Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 580 del 15/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 15/01/2021, (ud. 14/10/2020, dep. 15/01/2021), n.580

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9302-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

G.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DEI PARIOLI

N. 87, presso lo studio dell’avvocato LUCIANO MONTEMITRO,

rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMO DE FEUDIS;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 267/2013 della COMM. TRIB. REG. della PUGLIA

SEZ. DIST. di FOGGIA, depositata il 12/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/10/2020 dal Consigliere Dott. SALVATORE SAIJA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

All’esito di controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi presentata da G.L. per l’anno di imposta 2007, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, vennero recuperati a tassazione con cartella di pagamento per carenti versamenti IVA, nonchè per IRPEF ed addizionale comunale, complessivi Euro 13.907,60, oltre interessi e sanzioni.

Proposto ricorso dalla contribuente, la C.T.P. di Foggia lo accolse con sentenza n. 62/06/12, stante l’accertata irritualità del controllo automatizzato eseguito; la C.T.R. della Puglia, sez. st. di Foggia, respinse l’appello dell’Ufficio con decisione del 12.11.2013.

L’Agenzia delle Entrate ricorre ora per cassazione, sulla base di due motivi, cui resiste la contribuente con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo, l’Agenzia delle Entrate lamenta la violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18,21 e 24, nonchè violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Evidenzia la ricorrente che, quanto all’IVA, la cartella era fondata sul disconoscimento di un presunto credito d’imposta vantato dalla G. in relazione all’anno 2006, non portato in dichiarazione nel 2007, ma indebitamente utilizzato in compensazione nel 2008. Ebbene, con il ricorso introduttivo, la G. s’era soltanto doluta di presunti vizi di notifica della cartella e vizi di motivazione, ma non già della necessità che detto disconoscimento fosse supportato da specifico avviso di rettifica, come invece autonomamente opinato dalla C.T.R. e dallo stesso giudice di primo grado, con conseguente extrapetizione.

1.2 – Con il secondo motivo, si deduce violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54-bis e 60, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. L’Agenzia lamenta l’erroneità della pronuncia nella parte in cui ha ritenuto l’illegittimità dell’utilizzo della procedura automatizzata D.P.R. n. 600 del 1973, ex artt. 36-bis, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, occorrendo a suo dire far ricorso ad un previo avviso di accertamento, prima di procedere all’iscrizione a ruolo.

2.1 – Va anzitutto respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla controricorrente.

Fermo quanto verrà considerato al paragrafo successivo, è senz’altro vero che la stessa Agenzia riconosce che già il giudice di primo grado – senza che la G. avesse proposto un congruente motivo d’impugnazione della cartella – aveva motu proprio considerato la cartella stessa illegittima perchè avrebbe dovuto essere preceduta da un autonomo avviso di accertamento, stante il disconoscimento del credito IVA portato in compensazione dalla contribuente. Ora, a parte l’erroneità di detta affermazione (v. tra le altre, Cass. n. 8505/2019), dal ricorso in esame si evince che l’Agenzia, nella sostanza, aveva appellato tale specifica ratio decidendi della sentenza di primo grado, ribadendo la legittimità dell’iscrizione a ruolo tout court (ed evidentemente, senza necessità di previamente emettere nessun atto d’accertamento), sicchè sul punto non può configurarsi nessuna acquiescenza e nessun giudicato implicito.

3.1 – Al contrario, deve invece rilevarsi l’inammissibilità del primo motivo per almeno due profili, tra loro concorrenti.

Anzitutto, l’Agenzia non riporta – con la necessaria specificità – il contenuto del ricorso introduttivo della G., nè soprattutto quello del proprio atto d’appello, così non consentendo a questa Corte di valutare se la questione della mancanza di un previo avviso d’accertamento, rispetto all’emissione della cartella impugnata, fosse stata sollevata o meno nel giudizio di merito, e ciò in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3.

