Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5778 del 12/03/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 5778 Anno 2014
Presidente:
Relatore:

SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 15753/07) proposto da:
VACCA GIOVANNI (C.F. VCC GNN 62C05 C351B), rappresentato e difeso, in forza di
procura a margine del ricorso, dall’Avv. Stefania Bandinelli ed elettivamente domiciliato
presso lo studio dell’avv. Gioacchino Di Palma, in Roma, Via Silvestri , n. 240;
– ricorrente –

contro
MELIS FABRIZIO (C.F. MLS FRZ 65E17 F383X) e MANCA ORIETTA (C.F. MNC RTT
67L57 F383F), rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale a margine del
controricorso (contenente ricorso incidentale), dall’avv. Gian Mario Fattacciu ed
elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv. Lorenzo Giva, in Roma, Via Golametto,
n. 4 (come da relativa comunicazione di modificazione di domicilio in atti);
-contro ricorrenti 1

91/ 4

Data pubblicazione: 12/03/2014

e
MOI PAOLO (C.F. MO1 PLA 47P03 G122F), rappresentato e difeso, in forza di procura
speciale a margine del controricorso, dall’ avv. Raffaele Gallus, ed elettivamente
domiciliato presso lo studio dell’Avv. Basilio Perugini, in Roma, Viale Angelico, n. 301;
– controricorrente –

MGM COSTRUZIONI S.R.L. (ritornata in bonis), in persona del legale rappresentante protempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al controricorso,
dall’Avv. Ignazio Basile e domiciliata “ex lege” presso la Cancelleria della Corte di
cassazione;

– controricorrente –

nonché
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 20525/07) proposto da:
MELIS FABRIZIO (C.F. MLS FRZ 65E17 F383X) e MANCA ORIETTA (C.F. MNC RTT
67L57 F383F), rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale a margine del
controricorso (contenente ricorso incidentale), dall’avv. Gian Mario Fattacciu ed
elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv. Lorenzo Giva, in Roma, Via Golametto,
n. 4 (come da relativa comunicazione di modificazione di domicilio in atti);
– ricorrenti incidentali –

contro
VACCA GIOVANNI (C.F. VCC GNN 62C05 C351B), rappresentato e difeso, in forza di
procura a margine del ricorso, dall’Avv. Stefania Bandinelli ed elettivamente domiciliato
presso lo studio dell’avv. Gioacchino Di Palma, in Roma, Via Silvestri , n. 240;
-ricorrente principale –

e nei confronti di

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e nei confronti di

MOI PAOLO (C.F. MOI PLA 47P03 G122F), rappresentato e difeso, in forza di procura
speciale a margine del controricorso, dall’ avv. Raffaele Gallus, ed elettivamente
domiciliato presso lo studio dell’Avv. Basilio Perugini, in Roma, Viale Angelico, n. 301;
– controricorrente –

e nei confronti di

tempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al controricorso,
dall’Avv. Ignazio Basile e domiciliata “ex lege” presso la Cancelleria della Corte di
cassazione;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Cagliari n. 39/2007, depositata il 9 febbraio
2007 e notificata il 26 marzo 2007.
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 29 gennaio 2014 dal

Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
uditi gli Avv.ti Stefania Scamutzi (per delega) nell’interesse del ricorrente principale,

Lorenzo Giva (per delega) nell’interesse dei due ricorrenti incidentali, Francesco Gallus
(per delega) nell’interesse di Moi Paolo, e Ignazio Basile per la s.r.l. M.G.M. (ritornata “in
bonis”);
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Luigi

Salvato, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale con il conseguente
assorbimento del ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione, notificato il 29 agosto 2000, i sigg. Fabrizio Melis ed Orietta Manca
convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Cagliari, il sig. Giovanni Vacca, esponendo
di aver acquistato da quest’ultimo, il 24 aprile 1996, un appartamento in Monserrato, via
Zuddas 184 e che la comparsa, al suo interno, di vistose tracce di umidità congiuntamente
alla formazione di muffe a causa di una serie di vizi di costruzione, avevano impedito il
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MCM COSTRUZIONI S.R.L. (ritornata in bonis), in persona del legale rappresentante pro-

rilascio del certificato di abitabilità, ragion per cui, a causa dell’inadempimento del
convenuto, avevano subito dei danni, quantificati in £. 11.969.080, oltre quelli per il
danneggiamento di arredi e per gli interventi tecnici effettuati per eliminare le muffe.
Chiedevano, pertanto, la condanna del convenuto a corrispondere loro la somma
necessaria per effettuare i lavori idonei ad eliminare i vizi dall’immobile ed il risarcimento

