Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5797 del 03/03/2021

Cassazione civile sez. I, 03/03/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 03/03/2021), n.5797

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23363/2015 proposto da:

Comune di Cagliari, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma Via Archimede 10, presso lo studio dell’avvocato

Viviana Callini, e rappresentata e difesa dall’avvocato Carla

Curreli, in forza di procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.G., e M.L., elettivamente domiciliati in Roma

Via Portuense 104, presso Antonia De Angelis, e rappresentati e

difesi dall’avvocato Enrico Salone, in forza di procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 279/2015 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 28/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/01/2021 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato il 27/3/2009 M.G. e L. hanno convenuto in giudizio il Comune di Cagliari e la Regione Sardegna dinanzi alla Corte di appello di Cagliari, proponendo opposizione alla stima avverso la determinazione dell’indennità di espropriazione e di occupazione legittima, calcolate sulla base del valore di Lire 60.000 per m2, ritenuto non congruo, con riferimento ad alcuni terreni di loro proprietà, siti nella città metropolitana di (OMISSIS), nella località (OMISSIS) (distinti in catasto al foglio (OMISSIS), mappale (OMISSIS), e al foglio (OMISSIS), mappale (OMISSIS), attualmente al foglio (OMISSIS), mappale (OMISSIS), di m2 192 e al foglio (OMISSIS), mappale (OMISSIS), di m2 1734), parzialmente espropriati dalla Regione autonoma Sardegna, con Det. del Servizio espropriazioni 27 dicembre 2001, n. 5/169 in favore del Comune di Cagliari.

Con sentenza del 3/7/2013, definitivamente pronunciando, la Corte di appello di Cagliari ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Regione Sardegna, condannando gli attori alla rifusione delle spese da essa sostenute, e, non definitivamente pronunciando, ha dichiarato la legittimazione passiva del Comune di Cagliari, nonchè il proprio difetto di giurisdizione in ordine alla domanda di dichiarazione di illegittimità e annullamento parziale del decreto di esproprio, disponendo con separata ordinanza la rinnovazione della consulenza tecnica per la determinazione del valore delle aree espropriate.

Con la successiva sentenza definitiva del 28/4/2015 la Corte di appello di Cagliari, dissentendo dall’opinione espressa dal consulente d’ufficio e ritenuta la natura espropriativa e non già conformativa del vincolo apposto sulle aree espropriate dal piano di risanamento urbanistico, ha determinato le indennità di esproprio di occupazione legittima spettanti ai signori M. rispettivamente in Euro 173.340,00 e in Euro 9.717,00, a spese compensate fra le parti.

2. Avverso la predetta sentenza, notificata in data 26/6/2015, con atto notificato il 25/9/2015 ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Cagliari, svolgendo tre motivi.

2.1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il Comune ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 32, comma 1.

Secondo il Comune di Cagliari, le aree oggetto di espropriazione prima dell’adozione del piano di risanamento urbanistico, secondo il piano regolatore generale, ricadevano in zona agricola ed erano prive di edificabilità legale; il piano di risanamento sostituiva l’originaria pianificazione urbanistica e costituiva una variante del piano urbanistico generale a livello locale, come del resto confermato dalle norme tecniche di attuazione (artt. 1 e 3); le aree in questione erano già state destinate a strada al servizio dei fondi in un contesto di diffuso abusivismo edilizio ed erano state svuotate di ogni potenzialità edificatoria dagli stessi proprietari.

2.2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione alla L.R. Sarda 11 ottobre 1985, n. 23, art. 32, che assegna al piano di risanamento urbanistico la natura di pianificazione generale e non di piano di terzo livello, con la conseguenza che la destinazione a viabilità dell’area assume natura di vincolo conformativo ed esclude qualsiasi possibilità di edificazione.

2.3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il Comune ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37 e alla natura conformativa del vincolo esistente sui terreni de quibus.

2.4. Con atto notificato 13/11/2015 hanno proposto controricorso M.G. e L., chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I tre motivi di ricorso sono strettamente connessi ed anzi in larga misura sovrapposti e sono tutti dedicati al tema della edificabilità legale dei terreni espropriati, ritenuta dalla Corte sarda e contestata dai Comune ricorrente, e alla natura del vincolo apposto con il piano di risanamento urbanistico, considerato espropriativo dalla Corte sarda e conformativo dal Comune ricorrente.

