Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5789 del 13/03/2014
Civile Sent. Sez. 3 Num. 5789 Anno 2014
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: TRAVAGLINO GIACOMO
SENTENZA
sul ricorso 8693-2008 proposto da:
MESSAGGERIE
VALTELLINESI
S.R.L.
00867610156,
in
persona dell’Amministratore Unico e legale
rappresentante pro tempore, Sig. ALESSANDRO MEVIO,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CASSIODORO 1/A,
presso lo studio dell’avvocato PARROTTA DOMENICO, che
la rappresenta e difende unitamente agli avvocati
FRANGINI ALFREDO, VOZZA LIA giusta delega in atti;
– ricorrente contro
TRENITALIA S.P.A. 05403151003, in persona del suo
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Data pubblicazione: 13/03/2014
institore
avv.
ANDREA
PARRELLA,
elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA BARNABA ORIANI 32, presso lo
studio dell’avvocato SCIUME’ ALBERTO, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
GENERALI ASSICURAZIONI S.P.A. 00079760328, in persona
Dott. ROBERTO SERENA, elettivamente domiciliata in
ROMA, V.CICERONE 49, presso lo studio dell’avvocato
BERNARDINI SVEVA, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ARMENIO SALVATORE giusta
delega in atti;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 3235/2007 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 04/12/2007 R.G.N. 2435/06 e
2837/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/11/2013 dal Consigliere Dott. GIACOMO
TRAVAGLINO;
udito l’Avvocato LIA VOZZA;
udito l’Avvocato ALFREDO FRANGINI;
udito l’Avvocato CLAUDIO D’ANGELANTONIO per delega;
udito l’Avvocato FABRIZIO DE MARSI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso per
l’inammissibilita’ in subordine il rigetto.
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dei suo Legali rappresentanti Avv. GIULIANO TESSIER e
I FATTI
Intorno alle 21.45 del 3 luglio 1989 un elettrotreno, giunto
all’altezza di un passaggio a livello, entrò in collisione con
un autotreno che, dopo aver tamponato una Fiat 500 ferma in
sosta lungo la strada parallela alla ferrovia, era uscito dalla
Il conducente del camion subì lesioni poi rivelatesi mortali,
come pure lesioni di diverse gravità riportarono Francesco
Vacchelli (macchinista del treno) e Giovanni Aloi (conducente
della Fiat e dipendente delle F.S.).
Gravi danni furono riportati dal materiale ferroviario, fisso e
rotabile.
Vennero così introdotte:
– Una
prima
controversia
giudiziaria,
dalla
s.r.l.
Messaggerie Valtellinesi, proprietaria dell’autotreno, nei
confronti delle Ferrovie dello Stato e della sua compagnia
assicuratrice, Le Generali s.p.s., volta all’affermazione
della corresponsabilità del macchinista del treno (per aver
proceduto a velocità superiore a quella prescritta ratione
temporis et loci),
e della conseguente infondatezza delle
pretese risacritorie formulate in via stragiudiziale dalla
convenuta;
– Una seconda causa, da parte delle Ferrovie dello Stato, nei
confronti delle Messaggerie per il risarcimento dei danni
al treno e alla sede ferroviaria, oltre che per la perdita
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carreggiata, arrestandosi sui binari.
pro tempore
delle prestazioni lavorative dei dipendenti
Vacchelli e Aloi.
Il tribunale adito respinse la domanda delle Messaggerie
Valtellinesi e accolse quella delle F.S., condannando la prima
al pagamento della differenza tra l’importo complessivo del
danno (pari a L. 1.478.206.669) e l’indennizzo ricevuto dalla
assicurazione
della
F.S.
“Le
Generali”
(pari
a
L.
1.304.000.000), e dall’Assitalia, compagnia a assicuratrice
delle Messaggerie (L: 88.552.000), oltre al pagamento della
ulteriore somma di L. 450.719.000 in favore de Le Generali.