Il sig. Vacca, costituitosi, eccepiva l’esclusione della garanzia per vizi, in quanto gli attori
erano a conoscenza dello stato dell’immobile al momento della conclusione del contratto,
poiché l’immissione nel possesso era avvenuta nel 1995, mentre il contratto definitivo era
stato stipulato il 24 aprile 1996. Eccepiva, altresì, la decadenza della garanzia per il
mancato rispetto dei termini di cui all’art. 1495 c.c., dal momento che la prima lettera di
denuncia risaliva al 10 gennaio 1997, nonché la decorrenza del termine di prescrizione
dell’azione. In ogni caso, nel merito, contestava la propria responsabilità e chiamava in
causa il Fallimento MGM Costruzioni S.r.l. (quale ditta esecutrice dei lavori) e il sig. Paolo
Moi (nella qualità di direttore dei lavori) .
Il Fallimento MGM rimaneva contumace, mentre si costituiva il sig. Moi, eccependo
preliminarmente l’estinzione del giudizio iscritto al RAC 3855 davanti al Pretore di Cagliari,
avente il medesimo oggetto ed intercorso tra le stesse parti; peraltro, oltre a contestare,
nel merito, la fondatezza dell’azione, eccepiva la nullità dell’atto di chiamata in causa per
violazione degli artt. 163 e 164 n. 4 c.p.c., essendo incerta la domanda nei suoi confronti
ed indefiniti i fatti costitutivi della stessa, nonché l’improponibilità dell’azione per non
essere la garanzia dovuta ai sensi dell’art. 1667 c.c. e, comunque, in virtù dell’art. 2226
c.c., essendo stata l’opera accettata ed i vizi riconosciuti. Deduceva, inoltre,
l’improponibilità dell’azione, per decadenza, in riferimento alla compravendita ex art. 1495
c.c. e 1667 c.c. ed alla prestazione d’opera ex art. 2226 c.c. o comunque in virtù dell’art.

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degli ulteriori danni.

1669 c.c., ed eccependo, in ogni caso, la prescrizione dell’azione per il decorso del
termine.
Il Tribunale di Cagliari, con sentenza n. 2415/2003, dichiarava la prescrizione dell’azione
promossa dagli attori, tenuto conto che il contratto di compravendita era stato stipulato il
24 aprile 1996 e la notificazione della citazione era sopravvenuta il 29 agosto 2000 e che

prescrizione; condannava gli attori, in solido, a rifondere al sig. Vacca le spese del
giudizio; compensava tra il sig. Vacca e il Fallimento MGM le spese del presente giudizio e
condannava il primo a rifondere al sig. Moi le spese del primo grado.
Interposto appello, con atto notificato il 27 novembre 2003, da parte di Fabrizio Melis ed
Orietta Manca, si costituivano in sede di gravame il sig. Vacca, che contestava il
fondamento dell’appello, e il sig. Moi che riproponeva quanto dedotto nel primo grado,
mentre rimaneva contumace il Fallimento MGM Costruzioni S.r.l.
Con sentenza n. 39/2007, depositata il 9 febbraio 2007, la Corte d’Appello di Cagliari,
definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra istanza, eccezione e deduzione,
accoglieva l’appello e, in totale riforma della sentenza impugnata, condannava Giovanni
Vacca al pagamento in favore degli appellanti della somma di euro 7522,16, con interessi,
nonché alla rifusione, in favore degli appellanti, delle spese del doppio grado di giudizio ed
al rimborso, in favore di Paolo Moi, delle spese del secondo grado, dichiarava
inammissibile la domanda formulata dal sig. Vacca contro il Fallimento MGM e rigettava
quella proposta contro Paolo Moi.
A sostegno dell’adottata decisione, la Corte territoriale rilevava che il mancato rilascio
della licenza, relativa all’immobile dedotto in controversia, fosse stato ampiamente provato
dalle parti appellanti, così come riteneva provati anche i motivi dello stesso appello,
richiamando, in particolare, la consulenza di parte del 20 giugno 2000, considerata un
indizio rilevante liberamente valutabile ed, inoltre, un asserito certificato rilasciato
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non erano state fornite prove sulla eventuale interruzione del termine annuale di

dall’Azienda Usi n. 8 di Cagliari con il quale era stata attestata la presenza su tutte le
pareti e i soffitti di umidità e muffe, tali da rappresentare pregiudizio per l’abitabilità.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione Giovanni Vacca, articolato in
cinque motivi.
Melis Fabrizio e Manca Orietta hanno resistito con controricorso, proponendo, altresì,

Paolo Moi ha resistito con un distinto controricorso, mentre il Fallimento MGM Costruzioni
S.r.l., come originariamente evocato nel giudizio di legittimità, non svolgeva attività
difensiva in questa sede.
Senonché, all’udienza pubblica del 23 aprile 2013, constatato che il fallimento della MGM
Costruzioni era stato chiuso e che, quindi, la predetta società era ritornata “in bonis”, il
collegio disponeva la notificazione del ricorso principale e di quello incidentale a
quest’ultima società, la quale — a seguito della tempestiva esecuzione dell’adempimento
disposto – si costituiva in questa sede con controricorso, illustrato da memoria ex art. 378
c. p.c. .

