Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5802 del 03/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 03/03/2020, (ud. 20/12/2019, dep. 03/03/2020), n.5802

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 12219/2014 R.G. proposto da:

RE DI ROMA PARKING s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentato e difeso, per procura speciale in atti,

dall’Avv. Bruno Taverniti, con domicilio eletto presso lo studio di

quest’ultimo in Roma, via Sesto Rufo, n. 23;

– ricorrente-

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con

domicilio eletto presso quest’ultima in Roma, via dei Portoghesi 12;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 280/21/13, depositata il 24 settembre 2013.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20 dicembre 2019

dal Consigliere Dott. Michele Cataldi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Dott.ssa Paola Mastroberardino, che ha concluso chiedendo

l’accoglimento del ricorso;

uditi l’Avv. Bruno Taverniti per la ricorrente e l’Avv. dello Stato

Galluzzo Gianna per la controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle Entrate, all’esito di indagini bancarie, ha emesso nei confronti della Re di Roma Parking s.r.l. avviso, relativo all’anno d’imposta 2005, in materia di Ires, Irap ed Iva, con il quale, vista l’omessa presentazione della relativa dichiarazione dei redditi ed all’esito del contraddittorio preventivo, ha accertato i maggiori imponibili dovuti, imputando alla contribuente le conseguenti maggiori imposte, con i relativi interessi e le corrispondenti sanzioni.

2. Avverso l’avviso d’accertamento la contribuente ha proposto ricorso dinnanzi la Commissione tributaria provinciale di Roma, che lo ha accolto, compensando le spese di lite.

3. L’Ufficio ha impugnato la sentenza di primo grado e l’adita Commissione tributaria regionale del Lazio, con la sentenza n. 280/21/13, depositata il 24 settembre 2013, ha accolto l’appello.

4. La contribuente propone ricorso, affidato a cinque motivi, per la cassazione della predetta sentenza d’appello.

5. L’Ufficio si è costituito al solo scopo di partecipare all’udienza di discussione.

6. La contribuente ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo e con il secondo motivo, entrambi compositi, la contribuente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 51, 53, 54 e 55 e del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 40,41,41 bis e 42; nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

2. Con il terzo composito motivo, la contribuente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 58, comma 2; nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

3. Con il quarto composito motivo, la contribuente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.; del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, commi 1 e 2; del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 32, comma 1, n. 7; nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

4. Con il quinto motivo, la contribuente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

5. Deve preliminarmente rilevarsi che le censure alla motivazione della sentenza impugnata, presenti in tutti i cinque motivi di ricorso, sono connesse, ed in parte addirittura coincidenti, e vanno trattate congiuntamente.

Deve inoltre premettersi che i primi quattro motivi sono ammissibili nonostante la contemporanea prospettazione delle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, atteso che la lettura dell’intero corpo del relativo mezzo d’impugnazione non evidenzia una sostanziale mescolanza e sovrapposizione di censure, che dia luogo all’inammissibile prospettazione della medesima questione sotto profili incompatibili (Cass. 23/10/2018, n. 26874; Cass. 23/09/2011, n. 19443; Cass. 11/04/2008, n. 9470), risultando piuttosto specificamente separati la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass. 11/04/2018, n. 8915; Cass. 23/04/2013, n. 9793).

Pertanto, i distinti motivi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, sebbene cumulati formalmente nella rubrica dei primi quattro motivi di ricorso, risultano, nel contenuto di ciascuno di questi, censure ontologicamente distinte dallo stesso ricorrente e quindi autonomamente individuabili, senza la necessità di un inammissibile intervento di selezione e ricostruzione di ogni mezzo d’impugnazione da parte di questa Corte.

6. Tanto premesso, tutte le censure alla motivazione della sentenza impugnata sono fondate.

Infatti, a fronte di una serie rilevante di produzioni documentali (specificamente richiamate nel ricorso, anche in ordine alla loro collocazione processuale nei giudizi di merito) della contribuente, attinenti i presupposti dell’accertamento ed il contenuto di quest’ultimo (con riferimento, in particolare, anche: alle proprietà immobiliari del socio amministratore della contribuente; alla proprietà del garage gestito da quest’ultima; alla concessione in uso esclusivo ad una terza s.r.l., verso un canone fisso, della maggior parte dei posti auto gestiti dalla ricorrente; all’effettiva entità delle fatture emesse dalla parte nel periodo d’imposta accertato ed all’esiguità del campione valutato dall’Amministrazione; alla documentazione delle spese sostenute dalla contribuente e comunque a tutta la documentazione contabile e fiscale relativa all’anno d’imposta interessato; alla documentazione correlata ad alcuni dei movimenti bancari oggetto delle indagini finanziarie), e nonostante la contestazione della stessa contribuente relativamente alla mancata considerazione, al fine di determinare l’imponibile accertato, degli incassi già dichiarati, la motivazione della sentenza impugnata si è limitata ad una serie di generiche considerazioni di diritto, in ordine alla distribuzione dell’onere probatorio, del tutto astratte da qualsiasi riferimento al caso concreto ed alle risultanze istruttorie, che neppure esprimono inequivocabilmente le conclusioni cui la CTR è pervenuta in termini di verifica dell’adempimento dell’onere di prova imputato alla parte privata.

Ricorre quindi l’ipotesi, patologica, della motivazione meramente apparente, in quanto solo graficamente configurata, ma priva di contenuto.

All’accoglimento del ricorso segue quindi la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al giudice a quo.

Resta assorbita ogni altra questione diversa dalle accertate carenze della motivazione.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2020

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