Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5796 del 03/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 03/03/2020, (ud. 09/07/2019, dep. 03/03/2020), n.5796

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso iscritto al n. 8838/2015 proposto dall’Agenzia delle

Entrate rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12;

– ricorrente –

Contro

Fondazione Banca del Monte di Lombardia, rappresentata e difesa

dall’avv.to prof. Gaspare Falsitta, dall’avv. Silvia Pansieri e

dall’avv. Rita Gradara con domicilio eletto presso lo studio di

quest’ultima in Roma, Largo Somalia n. 67;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia n. 4879/2014 depositata il 23 settembre 2014;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 09/07/2019 dal

Consigliere Dott. Catello Pandolfi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Umberto De Augustinis che ha concluso chiedendo

l’accoglimento del ricorso;

uditi l’Avvocato dello Stato Paolo Gentili per la parte ricorrente

l’Avv. Silvia Pansieri per la parte controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della CTR della Lombardia n. 4879/2014, depositata il 23.09.2014.

La vicenda trae origine dalla domanda di rimborso di un credito di Euro 626.652,79, avanzata dalla Fondazione Banca del Monte di Lombardia, inserita nella dichiarazione dei redditi presentata il 9.1.1998, per l’esercizio dal 1.10.1996 – 30.09.1997.

La Fondazione aveva poi presentato un sollecito di rimborso in data 18.05.1999 ed aveva inoltrato una nuova istanza di rimborso in data 26.06.2010.

L’Amministrazione aveva respinto, in data 15.03.2011, l’istanza di rimborso ritenendola travolta dalla prescrizione decennale, fatta decorrere dalla data del sollecito dei 18.05.1999.

Entrambe le commissioni di merito, avevano accolto la tesi della Fondazione bancaria, secondo cui la prescrizione doveva invece farsi decorrere dallo spirare del termine, accordato all’Amministrazione, per l’esercizio del potere di accertamento delle dichiarazioni contenenti crediti e relative richieste di rimborso, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 e cioè dal 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione dei redditi L’Agenzia ha fondato il ricorso in esame su di un unico motivo, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2946 c.c. e del D.P.R. n. 600 del 1973 , art. 43, Resiste la Fondazione bancaria con controricorso e memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso va accolto.

Infatti, la giurisprudenza di questa Corte, che s’intende ribadire, ha più volte affermato che alcuna disposizione fa divieto al soggetto, che ritenga di vantare un’eccedenza a credito, di far valere il proprio diritto negli ordinai termini di prescrizione e formulare istanza di rimborso, senza dover attendere lo spirare del termine fissato all’Amministrazione per l’accertamento ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 43 (In tal senso già Sez. U. n. 2687 del 7/02/2007).

Non sussiste, cioè, la necessità della preventiva scadenza dei termini entro cui l’Amministrazione deve esercitare i propri poteri di liquidazione, controllo formale o accertamento vero e proprio: termini di decadenza volti ad imporre un obbligo interno all’Amministrazione, ma non a porre un limite all’esercizio dei diritti del contribuente.

Tale esercizio è, come detto, coltivabile nei termini di prescrizione ordinari, come disposto, dall’art. 2946 c.c., la cui decorrenza, ex art. 2935 c.c., prende avvio dal giorno in cui ii diritto può essere fatto valere, salvo diversa diposizione di legge. Rispetto a tale assetto normativo, nessuna variazione è intervenuta in tema di prescrizione del diritto al rimborso d’imposta.

La diversa tesi della controricorrente sembra derivare dalla impropria sovrapposizione di due istituti che si collocano su piani diversi e separati: a) l’uno, relativo ai termini imposti all’Amministrazione per l’espletamento dell’attività di liquidazione, controllo formale e liquidazione, dettato dall’esigenza che la stessa vi provveda in tempi predefiniti, ponendo a tal fine un obbligo per la P.A. e non già un limite all’esercizio dei diritti del contribuente; b) l’altro, relativo al termine di prescrizione, rispondente all’esigenza che i rapporti giuridici si stabilizzino entro un termine definito, individuato nel decennio, onde evitare il protrarsi sine die di situazioni d’incertezza.

