Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5808 del 22/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 22/02/2022, (ud. 11/02/2022, dep. 22/02/2022), n.5808

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3507-2020 proposto da:

D.L.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE SOMALIA

35, presso lo studio dell’avvocato ANDREA CARANCI, che lo

rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che lo

rappresenta e difende ope legis;

– intimato –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di NAPOLI depositata il 18/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’11/02/2022 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

 

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Napoli decidendo sull’opposizione proposta ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170, dall’avv. D.L.P. avverso il decreto di liquidazione dei compensi dovutigli per avere assistito in un procedimento penale un imputato, ammesso al patrocinio a spese dello Stato, con ordinanza del 18 settembre 2019 rigettava l’opposizione, rilevando che erano stati depositati i verbali relativi a 16 udienze svoltesi dinanzi al Tribunale di Napoli e relative al processo nel quale avrebbe prestato la propria attività professionale, verbali dai quali però non si evinceva né la presenza dell’imputato ammesso al beneficio né quella del difensore, il che impediva di poter affermare che effettivamente questi avesse prestato le attività per le quali chiedeva il compenso, che andava riconosciuto solo per l’udienza del 26/4/2012, che infatti riportava la presenza dell’avv. D.L..

Per l’effetto era reputata corretta la decisione opposta che aveva limitato la liquidazione al compenso per la partecipazione ad una sola udienza.

Per la cassazione di questa ordinanza D.L.P. ha proposto ricorso sulla base di quattro motivi.

Il Ministero non ha svolto difese in questa fase.

Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15, comma 5, per non avere disposto il giudice d’ufficio l’integrazione probatoria.

Il rilievo secondo cui la documentazione prodotta non era sufficiente ad apprezzare l’effettiva incidenza dell’attività professionale del ricorrente non consentiva di rigettare l’opposizione, ma imponeva, come specificato dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15, comma 5, di dover attivare il potere di integrazione istruttoria d’ufficio, richiedendo direttamente all’autorità giudiziaria che ha emesso il decreto opposto copia degli atti ritenuti necessari, e ciò anche alla luce del fatto che le copie di cortesia dei verbali di udienza che erano state prodotte dal ricorrente, erano state fotocopiate in maniera parziale dalla cancelleria del Tribunale di Napoli, alla quale erano state richieste.

Il motivo è fondato.

E, invero, pur dovendosi ribadire che (cfr. Cass. n. 1470/2018) il ricorso avverso il decreto di liquidazione del compenso all’ausiliario del magistrato, nel regime introdotto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170 – come già nella vigenza della L. n. 319 del 1980 -, non è atto di impugnazione, ma atto introduttivo di un procedimento contenzioso, nel quale il giudice adito ha il potere-dovere di verificare la correttezza della liquidazione in base ai criteri legali, a prescindere dalle prospettazioni dell’istante – con il solo obbligo di non superare la somma richiesta, in applicazione del principio di cui all’art. 112 c.p.c. – e di regolare le spese secondo il principio della soccombenza, il procedimento previsto dal legislatore non consente una rigida applicazione del principio dell’onere della prova.

E’ stato, infatti, reiteratamente affermato da questa Corte che (cfr. Cass. n. 2206/2020; Cass. n. 4194/2017) in tema di opposizione avverso il provvedimento di liquidazione del compenso al CTU, il giudice di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15, ha il potere-dovere di richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione, essendo la locuzione “può” contenuta in tale norma da intendersi non come espressione di mera discrezionalità, bensì come potere-dovere di decidere “causa cognita”, senza limitarsi a fare meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata sull’onere della prova (conf. Cass. n. 19690/2015).

Alla luce di tali principi, ai quali il Collegio intende assicurare continuità, si palesa evidentemente erronea la soluzione del giudice di merito, il quale ha ritenuto di disattendere la domanda di integrazione della liquidazione del ricorrente senza previamente richiedere al giudice della causa presupposta la trasmissione degli atti processuali che avrebbero permesso di verificare l’incidenza della condotta del ricorrente rispetto alla posizione processuale della parte difesa, atteso che, dovendo il giudice procedere autonomamente alla individuazione delle somme eventualmente dovute al difensore della parte ammessa al patrocinio statale, senza essere vincolato dalle indicazioni della parte, ma verificando sia l’an che il quantum, in relazione a tale secondo aspetto si imponeva in ogni caso la richiesta degli atti, dei documenti e delle informazioni necessarie ai fini della decisione.

Deve, invero, ritenersi che i poteri istruttori officiosi che connotano il procedimento di liquidazione dei compensi degli ausiliari del giudice e dei difensori delle parti ammesse al patrocinio a spese dello Stato, accedano non solo alla determinazione del quantum ma anche alla verifica dell’an (cfr. in tal senso Cass. n. 9264/2015).

Il motivo deve quindi essere accolto.

Il secondo motivo, che denuncia la nullità del procedimento per la violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto il giudice dell’opposizione non avrebbe statuito in merito alla necessità di fare applicazione delle previsioni tariffarie di cui al D.M. n. 127 del 2004 e non anche di quelle di cui al D.M. n. 140 del 2012, per essersi esaurita l’attività professionale in epoca anteriore alla data di entrata in vigore di quest’ultimo, il terzo motivo che denuncia la violazione della disciplina di cui al D.M. n. 140 del 2012 che si applica solo alle prestazioni professionali giunte a compimento in epoca successiva alla data di entrata in vigore di tale normativa, ed il quarto motivo che denuncia la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 82, per non essersi proceduto alla liquidazione del compenso tenuto conto dei criteri di gradazione posti da tale norma, sono evidentemente assorbiti, per effetto dell’accoglimento del primo motivo, dovendosi alla luce delle doverose acquisizioni documentali, verificare quale normativa tariffaria sia applicabile nonché riscontrare in che misura l’attività professionale debba essere compensata.

Il provvedimento impugnato deve quindi essere cassato, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli in composizione monocratica ed in persona di diverso magistrato, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso e, assorbiti i restanti, cassa l’ordinanza impugnata con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Napoli in persona di diverso magistrato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2022

 

 

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