Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5781 del 08/03/2017

Cassazione civile, sez. III, 08/03/2017, (ud. 16/11/2016, dep.08/03/2017),  n. 5781

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27542-2012 proposto da:

P.C. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

D.S.G.M.A. (OMISSIS), considerata domiciliata ex

lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI FERRAU’, giusta

procura speciale notarile;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO ISTRUZIONE

UNIVERSITA’ RICERCA (OMISSIS), MINISTERO ECONOMIA FINANZE

80415740580, in persona dei rispettivi rappresentanti, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende per legge;

– controricorrenti –

nonchè da:

D.G.A., I.A., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA TACITO 90, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE VACCARO,

rappresentati e difesi dall’avvocato TIZIANA FOTI giusta procura

speciale notarile;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO ISTRUZIONE

UNIVERSITA’ RICERCA (OMISSIS), MINISTERO ECONOMIA FINANZE (OMISSIS),

in persona dei rispettivi rappresentanti, elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che li rappresenta e difende per legge;

– controricorrenti –

e contro

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CATANIA, in persona del suo Rettore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE MILIZIE 22, presso lo

studio dell’avvocato IGOR TUSCO, rappresentata e difesa

dall’avvocato VINCENZO REINA giusta procura in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 555/2012 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 23/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/11/2016 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;

udito l’Avvocato SALVATORE VITTORIO;

udito l’Avvocato ALESSANDRO PALERMO anche per delega; udito

l’Avvocato TIZIANA FOTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO ROSARIO GIOVANNI che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso (sent. 11220/15).

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Nel 2001 A.S. ed altri centotre dottori in medicina convennero dinanzi al Tribunale di Catania la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Economia, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Scientifica e l’Università di Catania, esponendo:

-) di avere svolto, dopo la conseguimento della laurea in medicina, il corso per il conseguimento del diploma di specializzazione;

– di non avere percepito per lo svolgimento del suddetto corso nessuna remunerazione;

– che la mancata previsione, da parte della legge statale, del diritto dei medici specializzandi all’erogazione della remunerazione durante la frequentazione del corso di specializzazione costituiva violazione, da parte dello Stato, degli obblighi impostigli dall’ordinamento comunitario, obblighi cui lo Stato italiano aveva dato attuazione solo col D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257. Chiesero, pertanto, la condanna delle amministrazioni convenute al pagamento del suddetto compenso, ovvero in subordine al risarcimento del danno.

Le amministrazioni convenute si costituirono e contestarono la domanda.

2. Il Tribunale di Catania con sentenza 20.9.2004 n. 2987 rigettò le domande. Ritenne che il diritto alla remunerazione non spettasse agli attori, perchè introdotto da una legge successiva all’iscrizione degli attori al corso di specializzazione e non retroattiva; e che il diritto al risarcimento del danno fosse prescritto.

3. La sentenza fu impugnata da alcuni soltanto degli attori, con due distinti atti di appello.

La Corte d’appello di Catania con sentenza 27.3.2012 n. 555 rigettò ambedue gli appelli.

Per quanto è dato a questa Corte desumere dalla non chiara sintassi adottata dalla Corte d’appello, il giudice di secondo gradò fondò la propria decisione di rigetto del gravame sulle seguenti considerazioni:

(A) con riferimento all’appello proposto da D.G.A. e I.A. (pp. 13-16 della sentenza d’appello), la Corte d’appello ritenne che:

(à) la domanda di pagamento della “remunerazione” dovuta ai sensi della L. n. 257 del 1991 era infondata, perchè prima del 1991 gli specializzandi non ne avevano diritto, dal momento che la direttiva CE che introdusse tale diritto non era dettagliata, e quindi non era autoapplicativa;

(a”) la domanda di risarcimento del danno era infondata perchè non vi era prova della sussistenza dei presupposti di essa (frequenza continuativa ed esclusiva del corso di specializzazione); e la mancanza di tale prova rendeva superfluo l’esame del motivo di appello concernente la prescrizione (p. 19 della sentenza);

