Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5807 del 10/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 10/03/2010, (ud. 23/12/2009, dep. 10/03/2010), n.5807

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17515-2006 proposto da:

D.U., M.C., D.F.C.,

G.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA C. VECCHI

11, presso lo studio dell’avvocata COCOZZA ELIA, rappresentati e

difesi dagli avvocati RUSSO ADELE, CAPOBIANCO CHIARA, giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

AIRONE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO POMA 4, presso lo studio

dell’avvocato CARLO DE MARCHIS GOMEZ BORRERO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato CIANNAVEI ANDREA, giusta mandato a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 596/2005 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 13/07/2005 R.G.N. 1412/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/12/2009 dal Consigliere Dott. STEFANO MONACI;

udito l’Avvocato CIANNAVEI ANDREA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Alcuni ricorrenti (secondo l’intestazione della sentenza d’appello i signori C.M., M.C., D.F. C., G.A. e D.U.) hanno convenuto in giudizio le società Airone s.p.a. e Noman s.p.a., sostenendo di essere stati assunti da questa ultima e destinati allo scalo aeroportuale di Palermo ove avevano prestato la propria attività, che la società Noman aveva concesso in affitto il ramo d’azienda relativo al trasporto alla società Airone, trasferendo altresì tutto il personale ad eccezione di loro, ed hanno chiesto dichiararsi di essere stati trasferiti alle dipendenze della società affittuaria, condannando entrambe le società a corrispondere loro della parte di stipendio relativa al dicembre 1996 ed al gennaio 1997, e dei residui di tredicesima e quattordicesima mensilità.

In giudizio si costituiva solo la società Airone, non la Noman. Effettuata l’istruttoria, il giudice di primo grado accertava l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato con la cedente, riteneva che dovesse essere applicato l’art. 2112 c.c. e che il rapporto fosse proseguito alle dipendenze dell’Airone, e condannava quest’ultima al pagamento delle retribuzioni arretrate con gli accessori, nonchè alla regolarizzazione delle posizioni assicurative e previdenziali.

Questa prima pronunzia veniva appellata dalla Airone, e con sentenza n. 596/05, depositata in cancelleria il 13 luglio 2005, la Corte d’Appello di Palermo andava in contrario avviso, accoglieva l’impugnazione della stessa Airone, e (dichiarata cessata la materia del contendere, per intervenuto accordo transattivo, nei confronti del C.), in riforma della prima sentenza, respingeva la domanda sostanziale degli altri interessati, condannandoli alle spese dei due gradi.

La sentenza, in sintesi, riteneva che non sussistessero prove del carattere subordinato dei rapporti intercorsi tra questi ultimi e la Noman. Non risulta che la Noman s.p.a. abbia partecipato al giudizio dinanzi alla Corte d’Appello, nè che sia stata chiamata in quel giudizio, tanto è vero che non è menzionata nell’intestazione di quella pronunzia.

Avverso la pronunzia d’appello, che non risulta notificata, i signori D.U., M.C., D.F.C. e G.A. hanno presentato ricorso per cassazione, con un motivo di impugnazione, notificato, in termine, il 29 maggio 2006, alla società Air One s.p.a. (ma, per quanto risulta, non alla Noman s.p.a.).

L’intimata Airone s.p.a. ha resistito con controricorso notificato, in termine, il 10 luglio 2006, e successivamente ha depositato una memoria difensiva.

Come si è detto, l’altra società Noman s.p.a. non risulta intimata, nè, comunque, ha presentato difese in questa fase.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Nell’unico motivo di impugnazione gli interessati deducono la violazione falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 1988 c.c..