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Rileva il collegio che, innanzitutto, deve essere disposta la riunione dei due proposti
ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c., siccome formulati avverso la stessa sentenza.
2. Ciò posto, con il primo motivo il ricorrente principale ha censurato la sentenza
impugnata per assunta violazione e falsa applicazione degli artt. 163, 183 e 345 c.p.c., per
errata individuazione delle contestazioni di inadempimento processualmente valutabili, il
tutto in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., sul presupposto che, nella fattispecie, la domanda
proposta originariamente dall’attore sarebbe stata quella di risarcimento dei danni per non
aver consentito i vizi del bene immobile il rilascio del certificato di abitabilità e che solo
nella comparsa conclusionale era stato richiesto il risarcimento del danno riconducibile alla
mancata consegna del suddetto certificato.
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ricorso incidentale condizionato riferito ad un solo motivo.

A supporto di tale censura risulta posto, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. (“ratione temporis”
applicabile nella fattispecie, risultando la sentenza impugnata pubblicata il 9 febbraio
2007), il seguente quesito di diritto: “può il giudice del merito, senza violare il principio
dispositivo cui è formato il processo civile e le norme di cui agli artt. 163 e 183 c.p.c.,
regolanti le inderogabili preclusioni e decadenze nelle quali medesimo processo è

memorie conclusionali, come fondamenti costitutivi delle proprie pretese?”.
3. Con il secondo motivo il ricorrente principale ha censurato la sentenza impugnata per
violazione degli artt. 116, 184 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per errato
utilizzo del materiale probatorio, nonché per omessa e comunque insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art.
360 n. 5 c.p.c., per aver omesso di valutare gli elementi di prova offerti dal convenuto e in
tutti i casi per aver omesso ogni motivazione sull’imputabilità del medesimo
inadempimento allo stesso convenuto. In particolare, con questa doglianza, la difesa del
Vacca ha inteso dedurre che la sentenza impugnata traeva fondamento unicamente da
una lettera della competente A.S.L. tardivamente prodotta e da una consulenza di parte,
lamentando l’omessa considerazione di tutti gli altri documenti prodotti. Inoltre, il ricorrente
principale ha prospettato il vizio di carenza di motivazione sul momento della conoscenza
dei vizi da parte degli acquirenti, che erano stati immessi nella detenzione dell’immobile
alienato già un anno prima della vendita.
A sostegno della complessa censura formulata, il Vacca ha indicato — ai sensi del citato
art. 366 bis c.p.c. – i seguenti quesiti di diritto: ” può il giudice consentire alle parti di
provare i fatti di causa attraverso mezzi di prova atipici quando sia nelle possibilità e nella
disponibilità delle stesse l’utilizzo di mezzi di prova tipici? Può il giudice ammettere le parti
alla prova dei fatti di causa con l’utilizzo dei mezzi di prova atipici quando le stesse non
possano provare i medesimi fatti con mezzi di prova tipici per causa a loro imputabile?
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scandito, pronunciarsi su fatti che le parti hanno indicato, solo in occasione delle relative

Può il giudice, nel concorso di prove tipiche ed atipiche aventi ad oggetto lo stessi fatto,
fondare il proprio convincimento utilizzando solo quelle atipiche? Può in ogni caso il
giudice utilizzare ai fini del proprio convincimento una prova atipica prodotta in violazione
delle disposizione di cui all’art. 184 e 345 c.p.c.?”.
4. Con il terzo motivo il ricorrente principale ha dedotto la violazione di legge ex ad. 360 n.

