Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5801 del 03/03/2021

Cassazione civile sez. I, 03/03/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 03/03/2021), n.5801

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23238/2015 proposto da:

Cooperativa Edilizia La Casa per l’Avvenire, Cooperativa Edilizia

Giovanni d’Aragona, Cooperativa Edilizia Azzurra Junior 2800,

Cooperativa Edilizia Zagara 1: quale successore della Cooperativa

Zagara, Cooperativa Edilizia Ionio: quale successore della

Cooperativa Edilizia Santo Bambino, tutte in persona dei rispettivi

legali rappresentanti pro tempore, domiciliate in Roma, Piazza

Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentate e difese dall’avvocato Cannavò Gualtiero, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

R.V., elettivamente domiciliata in Roma, Via Oslavia n. 12,

presso lo studio dell’avvocato Pallottino Alessandro, che la

rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

Comune di Acireale, in persona del sindaco pro tempore, domiciliato

in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di

Cassazione, rappresentato e difeso dagli avvocati Senfet Agata,

Clabretta Giovanni, giusta procura in calce al controricorso e

ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

R.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 722/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 28/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/01/2021 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

Con sentenza n. 722/2015 depositata i 28/4/2015 la Corte d’appello di Catania, in accoglimento dell’opposizione alla stima proposta da R.V., per quanto interessa, determinava l’indennità di espropriazione dovuta per il terreno catastalmente identificato al foglio (OMISSIS), particelle originarie (OMISSIS) del Comune di Acireale di sua proprietà per la complessiva estensione di mq. 8213, in Euro 1.147.356,1, ordinando al Comune di procedere al deposito della somma corrispondente alla differenza tra l’indennità di espropriazione come liquidata e quella eventualmente già depositata, con condanna delle sei Cooperative Edilizie convenute e del Comune di Acireale alle spese di giudizio in solido.

La Corte catanese, ritenuta applicabile la normativa di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, atteso che la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza era intervenuta con Delib. Comunale 13 dicembre 2006, n. 102, ha precisato che il lotto di terreno di proprietà dell’istante risultava censito in Catasto al foglio (OMISSIS), particelle originarie (OMISSIS) del Comune di Acireale, di estensione complessiva rispettivamente di mq. 9930, la prima, e mq. 1482, la seconda; in dipendenza dell’esproprio, la particella (OMISSIS) risultava frazionata in sei particelle di cui la (OMISSIS) oggetto di esproprio di mq 8043, mentre la particella (OMISSIS) risultava frazionata in due particelle di cui la particella (OMISSIS) oggetto di esproprio di mq. 170, sicchè le aree effettivamente interessate dal provvedimento espropriativo avevano una consistenza complessiva di mq. 8213. Ha, quindi, accertato che “altre particelle di proprietà dell’istante, non ricomprese nel provvedimento espropriativo non rappresentano – in funzione dei frazionamenti effettuati e delle opere di urbanizzazione in corso di realizzazione “relitti”, bensì lotti di una certa consistenza ed autonoma valenza commerciale” (fol. 7 della sent. imp.). Esaminata la CTU e le osservazioni svolte dalle parti ha quantificato l’indennità di espropriazione nella misura prima indicata, avendo anche applicato la maggiorazione del 10% prevista dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, comma 2 (come mod. dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89 – legge finanziaria per il 2008).

La Cooperativa Edilizia La Casa per l’Avvenire, la Cooperativa Edilizia Giovanni d’Aragona, la Cooperativa Edilizia Azzurra Junior 2800, la Cooperativa Edilizia Zagara 1, la Cooperativa Edilizia Ionio e la Cooperativa Edilizia Santo Bambino hanno proposto ricorso per cassazione con cinque mezzi, seguito da memoria. Il Comune di Acireale ha replicato con controricorso e ricorso incidentale adesivo al ricorso proposto dalle Cooperative, con analoghi cinque mezzi e memoria. R.V. ha replicato con controricorso, corroborato da memoria. R.A. è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. Il ricorso principale proposto dalle Cooperative ed il ricorso incidentale adesivo svolto dal Comune di Acireale espongono i seguenti medesimi quattro motivi e possono, pertanto, essere trattati congiuntamente:

I) Carenza di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in ordine alle eccezioni di parte convenuta sul prezzo del costruito a m/q nell’ambito del metodo analitico del valore di trasformazione, quale fatto determinante ai fini della decisione.

