Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5791 del 08/03/2017


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Cassazione civile, sez. III, 08/03/2017, (ud. 14/12/2016, dep.08/03/2017),  n. 5791

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22307-2014 proposto da:

SERVICE BOAT BAIA D’ARGENTO SRL, in persona del suo Amministratore

T.V., considerata domiciliata ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato BERNARDINO PASANISI giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

CARIGE ASSICURAZIONI SPA, in persona del suo Procuratore Dott.

P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE FORNACI 21,

presso lo studio dell’avvocato FABIO ALBERICI, rappresentata e

difesa dall’avvocato LEONARDO ALTOMANO giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

PA.PI.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 342/2014 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI

TARANTO, depositata il 29/08/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/12/2016 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI;

udito l’Avvocato BERNARDINO PASANISI;

udito l’Avvocato FABIO ALBERICI per delega non scritta;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS MARIELLA che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La sentenza della Corte d’Appello di Lecce del 29 agosto 2014 confermava quella del Tribunale di Taranto che aveva condannato la Service Boat Baia d’Argento s.r.l. al risarcimento dei danni subiti da Pa.Pi., in relazione alla rovinosa caduta al suolo di una propria imbarcazione durante operazioni di sollevamento eseguite l’8/7/2007 da personale della predetta società, ed aveva respinto la domanda di manleva azionata dalla società danneggiante nei confronti della Carige Assicurazioni S.p.A..

La Corte d’Appello, investita della questione relativa all’estensione della copertura assicurativa, che, ad avviso dell’appellante, avrebbe dovuto comprendere anche il varo delle imbarcazioni oltre all’alaggio, riteneva che l’uso del termine “alaggi” nel frontespizio di polizza e l’espressa esclusione della copertura per i danni derivanti dal sollevamento di cose, contenuta nella clausola 20 delle Condizioni Generali del contratto di assicurazione, portavano a ritenere che la copertura assicurativa riguardasse la sola operazione di “alaggio”, con esclusione di quella di “varo”, ossia del trasporto in mare dell’imbarcazione.

Avverso detta sentenza la Service Boat Baia d’Argento s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, illustrati da memoria. La Carige resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata per nullità del procedimento ex art. 360, n. 4 in relazione all’art. 112 c.p.c.. La sentenza non avrebbe esaminato nè il motivo con il quale si censurava la pronuncia di primo grado per violazione di norme sull’ermeneutica contrattuale, per aver attribuito al termine “alaggi” un significato restrittivo, con esclusione dell’attività inversa di varo imbarcazioni, nè il motivo con il quale si censurava l’interpretazione con riguardo al frontespizio di polizza relativa ad “attività di porticciolo turistico”, nè l’eccezione di nullità dell’art. 20 delle C.G. incompatibile con la causa del contratto di assicurazione.

Con il secondo motivo censura la sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4 in relazione all’art. 132 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c. e in relazione all’art. 111 Cost..

In sintesi la ricorrente censura la motivazione apparente della sentenza impugnata in merito alle questioni già esaminate nel primo motivo, cioè sulla violazione delle norme sull’ermeneutica contrattuale e sulla vessatorietà della clausola, contenuta nell’art. 20 C.G. che escludeva la copertura per danni a cose sollevate.

Con il terzo motivo denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 c.p.c., n. 5. Il fatto consisterebbe nel contrasto tra l’interpretazione restrittiva del termine “alaggi” e la clausola di cui all’art. 20 delle C.G. che, ove interpretata alla luce del significato restrittivo, avrebbe implicato l’esclusione dalla polizza anche dell’operazione di alaggio, attività che presuppone anch’essa il sollevamento del natante.

Con il quarto motivo di ricorso denuncia la violazione ex art. 360 n. 3 in relazione all’art. 1341 c.c., comma 2, all’art. 1229 c.c., all’art. 1325 c.c., agli artt. 1362, 1363, 1364, 1365, 1366, 1369, 1370 e 1371 c.c..

La sentenza, nel prediligere l’interpretazione letterale, avrebbe violato tutti i canoni di interpretazione del contratto, con particolare riferimento all’interpretazione sistematica e all’interpretazione secondo buona fede, nonchè le norme relative alla vessatorietà della clausola di cui all’art. 20 C.G..

