Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5800 del 03/03/2021

Cassazione civile sez. I, 03/03/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 03/03/2021), n.5800

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21667/2015 proposto da:

P.M., T.A., G.G., M.P.,

elettivamente domiciliati in Roma, Corso V. Emanuele II n. 18,

presso lo studio dell’avvocato Nocentini Simone, (Studio legale

Lessona), che li rappresenta e difende, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

Snam Rete Gas S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Giorgio Vasari n. 5,

presso lo studio dell’avvocato Rudel Raoul, rappresentata e difesa

dall’avvocato Difino Matteo, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

contro

Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del ministro pro

tempore, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1070/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 25/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/01/2021 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

P.M., T.A., M.P. e G.G. hanno proposto ricorso per cassazione con quattro mezzi, corroborato da memoria, avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze, depositata il 25/6/2014, nei confronti di SNAM RETE GAS SPA, che ha replicato con controricorso, e del Ministero per lo Sviluppo Economico, che ha depositato mero atto di costituzione.

I ricorrenti P. e T., comproprietari di terreni nel Comune di (OMISSIS), acquistati nel (OMISSIS) con destinazione agricola, esponevano: che il Ministero per lo Sviluppo Economico con D.M. 25 giugno 2003, aveva dichiarato la pubblica utilità dell’opera di potenziamento della Centrale di (OMISSIS) di proprietà di SNAM rete Gas SPA, che interessava le particelle nn. (OMISSIS) adibite a vigneto e n. (OMISSIS), per un totale di mq 5.490, nonchè l’annesso agricolo identificato catastalmente unitamente alla particella (OMISSIS); che con D.M. 14 settembre 2005, era stata disposta l’occupazione d’urgenza della suddette aree ed era stata prevista la corresponsione della somma di Euro 40.080,00, a titolo di indennità di occupazione e di soprassuolo una tantum; che i proprietari avevano accettato l’indennità di soprassuolo, lasciando impregiudicato il diritto alla futura indennità di espropriazione; che in data 22/5/2005 era stata offerta l’indennità di esproprio determinata in via provvisoria per un totale di Euro 27.999,00, mai accettata, cui aveva fatto seguito in data 13/2/2007 il decreto prefettizio di espropriazione.

Convenute le controparti dinanzi alla Corte di appello di Firenze, P. e T. chiedevano che fossero determinate le giuste indennità in via principale in base alla natura edificatoria del terreno – sulla considerazione che il terreno originariamente agricolo, era stato destinato dall’1/12/2003 al 24/1/2007 ad “attrezzature collettive per servizi tecnici”, destinazione che, a loro parere- permetteva una edificazione da parte di privati, previa convenzione con la P.A. – o, in via subordinata, in base al valore agricolo di mercato e, comunque, al valore delle colture praticate, in ogni caso con indennizzo anche al minor valore delle porzioni residue e dell’annesso agricolo, con condanna dei convenuti al relativo pagamento, oltre interessi e rivalutazione, anche a titolo di maggior danno.

Analoga controversia era stata instaurata dai ricorrenti M. e G., comproprietari nel medesimo Comune delle particelle nn. (OMISSIS) per complessivi mq. 6.384,00, nonchè di annesso agricolo identificato catastalmente alla particella n. (OMISSIS), espropriate con decreto del 1 febbraio 2007, che prospettavano analoghe questioni e proponevano le medesime domande.

Riuniti i giudizi, ritenute le domande ammissibili anche in relazione all’indennità di occupazione, espletata CTU, la Corte di appello accoglieva le domande per quanto di ragione, ritenuta la natura non edificatoria dei terreni, e perveniva alla determinazione delle indennità di espropriazione e di occupazione spettanti, meglio precisate nella sentenza oggetto del presente ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 32 e 37, in relazione alla statuizione della Corte di appello con cui era stata esclusa la natura edificatoria dei terreni espropriati.

Segnatamente i ricorrenti si dolgono che la Corte di appello abbia determinato l’indennità di esproprio considerando la natura agricola dei terreni ablati, laddove dalla documentazione in atti si poteva evincere che le particelle in questione ricadevano nella zona omogenea di piano regolatore “Attrezzature collettive per servizi tecnici” dalla data del 1/12/2003 alla data del 23/1/2007, e che la disciplina urbanistica a “servizi tecnici” impressa ai terreni nel 2003 consentiva l’utilizzo del suolo da parte dei privati, previa stipula di convenzione o atto d’obbligo unilaterale approvato dalla Amministrazione Comunale; espongono che le particelle erano entrate a far parte della zona omogenea “Attrezzature territoriali sottozona F3 cic 01” destinata in modo specifico all’ampliamento della Centrale SNAM, solo a seguito dell’approvazione della variante del Regolamento urbanistico del 25/1/2007, intervenuta pochi tempo prima dell’emanazione del decreto di esproprio.