I ricorrenti, principali e incidentale, sostengono di avere sollevate critiche in merito ai criteri di calcolo del “valore di trasformazione” compiuto dal CTU, anche in relazione al “prezzo di mercato del costruito” – a loro dire – fissato dal CTU in maniera erronea ed apodittica in Euro 1.550,00, al mq., senza raffrontarsi a valori espressi indicati dalle ricorrenti nel corso del giudizio di merito e lamentano che la critica concernente il “prezzo di mercato del costruito”, svolta all’udienza e ribadita nella comparsa conclusionale non era stata riscontrata dal CTU, nè dalla Corte distrettuale che non aveva formulato spiegazioni sul punto.

II) Carenza di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in ordine alle eccezioni riguardanti la determinazione del prezzo a mq. dell’area espropriata secondo il metodo comparativo, quale fatto determinante della decisione.

I ricorrenti si dolgono della reiezione da parte della Corte catanese delle osservazioni critiche svolte con riguardo al “metodo di stima comparativo” applicato nella CTU segnatamente lamentando la mancata utilizzazione al fine della applicazione del metodo in esame, degli atti di compravendita da loro versati in giudizio e concernenti a loro dire – terreni similari a quello espropriato per i quali il prezzo medio di acquisto risultava di Euro 62,94, a mq., quindi di molto inferiore al valore cui era pervenuto il CTU (Euro 131,00, a mq.).

Segnatamente la censura riguarda la statuizione con cui è stata condivisa l’applicazione del metodo comparativo compiuto dal CTU, sulla considerazione che “gli atti di compravendita all’uopo prodotti riguardano aree che, già diverso tempo prima della stipula dell’atto definitivo, erano stati compromissati dalle società costruttrici o dalle Cooperative a prezzi inferiori all’effettivo valore del bene in quanto subordinati all’approvazione del programma costruttivo” (fol. 8 della sent. imp.), statuizione che, a parere dei ricorrenti, sarebbe basata su una mera presunzione e su una opinione del CTU e non su fatti.

III) Carenza di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in ordine alla domanda riconvenzionale svolta dalle convenute cooperative per conseguire la riduzione dell’indennità di esproprio in misura pari al maggior valore conseguito dalle particelle di terreno non espropriato; i ricorrenti si dolgono che la Corte di appello, recependo la CTU, abbia riconosciuto una compensazione tra il nocumento subito dai lotti in questione – a seguito dell’espropriazione ed il vantaggio ricevuto dagli stessi, con decisione che ritengono contraddittoria perchè, a loro parere, in un primo momento, avrebbe sottolineato che i lotti non hanno subito pregiudizi, nè una diminuzione di valore a seguito del distacco dalle particelle espropriate, avendo mantenuto la originaria destinazione ad Impianti sportivi, dall’altro affermato che il nocumento era dovuto alle ridotte dimensioni dell’area, quindi avrebbe concluso che il nocumento era stato compensato dalle opere di urbanizzazione realizzate sulle aree limitrofe espropriate.

IV) Violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè dell’art. 1243 c.c. e del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 33, comma 2, in relazione alla compensazione operata tra l’eventuale danno subito dalle particelle di terreno non espropriate a seguito della loro collocazione residuale e il maggior valore delle stesse conseguito per le opere di urbanizzazione realizzate dagli esproprianti.

I ricorrenti si dolgono che il Giudice, condividendo le argomentazioni svolte dal CTU, abbia ritenuto di compensare il danno subito dalle residue particelle di terreno per la espropriazione parziale, con il vantaggio che le medesime particelle avevano conseguito a seguito della realizzazione delle opere di urbanizzazione perchè tale statuizione, nella prospettiva dei ricorrenti, è inficiata non solo dai vizi motivazionali di cui al precedente mezzo, ma dalla violazione delle indicate norme, posto che la questione non poteva essere decisa secondo equità, ma sulla scorta delle prove fornite dalle parti e l’espropriata non aveva dato prova del danno subito (solo presunto), mentre tale danno non vi era affatto (poichè queste particelle avevano mantenuto la loro originaria destinazione urbanistica (per impianti sportivi) e, di contro, era stato provato il vantaggio monetario conseguito in relazione ai lotti residui del terreno.