2. Si discuteva in causa della natura del vincolo apposto con tre delibere della Giunta comunale di Cagliari (recanti i numeri 1894/1997; 39/1998; 1020/1998) per la realizzazione di opere di urbanizzazione, in particolare strade, come previsto dal piano di risanamento urbanistico (di seguito: PRU) della zona di (OMISSIS).

2.1. Il Consulente tecnico d’ufficio, come già la stessa Corte territoriale in precedenti arresti, ha considerato il PRU un piano regolatore generale di secondo livello, quale variante al piano regolatore generale (PRG) e i vincoli da esso previsti di natura conformativa.

Nella fattispecie – ha chiarito il C.t.u. – la zona era priva di edificabilità legale e aveva destinazione agricola secondo il PRG ed era interessata da un diffuso abusivismo edilizio; con il PRU erano state individuate le aree edificabili, trasferendo ad esse tutta la volumetria compatibile con le dotazioni infrastrutturali già presenti e la viabilità; le strade già di fatto esistenti, quali quelle site sui terreni espropriati (via (OMISSIS) e via (OMISSIS)) al servizio dei fondi erano state privata dell’edificabilità e destinata a pubblica viabilità.

2.2. La Corte di appello ha recepito le critiche dei proprietari espropriati e del loro consulente e ha invece ritenuto la natura edificabile delle aree e il carattere espropriativo del vincolo di viabilità impresso dal PRU.

2.3. A tale approdo la Corte di appello è pervenuta attraverso i seguenti passaggi argomentativi: a) la natura espropriativa o confermativa dei vincoli per la realizzazione di viabilità pubblica dipendeva dal carattere di grande viabilità impresso dal piano regolatore generale (PRG) nel quadro della ripartizione generale del territorio o dal carattere di viabilità zonale, propria dei piani attuativi che si imprimono “lenticolarmente” su di una area ben individuata; b) le due strade de quibus rientravano nella viabilità di zona; c) si doveva tener conto del regime urbanistico dell’area al momento del decreto di espropriazione e non di quello stabilito dalla pianificazione anteriore; d) pertanto si doveva considerare la zona edificabile secondo le previsioni del PRU, e non agricola, secondo il preesistente PRG; e) il PRU aveva natura di piano attuativo (strumento di terzo livello) secondo quanto disposto dalla L.R. Sardegna n. 23 del 1985, art. 37, espressamente abilitato a derogare al PRG, senza assumere le caratteristiche di uno strumento di pianificazione di secondo livello, a cui pure poteva derogare; f) le due vie, denominate (OMISSIS) e (OMISSIS), strade interne del PRU di (OMISSIS), erano poste solo al servizio della zona circoscritta e avevano esclusivamente la funzione di dar accesso ai fondi su di esse prospicienti; g) la destinazione di fatto precedente era irrilevante e doveva aversi riguardo al PRU che aveva reso edificabile la zona e aveva impresso sugli specifici terreni un vincolo lenticolare ed espropriativo.

3. I primi due motivi, presentano profili di inammissibilità e di infondatezza.

3.1. Da un lato le censure non appaiono puntualmente pertinenti al decisum.

Il Comune ricorrente, infatti, con entrambi i mezzi, si duole essenzialmente dell’errata qualificazione giuridica operata dalla Corte d’appello relativamente alla natura del PRU, dalla quale sarebbe conseguita una scorretta qualificazione dei vincoli di viabilità imposti sui beni espropriati.

Se è vero che la Corte sarda ha ritenuto la natura conformativa del vincolo (pag. 7, secondo capoverso, della sentenza impugnata) e la natura attuativi del PRU quale strumento di pianificazione urbanistica di terzo livello (pag. 8), la sentenza impugnata non si basa solo su tali premesse, ma anzi si sorregge in modo del tutto indipendente su di una ulteriore statuizione relativa alla specifica funzione assolta nel sistema di viabilità locale delle due strade previste sui terreni oggetto di esproprio.