1.2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 32 e 37, criticando il passaggio motivazionale in cui è detto che la variante del Consiglio comunale del Comune di Terranuova Bracciolini n. 40/2003 non era idonea a qualificare i terreni come edificabili perchè questa classificazione aveva riguardato “un limitato periodo temporale collocato tra la data della dichiarazione di pubblica utilità (avvenuta il 25.6.2003) e quella di emanazione del decreto di esproprio (avvenuto il 13.2.2007) tale da escludere, sostanzialmente, la configurabilità di una concreta possibilità edificatoria” (fol. 7 della sent. imp.).

I ricorrenti sostengono che invece la Corte distrettuale avrebbe dovuto dare rilievo alla circostanza che era stata la variante del regolamento urbanistico del 25/1/2007 a mutare la destinazione urbanistica da “zona a servizi ed attrezzature collettive” ad “attrezzature settoriali sottozona F3 cic 01” destinata in modo specifico all’ampliamento della Centrale SNAM.

1.3. Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 40 del T.U. delle espropriazioni.

A parere dei ricorrenti la sentenza è erronea, anche ove dovesse ritenersi accertata la natura non edificatoria dei suoli, per erroneità dell’indennità, come calcolata dall’ultimo CTU, Dott. C..

I ricorrenti sostengono che nella determinazione del valore si sarebbe dovuto tenere conto che la SNAM aveva potuto compiere un’attività edilizia sui fondi occupati e non ancora espropriati e cioè della possibilità di sfruttamento non agricolo che era stato in concreto possibile.

1.4. Con il quarto motivo si denuncia la motivazione apparente su un punto decisivo della controversia, relativo all’effettivo valore di mercato dei terreni ablati.

I ricorrenti si dolgono che la Corte di appello abbia recepito la stima del CTU C., senza dar conto dei rilievi tecnici e documentali forniti dai ricorrenti fin dall’origine della causa, dai quali emergeva un ben diverso valore a mq. dei terreni ablati (Euro 19,25, anzichè Euro 9,13).

In particolare i ricorrenti si dolgono che la CTU sia stata compiuta sulla base di “fonti telefoniche” e lamentano che non siano stati presi in considerazione gli atti pubblici depositati per consentire l’accertamento del valore di mercato delle aree espropriate. Riferiscono di avere criticato la espressa scelta del CTU, senza che la Corte di appello abbia preso posizione in merito.

2.1. I primi tre motivi, da trattarsi congiuntamente per connessione, vanno respinti.

2.2. Giova osservare che la Corte di appello innanzi tutto ha affermato – con statuizione non impugnata – che l’accertamento svolto mediante l’ausilio del Consulente per verificare la destinazione delle aree sulla scorta delle deduzioni svolte dagli espropriati aveva dato esito negativo circa la natura edificabile e ne aveva, invece, confermata la destinazione agricola ricadente in zona “agricola E5”.

Ha quindi statuito che, comunque, la asserita diversa classificazione non sarebbe stata idonea a qualificare i terreni come edificabili: ciò perchè la destinazione a “servizi collettivi” implicava la realizzazione di servizi di uso pubblico e di interesse generale, ed escludeva la possibilità di trasformazione edificatoria per interessi di tipo privato.

Ha aggiunto che la suindicata classificazione aveva riguardato un periodo di tempo limitato, collocato tra la data della dichiarazione di pubblica utilità (avvenuta il 25/6/2003) e quella di poco antecedente all’emanazione del decreto di esproprio (avvenuto il 1/2/2007 in un caso ed il 13/2/2007 nell’altro), tale da escludere sostanzialmente la concreta possibilità edificatoria.

2.3. Le censure proposte sono in parte inammissibili, perchè mirano ad una impropria rivisitazione di apprezzamenti di fatto operati incensurabilmente dai giudici di merito e, in parte, infondate.

2.4. Questa Corte è ferma nel ritenere che per la determinazione del pregiudizio correlato alla perdita di godimento di aree espropriate assume valore decisivo la suddivisione tra aree edificabili e aree agricole, cui sono equiparate quelle non classificabili come edificatorie.

In base del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 32, comma 1, l’indennità di espropriazione deve essere determinata tenendo conto delle caratteristiche fattuali e giuridiche del bene espropriato al momento dell’accordo di cessione o alla data di emanazione del decreto di esproprio, valutando l’incidenza di vincoli non aventi natura espropriativa e senza considerare gli effetti del vincolo preordinato all’esproprio e di quelli connessi alla realizzazione dell’eventuale opera prevista.

In proposito è utile rammentare che l’individuazione della qualità edificatoria o meno dell’area, va effettuata in base agli strumenti urbanistici vigenti al momento dell’espropriazione e che occorre distinguere tra vincoli conformativi ed espropriativi, sicchè ove con l’atto di pianificazione si provveda alla zonizzazione dell’intero territorio comunale, o di una sua parte, sì da incidere su di una generalità di beni, in funzione della destinazione dell’intera zona in cui essi ricadono e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche, il vincolo assume carattere conformativo ed influisce sulla determinazione del valore dell’area espropriata, mentre, ove si imponga un vincolo particolare, incidente su beni determinati, in funzione della localizzazione di un’opera pubblica, il vincolo è da ritenersi preordinato all’espropriazione e da esso deve prescindersi nella stima dell’area (Cass. n. 207 del 09/01/2020; Cass. n. 4100 del 20/02/2018).