Osservò, in particolare, il giudice di primo grado:
– che l’elettrotreno aveva rispettato la velocità consigliata
nel tratto di linea;
– che il suo macchinista aveva attivato tempestivamente la
frenata rapida appena percepita la presenza di un
imprevedibile ostacolo sui binari;
– che la condotta dell’Aloi non poteva dirsi concausa
dell’evento dannoso poiché quest’ultimo aveva parcheggiato
al propria autovettura sul margine destro della strada con
le luci accese in attesa che si aprisse la sbarra del
passaggio a livello, rendendo così ben visibile la Fiat 500
ai conducenti dei veicoli che sopraggiungevano lungo la
statale, ad andamento rettilineo in quel tratto.
Il gravame proposto dalle Messaggerie Valtellinesi fu rigettato
dalla Corte di appello di Milano.
4
.
-
–
La sentenza venne impugnata dalla società appellante con ricorso
per cassazione che venne accolto In parte qua da questa Corte a
cagione di una ritenuta insufficienza nella ricostruzione dei
fatti storici, con riguardo:
– al primo fattore causale
id est,
la presenza
– al secondo fattore causale
il comportamento del
macchinista, in relazione al quale era apparso censurabile
l’ingiustificato diniego di consulenza tecnica opposto dai
giudici di merito onde meglio chiarire la dinamica
dell’incidente;
– alla valenza e rilevanza, nel giudizio, della sentenza
emessa dal tribunale di Sondrio, dichiarativa della
responsabilità di Giovanni Aloi nella misura del 15% in
relazione allo scontro tra l’autotreno e la Fiat 500.
La Corte di appello di Milano, in sede di rinvio, con ampia e
articolata motivazione – fondata sulla condivisibile premessa
secondo cui i principi di diritto affermati da questa Corte, da
applicarsi in astratto, andavano peraltro calati, in sede di
giudizio di rinvio, nella fattispecie concreta, onde verificare
se le risultanze processuali consentissero una esaustiva
ricostruzione del sinistro – rigettò nuovamente l’appello delle
Messaggerie Valtellinesi, con sentenza depositata il 4 dicembre
2007.
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dell’autovettura in sosta;
La pronuncia della Corte territoriale è stata nuovamente
impugnata dalla società con ricorso per cassazione sorretto da 3
motivi di censura.
Resistono con controricorso Trenitalia s.p.a. e Le Generali
Assicurazioni, che propone a sua volta ricorso incidentale.
Il
ricorso principale
è
infondato,
quello
incidentale
inammissibile.
si denuncia
Con il primo motivo,
del
impugnata per violazione
nullità della sentenza
principio dell’efficacia cd.
riflessa del giudicato esterno nei confronti di soggetti terzi
titolari di rapporti giuridici
dipendenti:
in particolare, per
aver escluso, nei confronti di Trenitalia, responsabile ex art.
2049 c.c.
del fatto illecito del proprio dipendente, l’effetto
vincolante del
giudicato formatosi sulla
corresponsabilità del
sig. Aloi nella produzione del primo fattore causale (art. 360,
primo comma
n.
3 c.p.c.
in
relazione agli artt. 2909 e 2049
c.c.).
La censura si conclude con la formulazione dei seguenti quesiti
di diritto, ex art. 366 bis c.p.c. (applicabile alla fattispecie
ratione temporis):
Dica la Corte di cassazione:
– se
la sentenza
Corte di
3235/07 della
oggetto del presente gravame
giudicato
del sig. Aloi nella
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di Milano
nell’escludere che il
sull’accertamento
formatosi
corresponsabilità
appello
della
causazione del
LE RAGIONI DELLA DECISIONE
sinistro stradale in data 3 luglio 1989, contenuto nella
sentenza del tribunale di Sondrio, esplichi effetto
vincolante nel presente giudizio nei confronti di
Trenitalia – si ponga, come sostenuto con il presente
motivo di ricorso, in contrasto con l’art. 2909 c.c. e con
giudicato; e dunque, in contrasto con il principio secondo
cui la sentenza, come affermazione obbiettiva di verità,
produce conseguenze giuridiche anche nel confronti dei
soggetti rimasti estranei al processo in cui è stata emessa
allorquando essi siano titolari di un diritto dipendente
dalla situazione definita in quel processo;
– se la sentenza n. 3235/07 della Corte di appello di Milano
sia incorsa nella violazione e falsa applicazione dell’art.
