Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5780 del 10/03/2010

Cassazione civile sez. III, 10/03/2010, (ud. 21/01/2010, dep. 10/03/2010), n.5780

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 10011/2009 proposto da:

N.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AREZZO 49,

presso lo studio dell’avvocato CONDOLEO ROCCO BRUNO, rappresentato e

difeso dall’avvocato ZANGARI Lorenzo Mario, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

REGIONE CALABRIA in persona del Presidente della Giunta Regionale –

Legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA G. NICOTERA 29, presso lo Studio CASALINUOVO ed ASSOCIATI,

rappresentata e difesa dall’avvocato BORRUTO Dario, giusta Decreto

Direttoriale di nomina, e giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 81/2008 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA del 21.2.08, depositata il 28/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA VIVALDI;

udito per la controricorrente l’Avvocato Anna M. Bisogni (per delega

avv. Dario Borruto) che si riporta agli scritti.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE che nulla

osserva rispetto alla relazione scritta.

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. – E’ chiesta la cassazione della sentenza emessa dalla Corte di Appello di Reggio Calabria il 21.2.2008 e depositata il 28.2.2 008 in materia di opposizione a decreto ingiuntivo.

Ai ricorsi proposti contro sentenze o provvedimenti pubblicati, una volta entrato in vigore il D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione, si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo 1^.

Secondo l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto ed, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

2. – Il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio e dichiarato inammissibile, se si considera che la formulazione dei motivi per cui è chiesta la cassazione della sentenza non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c..

Il quesito, al quale si chiede che la Corte di cassazione risponda con l’enunciazione di un corrispondente principio di diritto che risolva il caso in esame, infatti, deve essere formulato, sia per il vizio di motivazione, sia per la violazione di norme di diritto, in modo tale da collegare il vizio denunciato alla fattispecie concreta (v. S.U. 11.3.2008 n. 6420 che ha statuito l’inammissibilità – a norma dell’art. 366 bis cod. proc. civ. – del motivo di ricorso per cassazione il cui quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo).

Nella specie, il ricorrente denuncia – con unico motivo – violazione di norma di diritto (art. 2041 c.c.), e vizi di motivazione.

Sotto il profilo della violazione denunciata non formula un quesito di diritto, ma enuncia il principio di diritto che la Corte dovrebbe pronunciare.

Ma i caratteri del quesito sono diversi, concretizzandosi questo nella prospettazione – con riferimento – al caso concreto – delle ragioni di diritto per le quali si ritiene errata la sentenza.

In tal modo il quesito è funzionalizzato, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., all’enunciazione del principio di diritto, da parte della Corte di legittimità, che dia soluzione al caso concreto.

Peraltro, anche a volere considerare che quello enunciato dal ricorrente sia un quesito, difettano, sia il riferimento al caso concreto, sia l’indicazione – racchiuse nello stesso – delle ragioni per le quali la sentenza impugnata sia errata.

Nè questi elementi possono essere dedotti dal motivo, la cui funzione è puramente illustrativa, ma non integrativa del quesito.

Sotto il profilo del vizio di motivazione, poi, pur non essendo necessario, in questo caso, la proposizione di un quesito di diritto, difetta, sia con riferimento alla sua enunciazione, sia con riferimento alla illustrazione del motivo, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

A tal fine deve, infatti, rilevarsi che il requisito concernente il motivo di cui al precedente art. 360 c.p.c., n. 5, deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata; sicchè, non è possibile ritenerlo rispettato allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366 bis c.p.c., che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione è, conseguentemente, inidonea a sorreggere la decisione (Cass. 18.7.2007 n. 16002; Cass. 22.2.2008 n. 4646; Cass. 25.2.2008 n. 4719).

Deve, inoltre, sottolinearsi che le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che, nelle ipotesi di vizio di motivazione, la relativa censura, dopo la riforma, deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze, nè in sede di formulazione del ricorso, nè in sede di valutazione della sua ammissibilità (in tali sensi la relazione al D.Lgs. n. 40)”.

La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti.

Non sono state presentate conclusioni scritte, ma la resistente è stata ascoltata in Camera di consiglio.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.

Conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico del ricorrente.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2010

 

 

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