Ma se anche dovesse ritenersi (in coerenza con la tesi della ricorrente) che la G. non aveva effettivamente dedotto, col ricorso di primo grado, la questione in discorso, poi affermata dalla C.T.P., la mancata denuncia del conseguente vizio di extrapetizione da parte dell’Agenzia con l’appello determina – essa sì – il giudicato interno sul punto, sicchè la questione di merito deve oggi considerarsi far parte, a pieno titolo, del thema decidendtue altre parole, l’Agenzia avrebbe dovuto – in tal caso – dolersi dell’extrapetizione già col gravame, e non per la prima volta (seppur riguardo alla decisione della C.T.R., ovviamente) col ricorso per cassazione.

4.1 – Ciò posto, il secondo motivo è fondato.

Secondo condivisibile orientamento, “In tema di controlli delle dichiarazioni tributarie, l’attività dell’Ufficio accertatore, correlata alla contestazione di detrazioni e crediti indicati dal contribuente, qualora nasca da una verifica di dati indicati da quest’ultimo e dalle incongruenze dagli stessi risultanti, non implica valutazioni, sicchè è legittima l’iscrizione a ruolo della maggiore imposta ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, non essendo necessario un previo avviso di recupero” (così, Cass. n. 4360/2017; v. anche Cass. n. 4392/2018, in motivazione, nonchè la già citata Cass. n. 8505/2019).

Detto principio trova pieno riscontro nell’insegnamento di Cass., Sez. Un., n. 17758/2016, che – sebbene dettato in relazione alle conseguenze derivanti, ai fini della detraibilità dell’IVA, dalla mancata presentazione della dichiarazione annuale – ha precisato, con valutazioni di portata senz’altro generale, come in casi consimili sia consentita la “emissione di cartella di pagamento, potendo il fisco operare, con procedure automatizzate, un controllo formale che non tocchi la posizione sostanziale della parte contribuente e sia scevro da profili valutativi e/o estimativi nonchè da atti di indagine diversi dal mero raffronto con dati ed elementi dell’anagrafe tributaria, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54-bis e 60”, fatta salva la possibilità, nel successivo giudizio di impugnazione della cartella, che il contribuente dimostri la correttezza e/o legittimità del proprio operato, tenuto anche conto del principio dell’onere e di prossimità della prova.

Ed è assai significativo quell’ulteriore passaggio della motivazione con cui le Sezioni Unite – confrontandosi con l’assetto complessivo dei controlli regolati dagli artt. 36-bis e 54-bis più volte citati, come definito dal D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241 – affermano che “Il senso di una normativa di tal genere non può che essere quello di un controllo fatto grazie all’utilizzo di quei mezzi informatici che consentono di correlare i dati esposti nelle dichiarazioni e le informazioni sul contribuente reperibili nell’anagrafe tributaria (regolata dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605 e dal D.P.R. 2 novembre 1976, n. 784). Si tratta di un sistema informativo nel quale sono immagazzinate principalmente quelle notizie essenziali risultanti dalle dichiarazioni fiscali”.

Da quanto precede, discende quindi la fondatezza del secondo motivo del ricorso. E’ evidente, infatti, che l’inutilizzabilità del credito vantato dalla G., dalla stessa compensato, è certamente evincibile dai dati dell’anagrafe tributaria in relazione alle sue condizioni di fruibilità (avuto riguardo, cioè, alla sua mancata esposizione nella dichiarazione per l’anno 2006, pacificamente non presentata nei termini), sicchè nella specie non occorre emettere un autonomo avviso d’accertamento, trattandosi anzi dell’ambito elettivo tipico del controllo automatizzato, come connotato anche dal richiamato insegnamento giurisprudenziale.

5.1 – In definitiva, il primo motivo è inammissibile, mentre il secondo è fondato. La sentenza impugnata è quindi cassata in relazione, con rinvio alla C.T.R. della Puglia, sez. st. di Foggia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il primo motivo e accoglie il secondo; cassa in relazione e rinvia alla C.T.R. della Puglia, sez. st. di Foggia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2021

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