2909 allorché ha escluso che Trenitalia, responsabile ai
sensi dell’art. 2049 c.c. per il fatto illecito del proprio
dipendente sig. Aloi, sia tenuta comunque all’osservanza di
quanto irrevocabilmente deciso con efficacia di giudicato
formatosi sulla sentenza n. 270/95 del tribunale di
Sondrio, con affermazione della corresponsabilità del sig.
Aloi in percentuale del 15% nella determinazione del primo
fattore causale del sinistro per cui è causa.
Il motivo è privo di pregio.
Per un duplice, concorrente ordine di ragioni.
– Quanto all’invocata efficacia riflessa del giudicato,
osserva il collegio come, in presenza di un rapporto
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il correlativo principio della efficacia cd. “riflessa’ del
giuridico dipendente
(e pur volendo nella
specie
prescindere da una più approfondita indagine in ordine alla
effettiva dipendenza tra le due cause), il giudicato
formatosi tra parti diverse (l’accertamento contenuto nella
sentenza del tribunale di Sondrio, difatti, intervenne
l’Aloi, mai presente nel giudizio oggi sottoposto all’esame
della Corte) non sia idoneo a produrre,
ipso facto,
di estensione automatica dei relativi
dicta,
in via
conseguenze
giuridiche nei confronti di soggetti rimasti estranei ad
esso. Tale
regula iuris
risulta affermata a più riprese
dalla recente giurisprudenza di questa Corte (per tutte,
Cass. n. 19492 del 2007, a mente della quale II principio
secondo cui, qualora due giudizi abbiano riferimento ad uno
stesso rapporto giuridico ed uno dei due sia stato definito
con sentenza passata in giudicato, l’accertamento, così
compiuto, in ordine alla situazione giuridica ovvero alla
soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un
punto fondamentale comune ad entrambe le cause, preclude il
riesame dello stesso punto, non trova applicazione allorché
tra i due giudizi non vi sia identità di parti, essendo
l’efficacia soggettiva del giudicato circoscritta, ai sensi
dell’art. 2909 c.c., ai soggetti posti in condizione di
intervenire nel processo. La sentenza passata in giudicato
può, tuttavia, avere la diversa efficacia riflessa di prova
o di elemento
di
prova documentale
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in ordine all
incontestabilmente tra soggetti diversi, una delle quali,
situazione
giuridica
che
abbia
formato
oggetto
dell’accertamento giudiziale e tale efficacia indiretta può
essere invocata da chiunque vi abbia interesse, spettando,
poi, al giudice di merito di esaminare la sentenza prodotta
a tale scopo e valutarne liberamente il contenuto,
anche in
atti di causa,
e
Cass. n. 7523 del 2007, ove si legge, non
dissimilmente, che
il giudicato
può
spiegare efficacia
riflessa anche nei confronti di soggetti estranei al
rapporto processuale, quando esso contenga un’affermazione
obiettiva di verità che non ammette la possibilità di un
diverso accertamento; tuttavia, tali effetti riflessi,
oltre che dagli ordinari limiti soggettivi, sono impediti
tutte le volte in cui il terzo vanti un proprio diritto
autonomo rispetto al rapporto in ordine al quale il
giudicato interviene, non essendo ammissibile che ne possa
ricevere un pregiudizio giuridico).
A tali principi il collegio intende dare senz’altro
continuità.
– Quanto alla ricostruzione dei fatti
autonomamente operata
dal giudice del rinvio in sede di motivazione anche alla
luce del giudicato esterno invocato dall’odierna
ricorrente, di essa non può che rilevarsi la assoluta
esaustività, logicità, rigorosa coerenza, e la conseguente
incensurabilità sul piano giuridico, tale da sottrarla ipso
facto
a qualsiasi critica legittimamente formulabile in
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relazione agli altri elementi di giudizio rinvenibili negli
sede di giudizio di legittimità – come meglio si avrà modo
di specificare nel corso dell’esame dei motivi che seguono.