3.2. Infatti, diversamente da quanto prospettato dal Comune, la Corte d’appello non ha tracciato alcun legame necessario tra la natura dello strumento urbanistico adottato e la natura dei vincoli di viabilità in esso contenuti.

Al contrario, il giudice a quo, nella sentenza impugnata, ha premesso che “La natura del vincolo in esame non può (…) essere stabilita in relazione alla natura del piano di risanamento urbanistico, tenuto altresì conto che, come affermato costantemente dal Supremo Collegio, sebbene i piani generali prevedano prevalentemente vincoli conformativi, tuttavia possono anche introdurre vincoli espropriativi (Cass. n. 11236/2013, S.U. n. 173/2001)” (pag. 9 sentenza impugnata).

La decisione circa la natura espropriativa o meno dei vincoli di viabilità contenuti nel PRU prescinde, quindi, dalla diversa questione della qualificazione giuridica di quest’ultimo in termini di piano attuativo ovvero di variante al PRG; ed infatti, alle pagine 10-11, la Corte territoriale è partita dalla valutazione che le vie (OMISSIS) e (OMISSIS) realizzate sulle aree private erano strade interne del PRU di contrada (OMISSIS), poste unicamente al servizio di tale zona, particolarmente circoscritta rispetto al territorio comunale, ed erano destinate solo a consentire accesso ai fondi prospicienti.

3.3. In ogni caso le valutazioni della Corte di appello sono corrette.

La L.R. Sardegna 11 ottobre 1985, n. 23, art. 32, recante norme in materia di controllo dell’attività urbanistico edilizia, di risanamento urbanistico e di sanatoria di insediamenti ed opere abusive, di snellimento ed accelerazione delle procedure espropriative, dedicato ai piani di risanamento urbanistico (PRU) e prevede che qualora un insediamento edilizio sia stato realizzato in tutto o in parte abusivamente, il rilascio del permesso di costruire in sanatoria per le opere in esso comprese sia subordinato all’approvazione di un piano di risanamento urbanistico, che può essere adottato anche in variante allo strumento urbanistico generale.

Il successivo art. 37, dedicato al contenuto e all’efficacia dei piani di risanamento urbanistico, espressamente attribuisce ai piani di risanamento, di iniziativa pubblica o privata, il contenuto, il valore e l’efficacia di piani attuativi, quindi di strumenti di pianificazione di terzo livello, assimilabili a un piano particolareggiato, seppur dotati di capacità di deroga al PRG, strumento di secondo livello.

Del resto, la legislazione nazionale di riferimento (L. 5 agostob 1978, n. 457, artt. 27 e segg.) prevede l’individuazione da parte dei comuni, nell’ambito degli strumenti urbanistici generali, delle zone ove, per le condizioni di degrado, si rende opportuno il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente mediante interventi rivolti alla conservazione, al risanamento, alla ricostruzione e alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso. Dette zone possono comprendere singoli immobili, complessi edilizi, isolati ed aree, nonchè edifici da destinare ad attrezzature.

L’art. 28 della stessa legge assegna ai piani di recupero la funzione di prevedere la disciplina per il recupero degli immobili, dei complessi edilizi, degli isolati e delle aree interessati, anche attraverso interventi di ristrutturazione urbanistica, individuando le unità minime di intervento; dell’art. 28, comma 4, stabilisce l’applicabilità ai piani di recupero delle disposizioni previste per i piani particolareggiati dalla vigente legislazione regionale e, in mancanza, da quella statale.

L’art. 31 distingue, fra l’altro, i piani di risanamento edilizio di cui alla lett. d) (relativi a interventi di ristrutturazione edilizia, rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e comprendenti il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, la eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti) e quelli di risanamento urbanistico di cui alla lett. e) (relativi a interventi di ristrutturazione urbanistica, rivolti a sostituire l’esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso mediante un insieme sistematico di interventi edilizi anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale).

3.4. Il piano di risanamento urbanistico può quindi essere considerato un piano attuativo o particolareggiato, con attitudine alla deroga delle disposizioni del PRG.

