Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5792 del 22/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 22/02/2022, (ud. 16/12/2021, dep. 22/02/2022), n.5792

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1271-2021 proposto da:

A.H., elett.te domiciliato presso l’avvocato DORETTA

BRACCI che lo rappres. e difende, con procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, in VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto n. cronol. 785/2020 del TRIBUNALE di PERUGIA,

depositato il 03/12/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/12/2021 dal Consigliere relatore, Dott. CAIAZZO

ROSARIO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

A.H., cittadino del Camerun, ha adito il Tribunale di Perugia impugnando il provvedimento con cui la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua domanda reiterata di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Il Tribunale ha rigettato il ricorso, osservando che: il racconto del ricorrente non era credibile, in quanto generico e stereotipato, non essendo plausibili le giustificazioni fornite dal ricorrente circa il motivo per il quale la militanza politica non fosse stata rappresentata in occasione della prima domanda di protezione; era stato censurato solo in termini generici il giudizio di non credibilità formulato dalla Commissione Territoriale fornendo un racconto vago ed evasivo e non circostanziato per quanto riguardava le attività svolte come membro dell’IPOB e il contenuto ideologico e operativo della stessa organizzazione; la Commissione non aveva rinvenuto alcuna notizia della riferita manifestazione del 15 ottobre 2015 e aveva menzionato le date simbolo dell’indipendenza del Biafra (il 1 ottobre ed il 30 maggio); per quanto riguarda il mandato di arresto depositato “la sua valenza probatoria francamente assai scarsa, restando non comprensibile la ragione per la quale un soggetto ricercato dalla polizia con l’accusa di appartenere ad una organizzazione separatista perseguitata nel proprio paese abbia ritenuto, in prima battuta, di ricondurre l’abbandono del proprio paese ad una vicenda privata, quale una disputa per terreni tra parenti”; “essendo incerto il giudizio di originalità di un documento di provenienza non riscontrabile altrimenti da parte dell’Ufficio, lo stesso non costituisce elemento estrinseco di riscontro della versione dei fatti che vorrebbe avvalorare, prestandosi invece ai medesimi dubbi di non plausibilità”; esclusa la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale maggiore, non sussistevano i requisiti per la protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), sulla base delle COI consultate e menzionate; era da escludere anche la sussistenza dei presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in considerazione della non credibilità del ricorrente e della mancata allegazione di circostanze di particolare vulnerabilità soggettiva e oggettiva.

Avverso il predetto decreto A.H. ricorre in cassazione, con tre motivi. Il Ministero dell’Interno ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

Diritto

RITENUTO

CHE:

Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,7,8, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 3 e 8, per aver il Tribunale valutato la credibilità del ricorrente difformemente dai parametri dettati dalla richiamata normativa. In particolare, il ricorrente si duole che: il Tribunale non abbia considerato la sua ritrosia nel prospettare la sua appartenenza all’IPOB, che nel suo Paese di origine viene considerata come militanza in un gruppo terroristico; le contraddizioni evidenziate dal Tribunale avrebbero dovuto essere accertate e chiarite attraverso i poteri ufficiosi del giudice e nel rispetto del dovere di cooperazione istruttoria, mentre il giudizio di non credibilità si è fondato, nella specie, su un parametro esclusivamente soggettivo di valutazione, riconducibile sostanzialmente a una mera opinione personale del giudice estranea ai criteri di valutazione prevista dalla normativa in vigore.

Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 35-bis, comma 9, e art. 8, comma 3, nonché motivazione apparente, per aver il Tribunale omesso di valutare le prove offerte e di effettuare gli opportuni controlli, nonché di considerare le risultanze degli accertamenti effettuati sul Paese di origine del ricorrente, indicando le fonti dalle quali ha tratto il proprio convincimento.

Il terzo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4, 5, 6, art. 14, lett. a) e b), D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8, 25, artt. 2, 3, 4, 5, 9 Cedu, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1, art. 1, comma 1, art. 20-bis, per non aver il Tribunale analizzato le condizioni di sicurezza, economiche, sociali e politiche del Paese di origine del ricorrente nonché le violazioni dei diritti umani che vi sono perpetrate.

Il ricorso è inammissibile.

Il primo motivo è diretto al riesame dei fatti relativi al giudizio di credibilità, avendo il Tribunale evidenziato la genericità e la vaghezza del racconto del ricorrente in ordine alle su iniziative politiche nel paese d’origine.

Il secondo motivo è inammissibile poiché non coglie la ratio decidendi, avendo il Tribunale pronunciato sulla base delle fonti esaminate.

Il terzo motivo è del pari diretto al riesame dei fatti sui presupposti della protezione sussidiaria, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, sub lett. a) e b), atteso che il Tribunale non ha accolto l’istanza esaminando varie fonti, come detto.

Nulla per le spese, considerato che il Ministero non ha depositato il controricorso.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2022

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