Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5808 del 03/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 03/03/2020, (ud. 19/09/2019, dep. 03/03/2020), n.5808

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA E. Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11288/2017 R.G. proposto da:

AGSM Energia Spa, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Paolo Pasetto e

Andrea Manzi, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma via

Federico Confalonieri n. 5, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle dogane e dei monopoli, rappresentata e difesa

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata

in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Basilicata n. 84/02/17, depositata in data 8 febbraio 2017.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 settembre

2019 dal Consigliere Dott. Fuochi Tinarelli Giuseppe.

Lette le conclusioni depositate dal Sostituto Procuratore generale

Dott.ssa Mastroberardino Paola che ha concluso per l’accoglimento

del ricorso.

Fatto

RILEVATO

CHE:

L’Agenzia delle dogane rigettava l’istanza del 27 gennaio 2014 con cui AGSM Energia Spa chiedeva il rimborso o, in alternativa, il trasferimento (dal capitolo relativo alla provincia di Potenza a quello della provincia di Verona) del credito di Euro 90.000,32, maturato nel 2010 e, in parte, nel 2011, per la maggior accisa versata, per la decorrenza del termine biennale di decadenza, accordando il chiesto trasferimento solamente per l’importo (di complessivi Euro 2.444,13) maturato per dieci mesi del 2011 e per il 2012.

La contribuente impugnava il diniego deducendo l’inapplicabilità dell’art. 14 TUA, comma 2, perchè la domanda non aveva ad oggetto il pagamento di un indebito essendo stato l’importo portato in detrazione nei successivi ratei d’acconto e nelle dichiarazioni d’imposta fino al 2012 senza essere esaurito dai versamenti attesa la progressiva riduzione dei consumi.

L’impugnazione era rigettata dalla CTP di Potenza; la sentenza era confermata dal giudice d’appello.

AGSM Energia Spa propone ricorso per cassazione con due motivi, poi illustrato con memoria; resiste l’Agenzia delle dogane con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Sono infondate, preliminarmente, le eccepite inammissibilità.

Non sussiste la violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3 poichè il ricorso riporta, in termini chiari e puntuali, una compiuta esposizione dei fatti sia sostanziali che processuali.

Le censure, inoltre, mirano a contestare l’errata applicazione di degli artt. 14 e 26 TUA da parte del giudice di merito e trovano il loro diretto ed immediato riscontro nella stessa decisione impugnata, sicchè è esclusa ogni connotazione di novità.

2. Con il primo motivo la contribuente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del (Testo Unico Accise – TUA) D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 14 e art. 26, comma 13, censura che ripropone con il secondo motivo sotto diverso profilo.

2.1. Le censure, logicamente connesse, vanno esaminate unitariamente: la contribuente lamenta, in sostanza, che la CTR abbia ritenuto indebito il credito maturato nonostante il peculiare meccanismo di versamento dell’imposta, caratterizzato dal pagamento di acconti in base al consumo dell’anno precedente, con compensazione delle eccedenze nei ratei successivi, e, dunque, in quanto tale non soggetto al termine biennale di decadenza.

3. I motivi sono fondati.

3.1. La soluzione normativa propugnata dalla ricorrente è corretta e condivisibile, trovando pieno riscontro oltre che nella decisione Cass. n. 9283 del 17/04/2013 invocata in ricorso anche nelle successive Cass. n. 3051 del 01/02/2019, e, in particolare, Cass. n. 16264 del 18/06/2019 (seguita da molte altre), con la quale è stato compiutamente definito l’ambito applicativo dell’art. 14 TUA rispetto al modello impositivo disciplinato dall’art. 56 TUA (e, dunque, anche per quello previsto ex art. 26 TUA, che presenta identica struttura) affermando che “In tema di accise sull’energia elettrica, il saldo creditorio che matura al momento della presentazione della dichiarazione annuale, costituendo una modalità di pagamento dell’imposta, in quanto detratto ex lege dai successivi versamenti di acconto – non è reclamabile prima della chiusura del rapporto tributario, con conseguente decorrenza del termine biennale di decadenza del (TUA) D.Lgs. n. 504 del 1995, ex art. 14, comma 2, per il rimborso dell’eventuale credito di imposta dal momento della presentazione dell’ultima dichiarazione annuale di consumo”.

3.2. In altri termini, il meccanismo è così strutturato:

– l’imposta è versata in acconti mensili parametrati in base al consumo dell’anno precedente;

– con la dichiarazione annuale viene determinato, a consuntivo, il consumo effettivo dell’intera annualità e si procede a conguaglio tra quanto versato e quanto effettivamente dovuto;

– in caso di pagamenti in misura inferiore, occorre procedere al pagamento della maggiore somma;

– in caso di pagamenti in misura superiore, sorge un credito;

– questo credito può essere detratto dal versamento (o dai versamenti) successivi.