Il ricorso è complessivamente fondato, con particolare riguardo al quarto motivo la cui estensione è tale da consentire a questa Corte di motivare in ordine ad esso, ritenendo assorbiti tutti i precedenti motivi.

In sostanza con il quarto motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato il gravame, premettendo che l’interpretazione del contratto alla luce dei canoni predisposti dal sistema non possa risolversi in una revisione profonda della libertà dei contraenti come tradotta nella lettera negoziale.

Qualora si seguisse l’interpretazione letterale si dovrebbe giungere all’inevitabile conclusione che anche i rischi derivanti dal sollevamento di cose, nel corso delle operazioni di alaggio, erano esclusi dalla garanzia, il che contrasta sia con il contenuto della polizza – che nella descrizione del rischio assicurato faceva riferimento all'”attività di porticciolo turistico” – sia con i canoni dell’interpretazione logico-sistematica, dell’interpretazione secondo buona fede e di quella secondo la causa del contratto. E’, in particolare, del tutto conforme alla causa del contratto di assicurazione ritenere che le parti avessero inteso stipulare una polizza che copriva tutti i rischi relativi alle operazioni riguardanti il sollevamento ed il trasporto natanti e dunque sia quelle afferenti all’alaggio, sia quelle relative al varo: si tratta, infatti, di operazioni del tutto speculari che certamente rientravano entrambe nell’attività di “porticciolo turistico”.

Non si comprende, viceversa, quale potesse essere l’interesse della parte ad assicurare solo una tranche delle attività di porticciolo turistico lasciando fuori la sola operazione di varo.

Il ricorso all’interpretazione puramente letterale delle clausole senza alcuna considerazione dell’interpretazione sistematica e degli altri criteri di interpretazione di cui agli art. 1362 e ss. c.c. non è conforme alla giurisprudenza di questa Corte. Si considerino a titolo esemplificativo Cass., 3 n. 14432/2016 (In materia di interpretazione del contratto, sebbene i criteri ermeneutici di cui all’art. 1362 c.c. siano governati da un principio di gerarchia interna in forza del quale i canoni strettamente interpretativi prevalgono su quelli interpretativo-integrativi, tanto da escluderne la concreta operatività quando l’applicazione dei primi risulti da sola sufficiente a rendere palese la “comune intenzione delle parti stipulanti”, la necessità di ricostruire quest’ultima senza “limitarsi al senso letterale delle parole” ma avendo riguardo al “comportamento complessivo” dei contraenti comporta che il dato testuale del contratto, pur rivestendo un rilievo centrale, non sia necessariamente decisivo ai fini della ricostruzione dell’accordo, giacchè il significato delle dichiarazioni negoziali non è un prius ma l’esito di un processo interpretativo che non può arrestarsi al tenore letterale delle parole, ma deve considerare tutti gli ulteriori elementi, testuali ed extratestuali indicati dal legislatore) e Cass., 3 n. 9380/2016 (A norma dell’art. 1362 c.c. il dato testuale del contratto, pur importante, non può essere ritenuto decisivo ai fini della ricostruzione della volontà delle parti giacchè il significato delle dichiarazioni negoziali può ritenersi acquisito solo al termine del processo interpretativo che non può arrestarsi al tenore letterale delle parole ma deve considerare tutti gli ulteriori elementi indicati dal legislatore anche quando le espressioni appaiano di per sè chiare, atteso che un’espressione “prima facie” chiara può non risultare più tale se collegata ad altre espressioni contenute nella stessa dichiarazione o posta in relazione al comportamento complessivo delle parti; ne consegue che l’interpretazione del contratto, da un punto di vista logico, è un percorso circolare che impone all’interprete, dopo aver compiuto l’esegesi del testo, di ricostruire in base ad essa l’intenzione delle parti e quindi di verificare se quest’ultima sia coerente con le restanti disposizioni del contratto e con la condotta delle parti medesime.

Alla luce di quanto precede l’accoglimento del quarto motivo consente l’assorbimento dei primi tre.

PQM

La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, assorbiti i primi tre, cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Lecce in diversa composizione anche ai fini della liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2017

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