Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5794 del 28/02/2019

Cassazione civile sez. III, 28/02/2019, (ud. 09/03/2018, dep. 28/02/2019), n.5794

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19712/2016 proposto da:

P.S.A.J., considerata domiciliata ex lege in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato ALESSANDRO BERUTTO giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

C.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 89/2016 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 20/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/03/2018 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale Dott. BASILE Tommaso, che ha concluso

chiedendo il rigetto del ricorso;

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.A., conduttrice di un immobile in Comune di Camaiore, convenne in giudizio davanti al Tribunale di Lucca C.F., locatore, rappresentando di aver corrisposto al locatore somme indebite dal marzo 2011 all’agosto 2012, al canone di Euro 900 quando, da marzo 2012, in base ad un contratto registrato (di cui però disconosceva la sottoscrizione) aveva pagato Euro 400 mensili. Assumendo che tra le parti era stato pattuito un canone inferiore anche ad Euro 400 mensili, e pari al triplo della rendita catastale, chiese la restituzione delle somme indebitamente pagate.

Il Tribunale rigettò la domanda.

La Corte d’Appello di Firenze, per quanto rileva in questa sede, ha rigettato l’appello, previa ricostruzione del quadro dei rapporti intercorsi tra le parti: con riguardo al periodo marzo 2011-marzo 2012, ha ravvisato l’esistenza di un primo contratto di locazione stipulato e registrato nel 2007 tra il locatore e la figlia della S., con la quale essa conviveva; nonchè di un secondo contratto, stipulato tra il locatore e la ricorrente, registrato in data 5/3/2012, prevedente un canone di Euro 400 mensili.

La Corte d’Appello ha ritenuto che la domanda della S. di riconoscimento di un canone inferiore ad Euro 400 mensili, e pari al triplo della rendita catastale, non fosse fondata nè provata; che non vi fosse stato alcun esborso superiore al dovuto, ed ha conseguentemente rigettato l’appello, confermando il diniego di ripetizione dell’indebito. La Corte d’Appello ha ritenuto che il contratto di locazione intercorso tra le parti non possa essere ascritto alla categoria dei contratti “non registrati entro il termine stabilito dalla legge”, essendovi prova che il contratto, concluso nel marzo 2012, fu subito dopo registrato, di guisa da imporre tra le parti il canone di Euro 400 mensili.

Avverso la sentenza di rigetto dell’appello, S.A. propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. Nessuno resiste al ricorso.

Il P.G. conclude per il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con unico motivo la ricorrente censura la sentenza per violazione e falsa applicazione della L. n. 431 del 1998, art. 1, e dell’art. 1, comma 59, della legge finanziaria 2016 e delle norme da questo richiamate (D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 3, comma 8, e L. 80/149, art. 1, comma 1). Assume che la Corte d’Appello, pur avendo riconosciuto l’esistenza di un contratto verbale, non ne ha tratto la conseguenza della nullità per violazione della L. n. 431 del 1998, art. 1, comma 4, di cui ha erroneamente negato l’applicazione, laddove avrebbe dovuto dichiarare la nullità del contratto ed affermare che nulla era dovuto al locatore.

Il motivo è per quanto di ragione fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.

Atteso che la questione è, in questa sede, limitata – per quanto ancora di interesse – alla nullità del secondo contratto di locazione (dal marzo 2012) per difetto di forma (la questione in ordine alla tardività della registrazione non fa più parte della controversia), va osservato che la Corte di merito ha erroneamente interpretato ed applicato la sentenza delle S.U. n. 18214 del 2015, ove si è affermato chef il contratto di locazione ad uso abitativo stipulato senza la forma scritta L. n. 431 del 1998, ex art. 1, comma 4, è affetto da nullità assoluta, rilevabile da entrambe le parti e d’ufficio, attesa la “ratio” pubblicistica del contrasto all’evasione fiscale, con la sola eccezione dell’ipotesi prevista dal successivo art. 13, comma 5, in cui la forma verbale sia stata abusivamente imposta dal locatore, nel qual caso il contratto è affetto da nullità relativa di protezione, denunciabile dal solo conduttore.

Nella richiamata pronuncia le S.U. hanno distinto tra: 1) l’ipotesi in cui il locatore ha preteso l’instaurazione di un rapporto di fatto abusivamente imposto, mediante coazione idonea ad influenzare il processo di formazione della volontà del conduttore, condizionando alla forma verbale l’instaurazione del rapporto di locazione in violazione della L. n. 431 del 1998, art. 1, comma 4); 2) contratto la cui forma verbale sia stata liberamente concordata tra le parti.

Solo nel primo caso il conduttore può chiedere: a) la riconduzione del contratto a condizioni conformi (art. 2, comma 3), e cioè a quanto previsto in relazione ad accordi definiti ai sensi dell’art. 2, comma 3 dalle associazioni locali della proprietà e degli inquilini, ovvero ai sensi dell’art. 5, commi 2 e 3; b) la restituzione dell’eccedenza pagata rispetto al dovuto in base a quanto previsto dai suindicati accordi.

Ergo, il giudice deve (anche d’ufficio): 1) accertare l’esistenza del contratto stipulato verbalmente in violazione dell’art. 1, comma 4; 2) accertare che la forma verbale sia stata “imposta” dal locatore al conduttore; 3) determinare il canone dovuto (ex tunc) alla stregua dei suindicati accordi di categoria.

Per l’ipotesi di contratto a forma verbale liberamente concordata tra locatore e conduttore le S.U. hanno affermato che: 1) trovano applicazione i principi generali in tema di nullità, anzichè la disciplina speciale dedotta dalla L. n. 431 del 1998; 2) il locatore può agire in giudizio per il rilascio dell’immobile occupato senza alcun titolo; 3) il conduttore può ottenere la (parziale) restituzione delle somme versate a titolo di canone in misura eccedente quella del canone concordato. Orbene, nell’impugnata sentenza la Corte di merito ha invero disatteso i suindicati principi. In particolare là dove: 1) ha dato atto che il secondo contratto (marzo 2012) è stato registrato con firma apocrifa della conduttrice (che ha disconosciuto la firma); 2) ha accertato la sussistenza del rapporto di locazione di fatto; 3) ha erroneamente escluso che il contratto verbale sia stato abusivamente imposto dal locatore, il quale ha falsamente sottoscritto il contratto di locazione e l’ha registrato, sulla base del contraddittorio ed illogico rilievo dell’essere stato proprio il locatore, e non già il conduttore, a chiedere la registrazione (e che solo in questa seconda ipotesi si sarebbe potuto parlare di contratto imposto). Orbene tale circostanza semmai conferma e non smentisce la volontà e la condotta dolosa del locatore che ha formato il contratto falso, l’ha firmato apocrifamente e l’ha registrato. La Corte d’Appello ha, quindi, erroneamente applicato la disciplina del contratto verbale di locazione concordato dalle parti (ipotesi B della richiamata sentenza delle S.U.), ed ha erroneamente escluso la ripetizione di quanto pagato in più dal conduttore, facendo riferimento a quanto concordato tra le parti anzichè al canone concordato dalle associazioni di categoria.

Il ricorso va pertanto accolto per quanto di ragione e la sentenza va cassata in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Firenze, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo applicazione del disatteso principio in ordine alla disciplina del contratto in forma verbale abusivamente imposta dal locatore al conduttore (ipotesi A della suindicata sentenza delle S.U.). Il giudice del rinvio provvederà in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte d’Appello di Firenze, in diversa composizione anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 9 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2019

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