Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5804 del 10/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 10/03/2010, (ud. 10/12/2009, dep. 10/03/2010), n.5804

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 14035-2007 proposto da:

G.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 1, presso lo studio dell’avvocato NAPOLITANI SIMONA, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati GRATTAROLA MASSIMO,

PRENCIPE GIUSEPPE, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA – Società per Azioni (già FERROVIE DELLO

STATO S.p.A. Società di Trasporti e Servizi per Azioni), in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA L. G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato MARESCA

ARTURO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati TOSI

PAOLO, CARINCI FRANCO, DE LUCA TAMAJO RAFFAELE, TRIFIRO’ SALVATORE,

VESCI GERARDO. MORRICO ENZO, giusta delega a margine del ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 450/2006 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 20/04/2006 R.G.N. 2150/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/12/2009 dal Consigliere Dott. VINCENZO DI NUBILA;

udito l’Avvocato GRATTAROLA MASSIMO;

udito l’Avvocato BOCCIA FRANCO RAIMONDO per delega MORRICO ENZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. G.S. conveniva dinanzi al Tribunale di Alessandria la spa Ferrovie dello Stato e contestava la legittimità del licenziamento collettivo intimatogli il (OMISSIS) con decorrenza (OMISSIS). Si costituiva la spa Rete Ferroviaria Italiana ed eccepiva in limine la tardività dell’impugnazione. Il Tribunale accoglieva la domanda attrice e condannava la convenuta al risarcimento del danno in misura pari alle differenze tra retribuzione percepibile e pensione, fino al 65 anno di età.

Proponeva appello Rete Ferroviaria Italiana e la Corte di Appello riformava la sentenza di primo grado, respingendo la domanda attrice.

Questa in sintesi la motivazione della sentenza di appello:

– la lettera indirizzata al lavoratore costituisce un vero e proprio licenziamento e non una semplice comunicazione circa una automatica estinzione del rapporto di lavoro; non a caso lo stesso lavoratore impugna l’atto come licenziamento;

– la decadenza del lavoratore, il quale non ha impugnato il recesso entro sessanta giorni, comporta la non-esperibilità dell’azione intrapresa, la quale è volta a conseguire gli stessi effetti di una declaratoria di illegittimità del licenziamento, mentre la normale azione risarcitoria di diritto comune potrebbe attenere a profili diversi da quelli previsti dalla normativa sul licenziamento.

2. Ha proposto ricorso per Cassazione Gh.St., deducendo due motivi. Resiste con controricorso Rete Ferroviaria Italiana.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo del ricorso, il ricorrente deduce omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in fatto circa un punto decisivo della controversia, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5:

erroneamente la Corte di Appello ha qualificato la comunicazione indirizzata al lavoratore come licenziamento, da impugnarsi entro un certo termine, laddove si tratta di una mera comunicazione di estinzione del rapporto di lavoro; a riprova di ciò sta la circostanza che Rete Ferroviaria Italiana ha riconosciuto l’indennità di mancato preavviso come trattamento di miglior favore.

4. Il motivo è infondato. Non è ammesso da parte di questa Corte di Cassazione un riesame diretto della lettera di recesso per stabilirne la portata ; tale indagine è demandata al giudice di merito, il quale nella specie l’ha effettuata e ne ha dato motivazione adeguata, rilevando che il tenore della lettera e il riferimento a specifici trattamenti conseguenti alla risoluzione del rapporto di lavoro rivelano in modo univoco l’intenzione del datore di lavoro di porre fine al rapporto stesso, senza contare che nel ricorso introduttivo di primo grado il lavoratore dichiarava di impugnare il licenziamento collettivo.

5. Con il secondo motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 604 del 1966, art. 6 e della L. n. 300 del 1970, art. 18, artt. 218 e 1453 c.c., sostenendo che la decadenza dall’impugnazione del licenziamento non priva il lavoratore della possibilità di esperire la normale azione di risarcimento del danno, beninteso per quei soli rapporti che sono assistiti dalla stabilità reale.

6. Il motivo è infondato. Si pone il quesito se, decaduto il lavoratore dalla facoltà di impugnare il licenziamento a causa del decorso del termine, possa tuttavia l’interessato proporre una azione di risarcimento del danno per illegittimità del medesimo, ad esempio per conseguire un equivalente delle retribuzioni perdute. La giurisprudenza ha avuto qualche oscillazione al riguardo, ma ha finito per orientarsi nel senso che è esperibile la “normale azione risarcitoria” soltanto per quegli effetti che non siano preclusi dalla citata decadenza. L’azione non sarà quindi esperibile per ottenere il risarcimento del danno da perdita del posto di lavoro o da mancata reintegra; e neppure per ottenere l’equivalente delle retribuzioni “medio tempore” perdute. In altri termini, con la normale azione risarcitoria non è possibile ottenere, neppure per equivalente, ciò che è precluso dalla decadenza in ordine all’impugnativa.

7. La mancata impugnazione del licenziamento nel termine fissato non comporta la liceità del recesso del datore di lavoro, bensì preclude al lavoratore soltanto la possibilità di reintegrazione nel posto di lavoro e il risarcimento del danno ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 18. E’ esperibile la normale azione risarcitoria in base ai principi generali e previa allegazione dei presupposti. In tal senso Cass. 12.10.2006 n. 21833. Più recisa la sentenza 21.8.2006 n. 18216, la quale in ipotesi di decadenza dall’impugnativa del licenziamento ritiene preclusa non soltanto l’azione di annullamento ex art. 18 cit., a anche l’azione risarcitoria ex art. 1218 c.c.. Cass. 10.1.2007 n. 245 torna alla prima soluzione, nel senso che la mancata impugnazione del licenziamento preclude al lavoratore la reintegra e il risarcimento del danno ex art. 18 commisurato alle retribuzioni, ma non l’azione risarcitoria generale.

Quando l’unico profilo per il risarcimento del danno invocato è dato unicamente dall’ illegittimità del recesso, la normale azione risarcitoria è preclusa: Cass. 9.3.2007 n. 5545. Il principio è ripreso da Cass. 4.5.2009 n. 10235 e Cass. n. 13580.2009.

8. Nel caso in esame, l’azione risarcitoria è consistita nel reclamare un risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni perdute a causa del licenziamento, il che non coincide con una azione risarcitoria generale ma invoca i presupposti di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18 onde la decadenza ha effetto anche per l’azione medesima. Il ricorso deve, per i suesposti motivi, essere rigettato.

Le spese del grado seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente G.S. a rifondere a Rete Ferroviaria Italiana spa le spese del grado, che liquida in Euro 25,00 oltre Euro duemila per onorari, spese generali, Iva e Cpa nelle misure di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2010

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