Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5784 del 03/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/03/2020, (ud. 11/12/2019, dep. 03/03/2020), n.5784

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26232-2018 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’Avvocato SONIA SPINOZZI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ape legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 123/4/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE dell’ABRUZZO, depositata il 06/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

DELL’ORFANO ANTONELLA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

S.M. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti della sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo, indicata in epigrafe, che aveva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Chieti n. 43/2017, con cui era stato parzialmente accolto il ricorso proposto avverso avviso di accertamento IRPEF IVA IRAP 2011;

l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. è infondato il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, nullità della sentenza per “omessa o apparente…motivazione” circa la “sussistenza o meno dei caratteri di gravità, precisione e concordanza degli indizi motivanti l’atto impugnato” e “posta a base del giudizio di insufficienza della prova offerta dal contribuente al fine di dimostrare la regolarità delle operazioni contestate”, indicate nelle fatture, oggetto di detrazione;

1.2. in tema di processo tributario, a carico della parte appellata vittoriosa in primo grado, non sussiste alcun onere di specifica contestazione dei motivi d’appello, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 57 e 58, essendo il thema probandum già fissato in primo grado, in quanto unico suo onere è quello di riproporre le questioni e le eccezioni non accolte in primo grado, intendendosi altrimenti rinunciate, citato D.Lgs. n. 546 ex art. 56, che ricalca l’art. 346 c.p.c. (cfr. Cass. n. 29368/2017);

1.3. il generico richiamo al contenuto degli scritti difensivi di primo grado non è quindi idoneo a manifestare la volontà della parte di sottoporre nuovamente al giudice del gravame tutte le domande non accolte in primo grado e, quindi, a ritenere assolto l’onere previsto dall’art. 346 c.p.c. di specifica riproposizione in appello di quelle domande, a pena di rinuncia alle stesse (cfr. Cass. nn. 20520/2018, 23925/2010, 15003/2004);

1.4. premesso che il Giudice di prime cure aveva accolto il ricorso del contribuente ritenendo che avesse fornito idonea prova contraria rispetto alle presunzioni dell’Ufficio, mediante produzione di “documentazione attestante l’effettiva corresponsione di compensi come risultanti dai bonifici desumibili dagli estratti conto bancari in atti”, emerge altresì, dall’esame del ricorso in primo grado e della memoria di costituzione in secondo grado, che l’odierno ricorrente non ebbe a riproporre specificamente in appello l’eccezione relativa alla mancanza di elementi, offerti dall’Agenzia delle Entrate, ai fini della dimostrazione della fittizietà delle spese sostenute dal contribuente, essendosi limitato a un generico richiamo alle difese svolte in primo grado (“si riporta a tutti gli scritti difensivi prodotti nel precedente grado di giudizio”);

1.5. con riguardo poi alla dedotta mancanza di motivazione da parte della CTR circa l’insufficienza delle prove fornite dal contribuente la censura va disattesa in quanto, malgrado la sinteticità della decisione gravata di ricorso per cassazione, si scorge dal suo complessivo contenuto la ratio decidendi posta a base della stessa circa la mancanza di idonea valutazione della sentenza di primo grado sul punto, essendosi limitata a “richiamare in modo del tutto generico l’ammontare complessivo recato dai bonifici bancari” e limitandosi “(quanto alla prova) alla presa d’atto dell’esistenza di mezzi di pagamento senza indicazioni specifiche”, senza neppure formulare “valutazioni circa ulteriori elementi da considerare in ambito probatorio”;

1.6. tanto è sufficiente per escludere che la sentenza impugnata possa rientrare nello stigma delle sentenze nulle per omissione della motivazione, motivazione apparente, manifesta e irriducibile contraddittorietà, motivazione perplessa o incomprensibile, alla stregua di quanto affermato da Cass. S.U. n. 8053/2014 e n. 8054/2014;

2.1. con il secondo motivo di ricorso si lamenta violazione di norme di diritto (art. 2697 c.c.) non avendo la CTR rispettato i principi di diritto circa la ripartizione dell’onere della prova tra la parte contribuente e l’Amministrazione finanziaria in tema di indebite detrazioni a fini IVA ed imposte dirette in relazione a fatture per operazioni commerciali ritenute inesistenti;

2.2. la censura è assorbita in ragione di quanto dianzi illustrato in merito alla mancata riproposizione in appello dell’eccezione formulata in primo grado dal ricorrente;

3.1. va disatteso, per difetto di specificità, il terzo motivo, con cui si lamenta vizio motivazionale, relativamente alle prove documentali offerte dal contribuente per confermare l’effettiva esistenza delle operazioni, avendo la CTR unicamente richiamato i bonifici bancari prodotti dal contribuente a prova contraria;

3.2. al riguardo il ricorrente menziona, in ricorso, una serie di documenti dai quali la CTR avrebbe dovuto desumere l’effettiva esistenza delle operazioni contestate senza in alcun modo indicare quando e dove fossero stati prodotti e quale fosse la loro posizione nel fascicolo di parte o di ufficio, e ciò in modo anche difforme dal Protocollo siglato il 17 dicembre 2015 dalla Corte di Cassazione e dal Consiglio Nazionale Forense, a mezzo dei loro presidenti, in merito alle regole redazionali dei motivi di ricorso in materia civile e tributaria, laddove, fermo restando che non si pretende una riproduzione testuale ed integrale del documento o dell’atto rilevante, si afferma, tra l’altro (v. punto 3) che nel testo di ciascun motivo che lo richieda siano indicati il tempo (atto di citazione o ricorso originario, costituzione in giudizio, memorie difensive, ecc.) del deposito dell’atto, del documento, del contratto o dell’accordo collettivo e la fase (primo grado, secondo grado, ecc.) in cui esso è avvenuto;

3.3. per diritto vivente, in base al suindicato principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione (c.d. autosufficienza); – da intendere alla luce del canone generale della strumentalità delle forme processuali – il ricorrente che denunci il difetto o l’erroneità nella valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha, tuttavia, il duplice onere di: 1) indicare nel ricorso specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito (trascrivendone il contenuto essenziale); 2) di fornire al contempo alla Corte elementi sicuri e puntuali per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 (a pena di inammissibilità) e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (a pena di improcedibilità del ricorso), nel rispetto del relativo scopo, che è quello di porre il Giudice di legittimità in condizione di verificare la sussistenza del vizio denunciato senza compiere generali verifiche degli atti e soprattutto sulla base di un ricorso che sia chiaro e sintetico (cfr., per tutte: Cass. SU 11 aprile 2012, n. 5698; Cass. SU 3 novembre 2011, n. 22726; Cass. 14 settembre 2012, n. 15477; Cass. 8 aprile 2013 n. 8569);

4. sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va integralmente rigettato;

5. le spese della presente fase di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio in favore dell’Agenzia controricorrente, liquidandole in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sesta Sezione, il 11 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2020

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