I vincoli conformativi non comportano la perdita definitiva della proprietà privata, ma impongono limitazioni e condizioni restrittive agli interventi edilizi in funzione degli obiettivi di tutela dell’interesse pubblico e, a differenza, dei vincoli espropriativi, pur limitando e condizionando l’attività edificatoria, non comportano indennizzi per le limitazioni previste dallo strumento urbanistico e non hanno scadenza temporale. I vincoli di destinazione imposti dal piano regolatore generale per attrezzature e servizi, realizzabili anche ad iniziativa privata o promiscua in regime di economia di mercato, pur avendo carattere particolare, sfuggono pertanto allo schema ablatorio e alle connesse garanzie costituzionali in termini di alternatività fra indennizzo e durata predefinita, e non costituiscono vincoli espropriativi, bensì soltanto conformativi, funzionali all’interesse pubblico generale (Consiglio di Stato n. 3190 del 17/5-3/7/2019).

Ne consegue che, come di recente ribadito dalle Sezioni Unite, “Ai fini della determinazione del pregiudizio per la perdita del godimento di aree occupate dalla P.A. in forza di un provvedimento legalmente dato, assume valore decisivo la suddivisione tra aree agricole (cui sono equiparate quelle non classificabili come edificatorie) ed aree edificabili; tra queste ultime, da individuarsi in base alle possibilità legali ed effettive di edificazione, non rientrano le zone concretamente vincolate ad un utilizzo meramente pubblicistico (verde pubblico, attrezzature pubbliche, viabilità, ecc.), in quanto gravate da un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte le forme di trasformazione del suolo riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, quale estrinsecazione dello ius aedificandi connesso con il diritto di proprietà ovvero con l’edilizia privata esprimibile dal proprietario dell’area” (Cass. Sez. U. n. 7454 del 19/03/2020; cfr. Cass. n. 15414 del 6/6/2019; Cass. n. 5247 del 16/3/2016; Cass. n. 14347 del 9/8/2012), ciò perchè “ove una zona sia stata concretamente destinata ad un utilizzo meramente pubblicistico (verde pubblico, attrezzature pubbliche, viabilità) la classificazione apporta un vincolo che preclude ai privati tutte quelle forme di trasformazione riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, come tali soggette al regime autorizzatorio previsto dalla vigente legislazione edilizia, con la conseguenza che l’area va qualificata come non edificabile, restando irrilevante la circostanza che la destinazione richieda la realizzazione di strutture finalizzate unicamente alla realizzazione dello scopo pubblicistico” (Cass. Sez. U. n. 7454 del 19/03/2020).

2.5. Tornando al caso in esame, va osservato che la Corte distrettuale si è attenuta ai principi indicati, avendo ravvisato il carattere conformativo dei vincolo in ragione del fatto che le aree in questione ricadevano nella zona omogenea del Piano regolatore “Attrezzature Collettive per servizi tecnici”, il che implicava la realizzazione di servizi di uso pubblico e di interesse generale ed escludeva la trasformazione edificatoria per interessi di tipo privato.

Nè tale statuizione è smentita da quanto esposto nel primo motivo che, nel riprodurre la relativa disciplina urbanistica evidenzia proprio che questa prevedeva che “le nuove attrezzature potranno essere realizzate da privati previa stipula di convenzione o atto d’obbligo unilaterale, approvato dall’Amministrazione Comunale ove siano definiti i criteri di realizzazione e di gestione ad uso pubblico delle attrezzature consentite” (fol. 15 del ricorso).

Le considerazioni svolte dalla Corte di appello in merito alla durata del vincolo conformativo ed alla variazione intervenuta in prossimità del decreto di esproprio sono mere argomentazioni a conforto delle su esposte ragioni della decisione, prive di autonoma rilevanza decisionale, tanto più che la Corte toscana non ha tenuto conto dell’ultima variazione intervenuta.

Infine, nessun rilievo, rettamente, è stato attribuito alle opere realizzate da SNAM, al fine di determinare il valore di mercato dei terreni, trattandosi di opere consequenziali proprio all’espropriazione per pubblica utilità.

3.1. Il quarto motivo è inammissibile.

La censura non illustra alcuno dei passaggi critici svolti dai ricorrenti avverso la CTU nella fase di merito, nè la specifica decisività delle questioni poste, nè il contenuto e le ragioni per cui gli atti pubblici di compravendita depositati dagli espropriati potessero ritenersi rilevanti nell’individuazione del valore di mercato dei terreni in oggetto, di guisa che in alcun modo la Corte può vagliare la rilevanza e la decisività delle questioni proposte.

4. In conclusione il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo in favore di SNAM RETE GAS SPA; nulla va liquidato in favore del Ministero dello Sviluppo Economico, che non ha svolto attività difensive.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

PQM

– Rigetta il ricorso;

– Condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese processuali che liquida in favore di SNAM RETE GAS SPA in Euro 6.000,00, oltre Euro 200,00, per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2021

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