegio che compete ai professionisti soltanto per le prestazioni dovute per gli ultimi due anni, mentre non si è fatta carico “di collocare nel tempo questo biennio, al fine di accertare il presupposto dell’invocando privilegio”, è infine inammissibile per novità, mancando nel ricorso l’indicazione dei passaggi degli atti del grado di merito nei quali la ricorrente ha sottoposto la questione al giudice di quello: infatti, il ricorrente che proponga in sede di legittimità una determinata questione giuridica, la quale implichi accertamenti di fatto, ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (per l’ipotesi di questione non esaminata dal giudice del merito: Cass. 02/04/2004, n. 6542; Cass. 10/05/2005, n. 9765; Cass. 12/07/2005, n. 14599; Cass. 11/01/2006, n. 230; Cass. 20/10/2006, n. 22540; Cass. 27/05/2010, n. 12992; Cass. 25/05/2011, n. 11471; Cass. 11/05/2012, n. 7295; Cass. 05/06/2012, n. 8992; Cass. 22/01/2013, n. 1435; Cass. Sez. U. 06/05/2016, n. 9138).

10. Il ricorso, infondato il primo motivo ed inammissibili gli altri due, va pertanto rigettato e la ricorrente, soccombente, condannata alle spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, tra loro in solido per l’evidente identità della posizione processuale, pure dandosi atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (Cass. 14/03/2014, n. 5955) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito, di questi.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, tra loro in solido, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2017

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