Proprio perchè rivolto a sostituire l’esistente tessuto urbanistico mediante un insieme sistematico di interventi edilizi comportanti la modificazione generale dell’assetto urbanistico e infrastrutturale, il PRU – a differenza del mero piano di recupero edilizio – può essere assimilato agli strumenti come il piano degli insediamenti produttivi (PIP) o i piano di edilizia economica e popolare (PEEP).

Con riferimento a questi ultimi piani, questa Corte ha ritenuto che nella determinazione dell’indennità di espropriazione di un fondo edificabile in base al piano regolatore ed incluso in un piano per l’edilizia economica e popolare (PEEP), la valutazione delle possibilità legali ed effettive di edificazione debba essere fatta tenendo presente che i volumi realizzabili non possono essere quantificati applicando senz’altro l’indice fondiario di edificabilità, il quale è riferito alle singole aree specificamente destinate alla edificazione privata dallo strumento urbanistico attuativo; tuttavia, poichè ai fini dell’esercizio concreto dello ius aedificandi è necessario che l’area sia urbanizzata, occorre tener conto dell’incidenza degli spazi riservati (secondo le prescrizioni dello strumento urbanistico attuativo) ad infrastrutture e servizi di interesse generale; il che può anche essere espresso ricorrendo a indici medi di edificabilità riferiti all’intera zona omogenea; di conseguenza, si è ritenuto che tutti i terreni espropriati in ambito PEEP percepiscono la stessa indennità, calcolata su una valutazione del fondo da formulare sulla potenzialità edificatoria media di tutto il comprensorio, vale a dire dietro applicazione di un indice di fabbricabilità (territoriale) che sia frutto del rapporto fra spazi destinati agli insediamenti residenziali e spazi liberi o, comunque, non suscettibili di edificazione per il privato, mentre l’indice fondiario trova piena applicazione ove l’area da valutare sia collocata in comprensorio già totalmente urbanizzato, per il quale, dunque, non è necessario lo strumento urbanistico attuativo, ancorchè previsto dal piano regolatore generale (Sez. 1, n. 18841 del 26/09/2016, Rv. 641827 – 02; Sez. 1, n. 14939 del 21/06/2010, Rv. 613593 – 01; Sez. 1, n. 22421 del 05/09/2008, Rv. 604607 01).

Anche secondo la giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato 14/10/2014 n. 5078) nel caso di area degradata da organizzare urbanisticamente e qualificare ambientalmente e paesisticamente, assoggettata ad un piano di recupero, con obbligo di riqualificare l’intera superficie, il piano di recupero si pone a presidio dello sviluppo programmato di aree ancora edificabili nell’ambito di zone degradate e non assolve la sola funzione di recupero edilizio di compendi immobiliari fatiscenti.

4. Con il terzo motivo di ricorso, proposto sempre ex art. 360 c.p.c., n. 3, viene lamentata la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37.

4.1. Secondo il ricorrente, la Corte d’appello avrebbe errato nel considerare i vincoli di viabilità del PRU alla stregua di vincoli espropriativi, trattandosi invece di vincoli conformativi.

La presenza di vincoli di inedificabilità di natura conformativa, secondo il ricorrente, avrebbe dovuto essere valutata ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, il quale prescrive che per la determinazione dell’identità di esproprio “si considerano le possibilità legali ed effettive di edificazione, esistenti al momento dell’emanazione del decreto di esproprio”.

4.2. Le censure appaiono infondate perchè la sentenza impugnata ha correttamente attribuito natura espropriativa ai vincoli di viabilità previsti dal PRU in conformità all’indirizzo giurisprudenziale consolidato di questa Corte.

A questo proposito appare corretto il ragionamento della Corte di Cagliari, laddove ha ravvisato la natura espropriativa del vincolo a viabilità apposto ai terreni in questione, nel contesto di un piano attuativo, il ridetto PRU, che, innovando, come gli era esplicitamente consentito, alla pregressa destinazione agricola della zona di (OMISSIS), caratterizzata da diffuso abusivismo, le ha conferito edificabilità legale.

