Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5786 del 13/03/2014
Civile Sent. Sez. 3 Num. 5786 Anno 2014
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: CHIARINI MARIA MARGHERITA
SENTENZA
sul ricorso 7115-2008 proposto da:
PARIGI S.R.L. 02149110807, in persona del suo legale
rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata
ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato VIOLI
GIOVANNI giusta delega in atti;
– ricorrente contro
SALUTARI
MARIA
SLTMRA40P6OH224V,
elettivamente
domiciliata in ROMA, CIRC.NE NOMENTANA 312, presso lo
studio dell’avvocato TABILI BRUNO, rappresentata e
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Data pubblicazione: 13/03/2014
difesa dall’avvocato IATI ANGELO giusta delega in
atti;
– controricorrente
–
avverso la sentenza n. 132/2007 della CORTE D’APPELLO
di REGGIO CALABRIA, depositata il 12/06/2007 R.G.N.
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/10/2013 dal Consigliere Dott. MARIA
MARGHERITA CHIARINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
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612/2005;
Svolgimento del processo
Con sentenza del 24 maggio 2007 la Corte di appello di Reggio
Calabria, premesso: 1) l’ art. 7 del contratto di locazione
intercorso tra la Parigi s.r.l. e Maria Salutari prevedeva
espressamente che il canone di locazione dovesse esser pagato in
autorizzazione di quest’ ultima,
salva l’
espressa con atto scritto, di
provvedervi tramite bonifico bancario
o con altra formalità
concordata; 2) avendo invece la conduttrice sempre pagato a
mezzo bonifico bancario, senza autorizzazione della locatrice,
aveva violato detta clausola; 3) secondo l’ art. 15 del medesimo
contratto “il mancato pagamento anche parziale, del canone, /
secondo i modi e i termini pattuiti..” comportava l’ immediata
risoluzione di diritto del rapporto ai sensi dell’ art. 1956
c.c., non essendo clausola di stile, come preteso dalla
conduttrice, in quanto non riferentesi genericamente a tutte le
violazioni delle obbligazioni contenute in contratto, ma a
condotte dettagliate, incidenti sul sinallagma, 4) la buonafede
della conduttrice era da escludere così come la tolleranza della
locatrice che invece fin dall’ inizio del diverso pagamento a
mezzo bonifico bancario aveva diffidato la conduttrice dal
persistere dall’ inosservanza della precitata clausola n. 7; 5)
la valutazione della scarsa importanza dell’inadempimento della
conduttrice era preclusa perché la locatrice aveva manifestato
la volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa.
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contanti, presso il domicilio della locatrice,
Ricorre per cassazione la s.r.l. Parigi. Si è costituita Maria
Salutari.
Motivi della decisione.
1.- Con il primo motivo la ricorrente deduce: ” Violazione e
falsa applicazione dell’ art. 1455 e 1456 c.c. ex art. 360 n. 3
clausole risolutive espresse nei contratti a prestazioni
corrispettive debbano indicare delle condotte determinate ed
univoche alla cui violazione le parti possano ricollegare la
risoluzione immediata del contratto. Risoluzione di diritto che
non può collegarsi a condotte indeterminate, plurime e
polivalenti; 2) che in presenza di clausola risolutiva espressa
il giudice non si può limitare a constatare che l’ evento
contemplato
si
sia
verificato,
ma
deve
esaminare
il
comportamento dell’ obbligato in relazione al principio della
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buona fede, potendosi dichiarare la risoluzione soltanto ove
sussista almeno la colpa di quest’ ultimo”.
Il ricorso è inammissibile.
Ed infatti, come emerge dalla narrativa, la sentenza ha deciso
conformandosi a
principi costanti di questa Corte
requisito della determinatezza della modalità richiesta ed
accettata per l’ adempimento dell’ obbligo di pagare il canone
ai fini della validità della clausola risolutiva espressa (ex
multis Cass. 1950 del 2009); l’ esclusione della buonafede nel
comportamento
della
conduttrice
che
ha
persistito
nell’inosservanza delle concordate modalità di adempimento
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c.p.c.”, e conclude con i seguenti quesiti di diritto: “Che le
malgrado le diffide della locatrice (Cass. 2553 del 2007) – a
cui la ricorrente, in violazione dell’ art. 366 n. 4 cod. proc.
civ.,
non contrappone nessuna argomentazione idonea ad
inficiarne il fondamento logico giuridico.
Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la
ricorrente a pagare le spese del giudizio di cassazione che
liquida in euro 3.500 di cui euro 3.300 per compensi, oltre
accessori di legge.
Così deciso in Roma il 18 ottobre 2013.
Le spese giudiziali seguono la soccombenza.