Con il secondo motivo,
si denuncia nullità della sentenza per
insufficiente motivazione in ordine alla ricostruzione dei due
fattori causali determinativi del sinistro (art. 360 primo coma
Il fatto controverso e decisivo ai fini del giudizio viene
rappresentato dalla difesa ricorrente, in ossequio al disposto
dell’art. 366 bis c.p.c., come quello relativo
Alla valutazione degli elementi che hanno portato la Corte di
Appello ad escludere ogni forma di corresponsabilità del sig,
Aloi e del sig. Vacchelli, entrambi dipendenti di Trenitalia,
nella rispettiva produzione dei due fattori causali del sinistro
oggetto del giudizio, alla luc e della mancata o inadeguata
valutazione di altri elementi pur acquisiti alla cognizione dei
giudici che dovevano condurre alla diversa conclusione del
riconoscimento di una corresponsabilità del predetti, elementi
costituiti:
– Dal carattere del tutto imprevedibile, anzi vietato, della
sosta della Fiat 500 in quel punto e a quell’ora;
– Dalla scarsa visibilità generale – che i giudici del rinvio
hanno dato pacificamente per buona – in considerazione
delle condizioni di tempo e dell’ora;
– Del modestissimo livello di visibilità delle luci di
posizioni della Fiat 500, in considerazione dell’assenza a
bordo del conducente;
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n. 5 c.p.c.).
- Della possibilità per il sig. Aloi di provvedere ad
effettuare la sosta della Fiat eliminando o riducendo
l’ingombro generato dalla stessa sulla strada statale,
attraverso l’utilizzazione dell’area direttamente
antistante la sbarra del passaggio a livello;
velocità massima consentita nel tratto di linea ferroviaria
in cui il sinistro si è verificato.
Il motivo è infondato.
Esso si infrange, difatti, sul corretto impianto motivazionale
adottato dal giudice d’appello nella parte in cui, esaminando
funditus tutti gli elementi di fatto indicati dalla ricorrente,
con motivazione del tutto rispettosa delle indicazioni fornite
da questa Corte ai fini di un corretto svolgimento del giudizio
di rinvio, ha ritenuto – alla luce della consulenza disposta in
sede penale, del rapporto di Polizia, stradale e ferroviaria,
delle condizioni metereologiche, della condotta dell’Aloi, del
posizionamento e della visibilità della Fiat 500, della velocità
del treno quale risultante dal grafico del tachimetro del
convoglio, della condotta del macchinista, allo stato dei
luoghi, con specifico riferimento all’improprio riferimento
fotografico ad un tratto curvilineo della rete ferroviaria già
ampiamente superata dal convoglio -che entrambi i pretesi
fattori (con)causali si caratterizzassero, in relazione
all’evento di danno,
per una indiscutibile irrilevanza
etiologica, concludendo nel senso che la causa dell’incidente i
11
– Del mancato rispetto da parte del sig. Vacchelli della
non poteva che ricondursi alla responsabilità esclusiva del
conducente dell’autotreno.
Il motivo di censura appare, pertanto, come già detto, destinato
ad infrangersi sulla corretta e puntuale ricostruzione della
vicenda che si legge nella sentenza oggi impugnata, dacché, nel
difetto di motivazione (a sua volta generato dalla pretesa
violazione delle norme poste a presidio del giudizio di rinvio),
si risolvono, nella sostanza, in una (ormai del tutto
inammissibile) richiesta di rivisitazione di fatti e circostanze
come definitivamente accertati in sede di merito. Il ricorrente,
difatti, lungi dal prospettare a questa Corte un vizio della
sentenza rilevante sotto il profilo di cui all’art. 360 n. 5
c.p.c., si volge piuttosto ad invocare una diversa lettura delle
risultanze procedimentali così come accertare e ricostruite
dalla corte territoriale, muovendo all’impugnata sentenza
censure del tutto inaccoglibili, perché la valutazione delle
risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle – fra esse
– ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, postula un
apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice di
merito il quale, nel porre a fondamento del proprio
convincimento e della propria decisione una fonte di prova con
esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione
circostanziale a scapito di altre (pur astrattamente possibili e
logicamente non impredicabili), non incontra altro limite che
quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza
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suo complesso, pur formalmente abbigliato in veste di lamentato
essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola
risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione
difensiva. E’ principio di diritto ormai consolidato quello per