4.3. Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il carattere conformativo (e non ablatorio) del piano regolatore o di una sua variante non discende dalla sua collocazione in una specifica categoria di strumenti urbanistici, ovvero dalla presenza di piani particolareggiati o attuativi, ma dipende soltanto dai requisiti oggettivi, di natura e struttura, che presentano i vincoli in esso contenuti; ed è dunque configurabile tutte le volte in cui gli stessi vincoli mirino ad una (nuova) zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, così da incidere su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti in funzione della destinazione della intera zona in cui questi ricadono ed in ragione delle sue caratteristiche intrinseche o del rapporto con un’opera pubblica (Sez. 1, n. 23572 del 09/10/2017, Rv. 645529 01; Sez. 1, n. 207 del 09/01/2020, Rv. 656617 – 01; Sez. 1, n. 16084 del 18/06/2018, Rv. 649574 – 01; Sez. 1, n. 4100 del 20/02/2018, Rv. 648135 – 01).

In particolare, in tema di vincolo a viabilità, è stato precisato che l’indicazione delle opere di viabilità nel piano regolatore generale (L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 7, comma 2, n. 1), pur comportando un vincolo di inedificabilità delle parti del territorio interessate, con le relative conseguenze nella scelta del criterio di determinazione dell’indennità di esproprio, basato sulla edificabilità o meno dei suoli, non concreta un vincolo preordinato ad esproprio, a meno che tale destinazione non sia assimilabile all’indicazione delle reti stradali all’interno e a servizio delle singole zone (L. n. 1150 del 1942, art. 13), di regola rimesse allo strumento di attuazione, e come tale, riconducibile a vincoli imposti a titolo particolare, di carattere espropriativo, in funzione non già di una generale destinazione di zona, ma della localizzazione lenticolare di un’opera pubblica, incidente su specifici beni (Sez. 1, n. 19924 del 25/09/2007, Rv. 600649 – 01; si configura pertanto un vincolo preordinato a esproprio, quando la destinazione riguardi l’indicazione delle reti stradali all’interno e a servizio delle singole zone, come tali riconducibili a vincolo imposto a titolo particolare, a carattere espropriativo; è stato così ritenuto a carattere conformativo il vincolo afferente la previsione – nello strumento urbanistico – di interventi di realizzazione della grande viabilità, mentre alle previsioni stradali di zone o comprensoriali è stata attribuita una prospettiva di segno lenticolare, come tale impositiva di vincoli espropriativì (Sez. 1, n. 11913 del 12/05/2017, Rv. 644076-01; Sez. 1, n. 19204 del 28/09/2016, Rv. 641835-01; Sez. 1, n. 13425 del 30/06/2016, Rv. 640950-01; Sez. 1, 26/03/2013, n. 7585; Sez. 1, n. 8435 del 28/05/2012, Rv. 622541-01; Sez. 1, n. 24837 del 24/11/2005, Rv. 585366-01; Sez. 1, n. 13199 del 05/06/2006, Rv. 590696-01).

In precedenza non era mancata la puntualizzazione che ai fini della determinazione dell’indennità di esproprio per aree destinate ad opere di viabilità all’interno di un piano di edilizia economica e popolare, va ritenuto il carattere edificabile delle stesse, trattandosi di interventi asserviti a porzione circoscritta del territorio comunale, dichiarata edificabile, e dovendosi considerare il regime urbanistico al momento della conclusione del procedimento espropriativo, rispetto al quale non ha rilievo che le aree avessero, anche secondo la pianificazione anteriore, destinazione stradale (Sez. 1, 06/10/2005, n. 19501),

4.4. A questi principi si è attenuta la Corte di appello, accertando il carattere ablatorio del vincolo in considerazione del carattere interno e zonale delle opere di viabilità realizzate sui terreni espropriati e cioè le due vie, (OMISSIS) e (OMISSIS), aventi esclusiva funzione di dar accesso ai fondi su di esse affacciantisi.

5. In sintesi: il PRU (OMISSIS) ha natura di piano attuativo, capace di derogare alle disposizioni del PRG e ha conferito carattere edificabile all’intera area interessata e il vincolo a viabilità “lenticolarmente” apposto sui suoli destinati alle vie di comunicazione interna ha natura espropriativa. Correttamente quindi la Corte sarda ha considerato i suoli come edificabili.

Per queste ragioni il ricorso deve quindi essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte;

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore dei controricorrenti, liquidate nella somma di Euro 5.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esposti, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 19 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2021

 

 

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