Il credito, in realtà, poichè sta solo ad indicare che gli acconti versati sono stati maggiori rispetto a quanto effettivamente consumato, non costituisce una autonoma obbligazione rispetto a quella originaria.

Il descritto meccanismo trova il suo limite nella circostanza che i versamenti in acconto per l’anno (o gli anni) successivo non siano tali da esaurire l’intero importo, sicchè, al momento della presentazione della successiva dichiarazione annuale, il credito è esiste ancora o, addirittura, è aumentato (ad es. per l’eccessività degli acconti rispetto al consumo effettivo via via decrescente).

In questa peculiare evenienza, alla chiusura annuale del periodo (anzi, di ciascun periodo) si determina un nuovo saldo creditorio o debitorio che va a costituire un nuovo credito o debito rispetto a quelli precedentemente maturati, che si protrae o fino all’esaurimento del credito ovvero fino alla definizione del rapporto tributario, ossia fino alla presentazione dell’ultima dichiarazione di consumo, da cui decorre il termine biennale per la presentazione dell’istanza di rimborso poichè identifica il momento di definitivo consolidamento del credito sorto per effetto dei maggiori pregressi pagamenti.

3.3. Merita una considerazione aggiuntiva, peraltro, l’ipotesi in cui la contribuente anzichè chiedere il rimborso abbia formulato istanza per il trasferimento contabile del credito ad altra posizione dalla medesima contestualmente gestita in forza dell’art. 26 TUA (o, quanto all’energia elettrica, 55-56).

Il D.M. 12 dicembre 1996, n. 689, art. 6, comma 3, infatti, contempla l’ipotesi del “rimborso per accredito” (in corrispondenza a quanto previsto dall’art. 14 TUA, comma 4), con possibilità per l’operatore di trasferire il credito ad altro impianto presso cui opera.

E’ il caso, di maggiore frequenza, in cui il medesimo operatore svolga la sua attività in diverse province, per cui, a fronte dell’unicità del soggetto d’imposta, sorgono, per le modalità di gestione, separate posizioni contabili (debitorie/creditorie) per le singole ripartizioni territoriali.

Orbene, si deve ritenere che il trasferimento contabile del credito non sia impedita dall’esser il rapporto ancora in corso poichè realizza una modalità solo integrativa (quale forma autorizzata di “compensazione esterna” ma pur sempre in una prospettiva di “riporto” dell’eccedenza) del meccanismo operativo previsto dall’art. 26 cit., che non solo non altera la struttura del procedimento ma, anzi, ne determina la razionalizzazione e la sua riconduzione ai parametri previsti dal legislatore.

Ne deriva che la richiesta di trasferimento contabile del credito assume lo stesso rilievo, e resta soggetta alle medesime condizioni e disciplina, del riporto dell’eccedenza alla dichiarazione successiva (ovvero, ma la questione esula dal presente contenzioso, ove sia proposta in chiusura del rapporto, della richiesta di rimborso ex art. 14 TUA, comma 4).

3.4. In conclusione nel corso del rapporto:

a) il credito maturato per eccedenza dei versamenti non incorre in alcuna decadenza ove regolarmente riportato nelle successive dichiarazioni;

b) è preclusa, fino alla chiusura del rapporto medesimo, la possibilità di ottenere il rimborso del credito stesso, sicchè non può essere accolta la richiesta anticipata di rimborso;

c) è consentito, senza che sia rilevabile od eccepibile alcuna decadenza, il trasferimento contabile del credito ad altra posizione gestita dal medesimo contribuente.

4. Nella vicenda in esame, è incontroverso che la società aveva maturato il credito con la dichiarazione di consumo del 2010 e che lo stesso era stato riportato nelle dichiarazioni degli anni successivi, mentre, per contro, il diniego del trasferimento contabile era motivato esclusivamente per aver ritenuto incorsa la contribuente nella decadenza biennale.

Si tratta, dunque, della medesima fattispecie sopra delineata: la società ha provveduto a riportare il credito via via maturato, in ragione dei versamenti degli acconti fino alla dichiarazione di consumo relativa all’anno 2012, sicchè, al momento della richiesta di rimborso/trasferimento contabile, non poteva dirsi decorso (e, anzi, neppure iniziato), ad onta di quanto diversamente affermato dalla CTR, il termine biennale di decadenza.

5. In accoglimento del ricorso, pertanto, la sentenza va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, va accolto l’originario ricorso della contribuente avuto riguardo all’istanza di trasferimento contabile del credito (mentre non è accoglibile, per le ragioni sopra esposte, la richiesta di rimborso).

Attesa la peculiarità della vicenda, che presenta in sè elementi di specifica novità, e il recente consolidarsi della giurisprudenza, le spese vanno integralmente compensate per l’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della contribuente avuto riguardo all’istanza di trasferimento contabile del credito. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerate, il 19 settembre 2019.

Depositato in cancelleria il 3 marzo 2020

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