cui l’art. 360 n. 5 del codice di rito non conferisce in alcun
modo e sotto nessun aspetto alla corte di Cassazione il potere
converso, il solo controllo – sotto il profilo logico-formale e
della conformità a diritto – delle valutazioni compiute dal
giudice d’appello, al quale soltanto, va ripetuto, spetta
l’individuazione delle fonti del proprio convincimento valutando
le prove (e la relativa significazione), controllandone la
logica attendibilità e la giuridica concludenza, scegliendo, fra
esse, quelle funzionali alla dimostrazione dei fatti in
discussione (salvo i casi di prove cd. legali, tassativamente
previste dal sottosistema ordinamentale civile). Il ricorrente,
nella specie, pur denunciando, apparentemente, una deficiente
motivazione della sentenza di secondo grado, inammissibilmente
(perché in contrasto con gli stessi limiti morfologici e
funzionali del giudizio di legittimità) sollecita a questa Corte
una nuova valutazione di risultanze di fatto (ormai
cristallizzate
sì come emerse nel corso dei
quoad effectum)
precedenti gradi del procedimento e come correttamente valutate
dal giudice del rinvio, così mostrando di anelare ad una
surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un
nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale
ridiscutere
analiticamente
tanto
13
il
contenuto,
ormai
di riesaminare il merito della causa, consentendo ad essa, di
cristallizzato, di fatti storici e vicende processuali, quanto
l’attendibilità maggiore o minore di questa o di quella
ricostruzione storica, quanto ancora le opzioni espresse dal
giudice di appello – non condivise e per ciò solo censurate al
fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone ai
desiderata -,
quasi che nuove istanze di fungibilità
nella ricostruzione dei fatti di causa fossero ancora
legittimamente proponibili dinanzi al giudice di legittimità.
Con il terzo motivo,
si denuncia
nullità della sentenza
impugnata per violazione dell’art. 384, secondo comma cp.c.
stante la mancata applicazione del decisum della sentenza della
Corte di Cassazione n. 2131/06 in relazione al rigetto
dell’istanza di ammissione di consulenza tecnica di ufficio
diretta alla ricostruzione dei due fattori causali determinanti
il sinistro (art. 360 primo comma n. 4 c.p.c..
A conclusione dell’esposizione del motivo, viene formulato il
seguente quesito di diritto:
Dica la Corte di cassazione se la sentenza della Corte di
appello di Milano oggetto del presente gravame, allorché non ha
ammesso la consulenza tecnica di ufficio diretta ad accertare il
fatto storico oggetto del presente giudizio come fatto illecito
da circolazione ferroviaria connesso a fatto illecito da
circolazione di veicoli, sia incorsa nella violazione dell’art.
384 secondo comma c.p.c. per mancata applicazione del principio
di diritto statuito dalla Corte di cassazione con la sentenza
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propri
2131/06 e, di conseguenza, in
error procedendi
ai sensi
dell’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c.
Il motivo non ha giuridico fondamento.
La motivazione della Corte territoriale risulta, difatti,
totalmente appagante rispetto alle indicazioni conseguenti al
di legittimità, che aveva rinviato il procedimento
(anche) alla luce del rifiuto di CTU opposto nel primo giudizio
di appello alla richiesta della parte nella misura in cui di
tale rifiuto si era rilevata e predicata la non giustificatezza.
Nella sentenza oggi impugnata, il mancato ricorso alla
consulenza di ufficio appare puntualmente ed articolatamente
argomentato, come articolata e puntuale risulta la complessiva
motivazione, che si sofferma a lungo sul carattere esaustivo
delle risultanze processuali per escludere, del tutto
condivisibilmente,
la
necessità
di
qualsiasi
ulteriore
accertamento scientifico, anche alla luce del tempo trascorso.
Del ricorso incidentale della compagnia assicuratrice deve,
infine, essere dichiarata la inammissibilità, atteso che, in
spregio alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, esso
contiene una esposizione dei fatti frutto di mero assemblaggio
di atti processuali preesistenti.
Le spese del giudizio di cassazione possono essere interamente
compensate tra la ricorrente principale e Trenitalia, alla luce
delle contrastate e contrastanti vicende del processo.
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dictum
Nessun provvedimento va adottato in tema di spese con riguardo
all’impugnazione incidentale de Le Generali, attesane la
dichiarata inammissibilità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di
Così deciso in Roma, li 28.11.2013
cassazione tra la ricorrente e la resistente Trenitalia.