In definitiva i ricorrenti sostengono che il giudice di merito ha violato l’art. 33 comma 2, cit., che presuppone l’accertamento del valore monetario corrispondente all’effettivo vantaggio ricevuto dai lotti non espropriati, da sottrarre poi all’indennità espropriativa dovuta.

V) Violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, comma 2, in relazione all’illegittimo riconoscimento dell’aumento del 10% dell’indennità di esproprio che, in ragione dei motivi di gravame svolti, non era ancora definitiva. Secondo i ricorrenti, in caso di accoglimento dei pregressi motivi di ricorso, anche l’applicazione dell’incremento del 10%0 risulterebbe errato stante la non definitività dell’indennità.

2.1. I primi due motivi, da trattarsi congiuntamente per connessione, vanno respinti.

2.2. Trascurando le possibili considerazioni in merito all’inammissibilità dei motivi stessi, che non risultano formulati secondo il modello normativo previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che delinea un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, e come tale non ricomprendente questioni, argomentazioni (Cass. n. 22397 del 06/09/2019) o elementi di prova, come quelli di cui i ricorrenti lamentano la mancata considerazione, va affermato che l’assunto posto a fondamento delle doglianze dei ricorrenti, e cioè la necessità da parte del giudice di esaminare in dettaglio tutte le prospettazioni difensive, di tipo argomentativo e probatorio, non può essere condiviso.

2.3. Come più volte è stato puntualizzato da questa Corte, il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso, nè gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell’esame di tutte le allegazioni e prospettazioni delle parti e di tutte le prove acquisite ai processo, essendo sufficiente che egli esponga – in maniera concisa ma logicamente adeguata – gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo svolto (Cass. n. 29730 del 29/12/2020; Cass. n. 3601 del 20/02/2006), senza che ciò infici la conformità della sentenza al modello di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4 e l’osservanza degli artt. 115 e 116 c.p.c. (Cass. n. 520 del 13/01/2005).

Nel caso in esame, la Corte territoriale ha esposto con sufficiente chiarezza e puntualità le ragioni della sua decisione, ripercorrendo dettagliatamente la CTU sviluppata mediante l’applicazione di due diversi metodi di stima (quello basato sul valore di trasformazione e quello cd. comparativo tra i quali è stata operata la media), dando conto anche dei chiarimenti forniti dal tecnico ed illustrando le ragioni della decisione secondo un chiaro percorso logico/giuridico.

2.4. Anche l’adesione manifestata dal giudice di merito alla CTU, risulta immune dai vizi denunciati, posto che “Qualora il giudice del merito aderisca al parere del consulente tecnico d’ufficio, non è tenuto ad esporne in modo specifico le ragioni poichè l’accettazione del parere, delineando il percorso logico della decisione, ne costituisce adeguata motivazione, non suscettibile di censure in sede di legittimità, ben potendo il richiamo, anche “per relationem” dell’elaborato, implicare una compiuta positiva valutazione del percorso argomentativo e dei principi e metodi scientifici seguiti dal consulente; diversa è l’ipotesi in cui alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio siano state avanzate critiche specifiche e circostanziate, sia dai consulenti di parte che dai difensori: in tal caso il giudice del merito, per non incorrere nel vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, è tenuto a spiegare in maniera puntuale e dettagliata le ragioni della propria adesione all’una o all’altra conclusione.” (Cass. n. 15147 del 11/06/2018).