(B) con riferimento all’appello proposto congiuntamente dai restanti appellanti, la Corte d’appello ritenne che:

(b’) il primo motivo di appello (concernente il contenuto dell’onere della prova del diritto alla retribuzione) era inammissibile, perchè estraneo rispetto alla ratio decidendi del Tribunale, il quale aveva dichiarato il relativo diritto prescritto;

(b”) la domanda di risarcimento del danno era infondata perchè non vi era prova della sussistenza dei presupposti del risarcimento (ovvero la frequenza continuativa ed esclusiva del corso di specializzazione); e la mancanza di tale prova rendeva superfluo l’esame del motivo di appello concernente la prescrizione (p. 19).

4. La sentenza d’appello è stata impugnata con due distinti ricorsi.

Un primo ricorso (da qualificare principale) è stato proposto da A.S. e da altri 47 degli originari attori, ed è fondato su due motivi. Un secondo ricorso (da qualificare incidentale) è stato proposto congiuntamente da I.A. ed D.G.A..

Hanno resistito con un unico controricorso la Presidenza del Consiglio, il Ministero dell’Economia e quello dell’Istruzione; con separato controricorso ha resistito altresì l’Università di Catania.

Hanno depositato memoria 47 dei 48 ricorrenti originari, nonchè D.S.G. (che si è distaccata dal gruppo dei ricorrenti principali, nominando un nuovo difensore).

5. All’udienza del 28.10.2014 il ricorso è stato rinviato a nuovo ruolo, per consentire il rinnovo della notifica del ricorso proposto da I.A. ed D.G.A. alla Presidenza del Consiglio ed ai due ministeri resistenti. Alla successiva udienza del 16.10.2015 la causa venne ulteriormente rinviata, perchè l’ordinanza di rinvio a nuovo ruolo adottata all’esito dell’udienza del 28.10.2014 non era stata regolarmente notificata al difensore di I.A. ed D.G.A..

La causa è stata quindi nuovamente fissata per la discussione all’udienza del 16 novembre 2016, ed ivi trattenuta in decisione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo del ricorso principale.

1.1. Col primo motivo di ricorso A.S. e gli altri 47 ricorrenti principali lamentano che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

I ricorrenti non indicano esattamente la norma che si assume violata; tuttavia prospettano in sostanza la seguente tesi: è vero che le direttive comunitarie sulla remunerazione degli specializzandi (Direttiva 75/363/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative per le attività di medico, come modificata dalla Direttiva 82/76/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1982) non erano dettagliate, e quindi non erano suscettibili di applicazione immediata e diretta nell’ordinamento nazionale; ma poichè il diritto interno va interpretato in senso conforme a quello comunitario, la Corte d’appello avrebbe dovuto interpretare il D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 8 nel senso che la remunerazione prevista dal suddetto decreto fosse dovuta anche agli specializzandi iscritti a corsi di specializzazione iniziati prima del 1991.

1.2. Il motivo è inammissibile, perchè estraneo alla ratio decidendi.

La Corte d’appello di Catania, come accennato, ha rigettato il motivo d’appello col quale A.S. e gli altri odierni ricorrenti principali domandavano il riconoscimento del diritto alla retribuzione per il periodo di frequentazione del corso di specializzazione, sul presupposto che quel diritto il Tribunale l’aveva ritenuto esistente ma prescritto, e che tale statuizione non era stata impugnata.

Tale statuizione non viene attinta dal primo motivo di ricorso, che è pertanto inammissibile.

2. Il secondo motivo del ricorso principale.

2.1. Col secondo motivo di ricorso A.S. e gli altri 47 ricorrenti principali lamentano che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134).

