Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5788 del 03/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/03/2020, (ud. 11/12/2019, dep. 03/03/2020), n.5788

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26582-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

D.F.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1529/27/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 14/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

ANTONELLA DELL’ORFANO.

Fatto

RILEVATO

Che:

l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, indicata in epigrafe, che aveva accolto l’appello proposto da D.F.L. contro la decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli n. 16922/2016, in rigetto del ricorso proposto avverso avviso di accertamento IRPEF IVA IRAP 2010;

la contribuente è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.1. l’Agenzia ricorrente lamenta con il primo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3, violazione di norme di diritto (L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, L. n. 4 del 1929, art. 24,D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52 e D.P.R. n. 633 del 1973, art. 33), perchè la CTR avrebbe errato nell’affermare che, anche nel caso di verifica “a tavolino” operano, con riguardo ai tributi non armonizzati, le garanzie della L. n. 212 del 2000;

1.2. in particolare, si deduce che sarebbe stata erroneamente affermata dalla CTR, “trattandosi di accertamento che riguarda anche i tributi armonizzati (IVA) ed essendo l’atto unico fondato sugli stessi presupposti, l’illegittimità dell’avviso di accertamento per cui è causa per mancata instaurazione del contraddittorio”;

1.3. con il secondo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, si lamenta violazione di norme di diritto (L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7), perchè la CTR, con riguardo all’IVA, avrebbe parimenti accolto le doglienze della contribuente circa la violazione dell’obbligo di contraddittorio endoprocedimentale sebbene non fossero state indicate le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato;

1.4. le censure, da esaminare congiuntamente, sono fondate atteso che: a) in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’amministrazione finanziaria è tenuta a rispettare, anche nell’ambito delle indagini cd. “a tavolino”, come nel caso in esame, il contraddittorio endoprocedimentale ove l’accertamento attenga a tributi “armonizzati”: la violazione di tale obbligo comporta l’invalidità dell’atto purchè il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa (cfr. Cass. n. 20036/2018); b) non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini Irpef, Irpeg (poi divenuto IRES) ed Irap, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cd. “a tavolino” (cfr. Cass. SU n. 24823/2015); c) in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’amministrazione finanziaria è tenuta a rispettare, anche nell’ambito delle indagini cd. “a tavolino”, il contraddittorio endoprocedimentale ove l’accertamento attenga a tributi “armonizzati”, ma la violazione di tale obbligo comporta l’invalidità dell’atto purchè il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa (cfr. Cass. n. 20036/2018);

1.5. la sentenza impugnata non è conforme a tali principi di diritto poichè, nel caso di specie, la vicenda riguardava accertamenti formali, mediante contestazione di spese poste in detrazione dalla contribuente, senza alcun accesso presso i locali di quest’ultima;

1.6. pertanto, per la parte dell’avviso d’accertamento impugnato che si riferiva a tributi “non armonìzzati” (IRPEF ed IRAP) non vi era alcun obbligo di contraddittorio, non essendo specificamente previsto nella legge istitutiva del tributo indicato, mentre, per la parte relativa all’Iva la CTR ha parimenti disposto l’annullamento dell’atto impositivo dedotto in controversia per difetto di contraddittorio endoprocedimentale, ancorchè mancassero indicazioni circa l’assolvimento, da parte della contribuente, dell’onere di specifica enunciazione delle ragioni che avrebbe potuto far valere in sede di procedimento amministrativo;

2.1. con il terzo motivo di ricorso si lamenta “nullità della sentenza e/o del procedimento” ex art. 360 c.p.c., n. 4, per motivazione apparente da parte della CTR laddove aveva riconosciuto “il diritto alla detrazione di tutti i costi indicati dalla contribuente in dichiarazione (Euro 185.597,00 contestati dall’Ufficio e non solo gli Euro 8.753,00 riconosciuti dalla CTP) ma senza esplicitare le fonti dalle quali…(aveva)… tratto il proprio convincimento”, essendosi limitata ad affermare che la contribuente aveva “esibito e depositato copiosa documentazione a sostegno delle proprie tesi a testimonianza della inerenza di dette spese alla attività dell’impresa…”, senza indicare i riscontri documentali legittimanti la detrazione dei costi;

2.2. la doglianza è parimenti fondata;

2.3. va premesso che la CTR ha espressamente affermato che le parti accolte in primo grado (con riconoscimento della deducibilità di costi pari ad Euro 8.753,00 a fronte di Euro 185.597,00 contestati dall’Ufficio) non erano state fatte oggetto di impugnazione con conseguente formazione del giudicato sul punto e ciò non è stato fatto oggetto di censura da parte dell’odierna ricorrente;

2.4. con riguardo ai rimanenti importi, ribadito che ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (cfr. ex multis Cass. n. 9105/2017), con riguardo alla motivazione resa dalla CTR (dianzi illustrata) la Corte osserva che, nella descritta situazione, l’impugnata sentenza non risulta aver effettuato un’adeguata disamina della realtà fattuale, rendendo, così, impossibile il controllo sulla logicità del ragionamento sviluppato per giungere alla rassegnata decisione;

3. sulla scorta di quanto sin qui illustrato, accolto il ricorso, la sentenza impugnata va, pertanto, cassata e la causa rinviata, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio, alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sesta Sezione, il 11 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2020

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