Nel caso di specie, in relazione al primo motivo, va rimarcato che dallo stesso ricorso non è dato evincere che le critiche, della cui mancata valutazione, ci si duole siano state “specifiche e circostanziate”: invero non risulta circostanziata la critica svolta in relazione al “prezzo di mercato del costruito” – a dire dei ricorrenti fissato dal CTU in maniera erronea ed apodittica in Euro 1.550,00, al mq., senza raffrontarsi a valori espressi dall’O.M.I., perchè mira a sostituire i criteri valutativi adottati dal CTU, e fatti propri dalla Corte distrettuale, con quelli auspicati dalla parte, limitandosi a sostenere la ragionevolezza del criterio OMI indicato e la apoditticità della decisione – senza dare alcun conto del perchè l’applicazione diretta del criterio OMI sarebbe stata pertinente e senza dare conto del ragionamento complessivamente svolto dal CTU per pervenire al valore del “prezzo di mercato del costruito”, tacciandolo genericamente di apoditticità.

2.5. In relazione al secondo motivo, va osservato invece che contrariamente a quanto assumono i ricorrenti – la motivazione circa la mancata utilizzazione, al fine della stima, degli atti di compravendita versati in giudizio dalle stesse ricorrenti c’è e non è affatto carente, avendone la Corte di appello condiviso l’esclusione sulla considerazione che “gli atti di compravendita all’uopo prodotti riguardano aree che, già diverso tempo prima della stipula dell’atto definitivo, erano stati compromissate dalle società costruttrici o dalle Cooperative a prezzi inferiori all’effettivo valore del bene in quanto subordinati all’approvazione del programma costruttivo” (fol. 8 della sent. imp.), statuizione che i ricorrenti censurano, per un verso, senza indicare specifici fatti decisivi di cui sarebbe stato omesso l’esame, ma sostenendo in maniera generica che la decisione sarebbe basata una mera presunzione e su una opinione del CTU e non su fatti, e, per l’altro, deducendo un errore di fatto in merito a documentazione – a loro dire – inesistente in atti, che avrebbe dovuto essere fatto valere mediante il giudizio di revocazione.

3.1. I motivi terzo e quarto, sotto differenti profili concernono la statuizione relativa alla richiesta di applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 33.

3.2. Va osservato, preliminarmente, che, nel caso in esame, entrambe la parti avevano chiesto che si tenesse conto, nella determinazione del valore di stima dei beni espropriati, anche degli effetti economici che erano conseguiti dall’espropriazione rispetto alle particelle residuate, ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 33: l’espropriata aveva lamentato un deprezzamento delle stesse (art. 33, comma 1), mentre i ricorrenti, in via riconvenzionale, avevano sostenuto che il valore ne era risultato incrementato (art. 33, comma 2).

3.3. A fronte di tale statuizione, hanno proposto impugnazione, per le medesime ragioni, esclusivamente le Cooperative ed il Comune di Acireale.

3.4. I due motivi, da trattarsi congiuntamente per connessione, sono infondati.

3.5. Nel caso di espropriazione parziale, che si configura quando la vicenda ablativa investa parte di un complesso immobiliare caratterizzato da una destinazione economica unitaria e da un nesso di funzionalità tra ciò che è stato oggetto del provvedimento ablativo e ciò che è rimasto nella disponibilità dell’espropriato, del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 33, prevede, al comma 1, che “Nel caso di esproprio parziale di un bene unitario, il valore della parte espropriata è determinato tenendo conto della relativa diminuzione di valore.” ed al comma 2, che “Se dall’esecuzione dell’opera deriva un vantaggio immediato e speciale alla parte non espropriata del bene, dalla somma relativa al valore della parte espropriata è detratto l’importo corrispondente al medesimo vantaggio”.