La tesi accolta dalla sentenza impugnata, discostandosi da detto schema, determina un ingiustificato ostacolo di quattro anni alla possibilità di far valere il diritto al rimborso, che deve, invece, ritenersi esercitabile decorsi 90 giorni dall’istanza, nel silenzio dell’Amministrazione.

Nè è da ritenere fondatala la contraria tesi sostenuta dalla resistente posto che, secondo giurisprudenza di questa Corte: “in tema di rimborso d’imposte, l’Amministrazione finanziaria potrebbe comunque contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione dei redditi, anche qualora siano scaduti i termini per l’esercizio del suo potere di accertamento, senza che abbia adottato alcun provvedimento, atteso che tali termini decadenziali operano limitatamente al riscontro dei suoi crediti e non dei suoi debiti, in applicazione del principio “quae temporalia ad agendum, perpetua ad excepiendum”. Per cui, nell’ambito del giudizio volto ad ottenere il rimborso di imposte, è da escludere che, in assenza di contestazioni nei termini previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36-bis e 43, i suddetti crediti debbano ritenersi definitivamente accertati”. In altri termini, “lo svolgimento senza rilievi dell’attività di controllo e accertamento non equivale a riconoscimento implicito dei credito esposto in dichiarazione, potendo questo essere contestato anche dopo la scadenza dei termini per tali attività, che è da ritenere non incidano sul decorso del termine di prescrizione del credito” (Cass. Sez. 5, Sent. n. 2392 del 31/01/2018 e Ord. n. 7132 del 13/03/2019).

Tale principio è stato anche recentemente ribadito nel senso che “…Al diritto al rimborso non si consolida, qualora l’Amministrazione finanziaria non effettui la rettifica nel termini previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis (testo applicabile “ratione temporis”, introdotto dal D.P.R. n. 506 del 1979, art. 1), che ha natura meramente ordinatoria (come precisato dalla L. n. 449 del 1997, art. 28, comma 1), ovvero non compia alcun accertamento nel termine stabilito dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, poichè tali termini operano solo con riferimento all’accertamento dei crediti, e non dei debiti, dell’Erario, gravando quindi sul contribuente, che impugni ii silenzio-rifiuto dell’Amministrazione, l’onere di provare, in base alle regole generali, il vantato diritto ai rimborso”. (Sez. 5 -, Ordinanza n. 14044 del 23/05/2019).

In definitiva, nel caso in esame, è da ritenere che la Fondazione avrebbe potuto agire per la restituzione dell’eccedenza a credito, senza attendere lo scadere dei termini suindicati, giacchè “in tema di imposte sui redditi, posto che l’indicazione nella dichiarazione di un credito d’imposta costituisce già istanza di rimborso, il corrispondente diritto alla restituzione può essere esercitato a partire dall’inutile decorso del termine di novanta giorni dalla presentazione dell’istanza contenuta nella dichiarazione, su cui si forma il silenzio-rifiuto, impugnabile ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19, comma 1, lett. g), senza che sia necessario attendere la scadenza dei termini entro cui l’Amministrazione deve esercitare i propri poteri di liquidazione, controllo formale o accertamento vero e proprio, che non riguardano l’esercizio dei diritti del contribuente (Sez. 5 – Ord. n. 10690 del 04/05/2018).

Il ricorso va, pertanto, accolto e la sentenza impugnata cassata.

Non essendovi accertamenti da demandare al giudice regionale, con decisione nel merito, va rigettato il ricorso introduttivo.

Alla soccombenza della Fondazione segue la sua condanna al pagamento delle spese di legittimità, compensate le spese di merito.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo. Condanna la Fondazione Banca del Monte di Lombardia a rifondere le spese di legittimità che liquida in Euro 10.000,00 oltre alle spese prenotate a debito. Compensa le spese della fase di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2020

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