Il motivo, formalmente unitario, contiene in realtà varie censure, così riassumibili:

(a) la Corte d’appello ha ritenuto che gli attori, per ottenere il risarcimento del danno, dovessero dare prova di avere frequentato corsi di specializzazioni caratterizzati da “continuità ed esclusività”: ma prima del 1991 i bandi dei corsi di specializzazione non prevedevano affatto tali requisiti;

(b) la Corte d’appello ha errato nel non considerare che le amministrazioni convenute erano tutte in possesso dei documenti attestanti la frequentazione, da parte degli attori, dei corsi di specializzazione, sicchè non potevano pretenderne la prova da questi.

2.2. Prima di esaminare il motivo nel merito, v’è da rilevare come il suo contenuto non sia affatto coerente con la sua intitolazione.

I ricorrenti infatti, pur prospettando formalmente un “vizio di motivazione”, di cui all’abrogato testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nel presente giudizio applicabile ratione temporis, nella sostanza lamentano la violazione delle regole sull’onere della prova, così prospettando il differente vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Questo errore nell’inquadramento della censura, tuttavia, non è di ostacolo all’esame del secondo motivo di ricorso.

Infatti, nel caso in cui il ricorrente incorra nel c.d. “vizio di sussunzione” (e cioè erri nell’inquadrare l’errore commesso dal giudice di merito in una delle cinque categorie previste dall’art. 360 c.p.c.), il ricorso non può per ciò solo dirsi inammissibile, quando dal complesso della motivazione adottata dal ricorrente sia chiaramente individuabile l’errore di cui si duole, come stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013).

Nel caso di specie, l’illustrazione contenuta nelle pp. 6-8 del ricorso è sufficientemente chiara nel prospettare la violazione, da parte della Corte d’appello, dell’art. 2697 c.c. e D.P.R. n. 445 del 2000, art. 43: e dunque il motivo è ammissibile.

2.3. Nel merito il motivo in esame è fondato, con riferimento alla lamentata violazione dell’art. 2697 c.c.. Gli ulteriori profili di censura restano perciò assorbiti.

La Corte d’appello infatti, chiamata a stabilire se gli appellanti avessero diritto ad essere risarciti del pregiudizio subito in conseguenza della tardiva attuazione, da parte dello Stato italiano, delle Direttive 75/362/CEE e 82/76/CEE, ha negato tale diritto, sul presupposto che gli attori, i quali frequentarono un corso di specializzazione prima dell’attuazione delle direttive suddette, avrebbero dovuto provare che il corso frequentato aveva le caratteristiche richieste dalle norme comunitarie, attuate dopo l’inizio del corso: e quindi che avessero frequentato un solo corso (esclusività), ed a tempo pieno (continuatività).

Così decidendo, tuttavia, la Corte d’appello ha violato vari princìpi ripetutamente affermati da questa Corte.

Il diritto al risarcimento del danno da tardiva attuazione di una direttiva comunitaria (ovvero, come altri preferisce dire, l’obbligazione dello Stato scaturente “ex lege” dalla tardiva attuazione di direttive comunitarie) esige la prova che, se lo Stato avesse tempestivamente dato attuazione alla Direttiva comunitaria, il singolo avrebbe realizzato un lucro, od evitato un esborso.

In materia di remunerazione di medici specializzandi, questi ultimi per ottenere il risarcimento debbono dunque dimostrare che, in caso di tempestiva attuazione della direttiva 75/362/CEE e successive modificazioni, essi avrebbero frequentato un corso di specializzazione che avrebbe dato loro diritto alla remunerazione.

Tuttavia, prima dell’emanazione del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, di (tardiva) attuazione delle direttive 75/362/CEE e 82/76/CEE, le università erano libere di organizzare corsi di specializzazione quomodolibet: e quindi anche non esclusivi, e non a tempo pieno.

Da ciò discendono due conseguenze sul piano dell’onere della prova.

La prima è che dal fatto stesso che un medico abbia, prima del 1991, frequentato e portato a termine un corso di specializzazione, è possibile risalire ex art. 2727 c.c. al fatto ignorato che, se il D.Lgs. n. 257 del 1991 fosse stato già in vigore all’epoca di inizio di quel corso, il medico in questione vi si sarebbe ugualmente iscritto (come già stabilito da questa Corte, con la sentenza pronunciata da Sez. 3, Sentenza n. 1182 del 27/01/2012, Rv. 620494).