Pertanto, ex art. 33 cit., l’indennizzo che va riconosciuto al proprietario non può riguardare soltanto la porzione espropriata, ma anche la compromissione o l’alterazione delle possibilità di utilizzazione della restante porzione del bene rimasta nella sua disponibilità, in tutti i casi in cui il distacco di una parte del fondo e l’esecuzione dell’opera pubblica influiscano negativamente sulla parte residua (Cass. n. 20241 del 07/10/2016) o, nell’ipotesi opposta, quando sia conseguita una valorizzazione della porzione residua del bene proprio a seguito della vicenda espropriativa, e ciò pure se non sia stato effettuato un formale frazionamento (Cass. n. 12131 del 23/05/2006). Ne consegue che l’accertamento, anche in questo caso, deve essere compiuto secondo i criteri del procedimento di stima, in quanto si tratta di voce ricompresa nell’indennità di espropriazione, che riguarda appunto l’intero ammontare della diminuzione patrimoniale subita dal soggetto passivo del provvedimento ablativo, e non di una voce di danno risarcibile (Cass. Sez. U. n. (OMISSIS)2 del 25/06/2012); nè rileva la circostanza che gli effetti negativi, o positivi, si siano realizzati su zone estranee alla dichiarazione di pubblica utilità, se sono stati determinati da opere previste e conformi al progetto dell’opera pubblica (Cass. Sez. U. n. (OMISSIS)2 del 25/06/2012; Cass. n. 6926 del 08/04/2016), perchè la liquidazione dell’indennità per l’espropriazione parziale va commisurata alla differenza tra il giusto prezzo dell’immobile prima dell’esproprio e il giusto prezzo della parte residua dopo l’esproprio stesso, dovendo tenersi conto, oltre che del valore della porzione ablata, anche del decremento o dell’incremento di valore della parte di fondo residuata all’espropriazione (Cass. n. 26243 del 03/11/2017).

3.6. La statuizione impugnata risulta conforme a detti principi, avendo la Corte di appello proceduto ad una valutazione unitaria dell’indennità di espropriazione, che ha tenuto conto dell’incidenza della vicenda espropriativa sulle parti residue del bene di proprietà della R., in considerazione delle contrapposte domande avanzate dalle parti.

In particolare la Corte di appello, dopo aver accertato che le particelle in questione non espropriate mantenevano una loro consistenza, di guisa che non potevano ritenersi “beni relitti”, ha espressamente condiviso le conclusioni del CTU secondo le quali le stesse non avevano subito alcuna diminuzione di valore in dipendenza dell’esproprio parziale “in quanto in relazione al contesto urbano in cui ricadono, hanno autonomo uso ed autonoma valenza commerciale”, con la precisazione che, alla stregua di quanto affermato dal CTU, l’eventuale nocumento per le particelle nn. (OMISSIS) conseguente al fatto che per le limitate dimensioni esse potevano essere utilizzate per realizzare impianti sportivi contenuti, era da ritenersi compensato dal vantaggio derivante dalla realizzazione delle opere di urbanizzazione e di accesso agli alloggi sociali, pur avendo escluso che la porzione di viabilità che serviva le particelle non espropriate fosse stata realizzata al solo scopo di consentire l’accesso alle stesse (fol. 9/10 della sent. imp.): così facendo è pervenuta alla conclusione che andavano respinte le contrapposte domande.

Tale statuizione, lungi dall’apparire contraddittoria o fondata su presunzioni – come sostenuto dai ricorrenti che ne effettuano una lettura frammentata ed atomistica, pone in diretta correlazione con l’evento espropriativo ed in posizione di equilibrio sia la riduzione di valore, conseguente al frazionamento, sia l’incremento, conseguente al vantaggio derivante dalla realizzazione delle opere di urbanizzazione, delle particelle residuate dall’espropriazione, nell’ambito dell’unitario procedimento di stima volto a quantificare il complessivo pregiudizio subito dal proprietario in relazione alla vicenda espropriativa, in linea con i principi enunciati sub 3.5.

3.7. La censura di violazione di legge si risolve, quindi, in una critica di merito alla valutazione delle prove compiuta dalla Corte di appello e finisce con il richiedere impropriamente a questa Corte di valutare la l’incremento ed il decremento di valore subito dalle particelle residue in esito alla vicenda espropriativa, oltretutto in modo assolutamente generico.

4.1. Il quinto motivo è assorbito dal rigetto dei motivi dal primo al quarto.

5. In conclusione il ricorso principale ed il ricorso incidentale adesivo vanno rigettati.

Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti principali e del ricorrente incidentale, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

P.Q.M.

– Rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale adesivo;

– Condanna le ricorrenti principali ed il ricorrente incidentale in solido alla rifusione delle spese processuali che liquida in Euro 12.000,00, oltre Euro 200,00, per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti principali e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2021

 

 

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