Sostengono che nei loro casi sussistevano tutti gli elementi essenziali della subordinazione, con assoggettamento dei lavoratori al potere direttivo, disciplinare e di controllo da parte del datore, e contestano la motivazione della Corte d’Appello e specificamente la lettura degli elementi probatori e la ricostruzione degli eventi effettuate dal giudice di merito. Sottolineano che essi ricorrenti erano gli unici dipendenti della Noman che prestassero servizio presso lo scalo di Palermo. Lamentano anche, in particolare, che i giudici di Palermo non abbiano tenuto conto neanche, quali elementi di prova ” attestanti l’esistenza del vincolo della subordinazione, delle ricevute di pagamento depositate dai ricorrenti e non disconosciute.

A loro parere, queste ricevute dovevano considerarsi dichiarazioni unilaterali di ricognizione di debito ai sensi per gli effetti di cui all’art. 1988 c.c..

Nel caso di specie tutte queste ricevute riportavano come causale quella di stipendio, e quest’ultimo era un connotato tipico dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato.

2. Deve essere esaminata, innanzi tutto, la questione, sollevata peraltro dalla società resistente, dell’idoneità delle procure rilasciate ai difensori dei ricorrenti.

Nell’epigrafe del ricorso risultano, infatti, i nomi di quattro ricorrenti, D.U., M.C., D.F. C. ed G.A..

Di costoro, però, solo due, G. e M., hanno sottoscritto in forma leggibile, non senza difficoltà, la procura al difensore prescritta dall’art. 365 c.p.c..

Quanto agli altri due, D. e D.F., sotto al testo della procura è presente una sola firma del tutto illeggibile.

Ciò produce l’inammissibilità del ricorso sottoscritto dal difensore a nome dei due ricorrenti, poichè l’impossibilità di riferire la sottoscrizione all’uno o all’altro impone di ravvisare l’inosservanza dell’art. 365 c.p.c. cit..

Quanto alle spese, esse debbono essere imposti ai difensori Avv.ti Chiara Capobianco ed Adele Russo, esclusivi titolari del rapporto processuale (Cass. civ., S.U., 10 maggio 2006, n. 10706), i quali, non osservando i loro doveri di diligenza, hanno omesso di scrivere in chiaro il nome della parte che aveva sottoscritto in modo illeggibile e di depennare dall’epigrafe del ricorso il nome della parte che non aveva sottoscritto.

E’ invece ammissibile l’impugnazione proposta dai due ricorrenti identificabili, G. e M..

3. Nel merito il ricorso è infondato.

L’unico motivo di impugnazione, infatti, è inammissibile, perchè le censure proposte si riferiscono esclusivamente a questioni di fatto, relative, in particolare, alla valutazione delle prove ed alla ricostruzione degli eventi, che non sono suscettibili di un nuovo esame in questa fase di legittimità.

Si tratta di questioni riservate al giudice di merito, che, del resto, in questo caso, ha motivato in maniera adeguata anche se concisa, spiegando che non sussistevano prove dell’assunto dei ricorrenti, secondo i quali il loro rapporto di lavoro avrebbe avuto carattere autonomo e non carattere subordinato.

E’ appena il caso di sottolineare che gli elementi indicati dai ricorrenti sono compatibili sia con l’uno che con l’altro tipo di rapporto.

In particolare lo sono le ricevute dei pagamenti mensili, indipendentemente dai termini indicati come causale, e che possono essere stati utilizzati impropriamente.

4. Il ricorso perciò è infondato e deve essere respinto. Il suo rigetto comporta la condanna dei due ricorrenti G. e M. al pagamento delle spese, liquidate come in dispositivo, così come, nell’identica misura, quelle a carico degli Avv.ti Capobianco e Russo.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso di D.F.C. e di D.U. e lo respinge nei confronti di M. e G..

Condanna l’Avv.to Adele Russo e l’Avv.to Chiara Capobianco al pagamento delle spese processuali in Euro 30,00 oltre ad Euro 1.500,00 (millecinquecento) per onorari ed oltre accessori e condanna il G. e la M. alle spese nell’identica misurai.

Così deciso in Roma, il 23 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2010

 

 

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