La seconda conseguenza è che non può pretendersi dal medico, il quale abbia frequentato corsi di specializzazione iniziati prima del 1991, la prova che il corso frequentato era esclusivo ed a tempo pieno: tali caratteristiche infatti prima del 1991 non erano richieste, e sarebbe iniquo pretendere dallo specialista la prova di avere frequentato corsi aventi caratteristiche non richieste dalla legge all’epoca in cui li svolse, e per di più la cui mancata previsione dipendeva proprio dalla renitenza con cui lo Stato diede attuazione agli obblighi comunitari (come già ritenuto da questa Corte con la sentenza pronunciata da Sez. 3, Sentenza n. 23577 del 11/11/2011, Rv. 620495).

Va da sè che la circostanza che lo specialista abbia frequentato un corso non a tempo pieno, lavorando e percependo una remunerazione durante la frequentazione di esso, potrà incidere sul quantum debeatur, ma tale circostanza – in quanto fatto modificativo della pretesa – deve essere dedotta e provata da chi la invoca, cioè del debitore (Sez. 3, Sentenza n. 1182 del 27/01/2012, Rv. 620494).

2.4. La sentenza va dunque cassata con rinvio alla Corte d’appello di Catania, la quale nel riesaminare l’appello si atterrà al seguente principio di diritto:

“Il medico specialista che, essendosi iscritto ad una scuola di specializzazione prima del 1991 e non avendo percepito alcuna remunerazione durante il corso, domandi il risarcimento del danno da mancata attuazione delle Direttive 75/362/CEE e 82/76/CEE, non è tenuto a provare che il corso frequentato fosse esclusivo ed a tempo pieno, ma deve solo provare di avere frequentato un corso di specializzazione senza essere stato remunerato”.

2.5. V’è ancora da aggiungere che la Corte d’appello di Catania, ritenendo insussistenti i presupposti del diritto al risarcimento del danno da tardiva attuazione delle direttive comunitarie, ha deciso la causa in violazione dell’ordine logico delle questioni imposto dall’art. 276 c.p.c., comma 2, non affrontando il tema della prescrizione.

A tanto provvederà il giudice di rinvio, previa analisi della tempestività e completezza della relativa eccezione, ed attenendosi ai princìpi ormai consolidati in materia nella giurisprudenza di questa Corte, ovvero:

(a) il termine di prescrizione del suddetto diritto è decennale;

(b) esso decorre dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore della L. 19 ottobre 1999, n. 370 (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 6606 del 20/03/2014, Rv. 630184; Sez. 3, Sentenza n. 16104 del 26/06/2013, Rv. 626903; Sez. 3, Sentenza n. 1917 del 09/02/2012, Rv. 621204; Sez. 3, Sentenza n. 23568 del 11/11/2011, Rv. 620295; Sez. 3, Sentenza n. 17868 del 31/08/2011, Rv. 619358; Sez. 3, Sentenza n. 10813 del 17/05/2011, Rv. 617338).

3. Il ricorso incidentale.

3.1. Coi due motivi del proprio ricorso incidentale, che possono essere esaminati congiuntamente, I.A. ed D.G.A. sostengono che la Corte d’appello avrebbe erroneamente preteso da essi la prova di avere frequentato un corso di specializzazione esclusivo ed a tempo pieno.

3.2. Il motivo è fondato, per le medesime ragioni indicate al p. 2.3 che precede.

4. Le spese.

Le spese del presente grado di giudizio saranno liquidate dal giudice del rinvio, il quale terrà conto dell’avvenuta formazione del giudicato interno sul difetto di legittimazione dell’Università di Catania.

PQM

la Corte di cassazione:

(-) accoglie il ricorso principale e quello incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 16 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2017

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