vendita aliud pro alio con inesatta applicazione delle disposizioni di cui all’ad. 1453 c.c. e
non invece, come correttamente operata dal giudice di primo grado, come domanda di
garanzia per vizi, sussumendo, quindi, la relativa fattispecie sotto le disposizioni di cui
all’ad. 1490 c.c., ponendo il seguente quesito di diritto: “nel caso di compravendita di bene
immobile, ad uso abitativo, la sola mancata consegna del certificato di abitabilità,
determina di per sé il riconoscimento della tutela prevista dalla giurisprudenza per i casi di
consegna di <>, ovvero tale tutela è applicabile solo in caso di oggettiva,
concreta e quindi accertata, inidoneità del medesimo bene a svolgere la funzione
economico sociale prevista dalle parti?”.
5. Con il quarto motivo il ricorrente principale ha prospettato la violazione e falsa
applicazione dell’ad. 93 della c.d. legge fallimentare, in relazione all’ad. 360 n. 3 c.p.c.,
nella parte in cui la sentenza impugnata aveva dichiarato inammissibile la domanda
proposta dall’appellato nei confronti del Fallimento MGM, formulando i seguenti quesiti di
diritto: “ove l’azione sia stata promossa nei confronti dell’impresa, prima che venisse
dichiarata fallita, e il relativo procedimento si fosse estinto per inattività delle parti, in caso
di riproposizione della stessa domanda in nuovo giudizio, instaurato dopo la dichiarazione
del fallimento, la relativa domanda è soggetta alla vis attractiva del Tribunale fallimentare?
Opera la vis attractiva di cui all’ad. 24 I. fall. Nell’ipotesi in cui la domanda proposta nei
confronti del fallimento, abbia il proprio fondamento costitutivo in un rapporto contrattuale
stipulato tra le parti, precedentemente alla dichiarazione di fallimento stesso? Devono
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3 c.p.c., per errata qualificazione giuridica della domanda ricondotta a quella di una

rispettarsi necessariamente le forme dell’ammissione allo stato passivo nell’ipotesi in cui il
preteso credito vantato nei confronti del fallimento sia futuro ed incerto in ordine alla
medesima insorgenza dello stesso?”.

6. Con il quinto ed ultimo motivo il ricorrente principale ha censurato la sentenza
impugnata per violazione degli artt. 163, 180 e 350 c.p.c., nella parte in cui aveva rigettato

formulando i seguenti quesiti di diritto: “nell’ipotesi in cui il giudice di primo grado,
accogliendo la domanda principale proposta dal convenuto, facendo applicazione del
principio di assorbimento, abbia omesso di pronunciarsi sulle domande subordinate dal
medesimo proposte nei confronti di terzi chiamati, queste ultime devono essere riproposte
davanti il giudice di secondo grado mediante appello, incidentale, o devono
semplicemente essere riposte secondo le disposizioni di cui all’art. 346 c.p.c.? Nell’ ipotesi
in cui il giudice di primo grado accogliendo la domanda principale proposta dal convenuto,
facendo applicazione del principio di assorbimento, abbia omesso di pronunciarsi sulle
domande subordinate dal medesimo proposte nei confronti di terzi chiamati, il giudice di
secondo grado, nell’esaminare tali domande si trova ad operare nella medesima posizione
che avrebbe assunto quella di prime dure e deve quindi applicare le disposizioni di cui agli
artt. 163 e 164 c.p.c. o 350 c.p.c. invitando le parti ad integrare i loro atti ove rilevi una
nullità sanabile?”.

7. Con l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato la difesa dei sigg. Melis Fabrizio e
Manca Orietta hanno dedotto la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c.,
degli artt. 1218, 1223, 1226 e 2697 c.c. e degli artt. 61 e 97 c.p.c., nonché l’omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., riguardo
all’affermata insussistenza e prova di danno derivante dall’assenza dell’abitabilità. Essi
hanno formulato al riguardo i seguenti quesiti di diritto:

“qualora sussista un

inadempimento del venditore a tal proposito, l’assenza della licenze e/o del requisito
9

la domanda proposta nei confronti del sig. Moi, in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c,

dell’abitabilità di cui all’art. 221 R.D. n. 1265/34 nell’immobile compravenduto per uso di
civile abitazione determina per ciò solo una ridotta commerciabilità dell’immobile, un suo
conseguente minor valor di mercato rispetto al bene provvisto di tale requisito e, di
conseguenza, di un danno risarcibile in re ipsa in capo al compratore la cui sussistenza
non necessita di prova? Nell’ipotesi in cui il danno possa essere valutato solo tramite

tecnica d’ufficio a tal scopo qualora non proceda direttamente a determinare il danno?”.

8. La prima censura dedotta nell’interesse dei ricorrenti principali è priva di pregio.
Al di là della essenziale genericità del quesito di diritto posto a suo fondamento, rileva il
collegio che, nella fattispecie, la Corte territoriale non è incorsa nelle assunte violazioni,
dal momento che l’esatta qualificazione giuridica della domanda può – per giurisprudenza
costante di questa Corte — essere operata dal giudice anche d’ufficio sulla scorta dei fatti
allegati dalle parti e precisati entro l’udienza fissata ai sensi dell’art. 183 c.p.c. (nella
versione “ratione temporis” applicabile nella controversia in esame, ovvero in quella
antecedente alla novella di cui alla legge n. 80 del 2005), ragion per cui — con riferimento
al caso di specie — la Corte sarda, considerando l’originaria deduzione da parte dell’attore
dell’esistenza di vizi i difetti ostativi al rilascio del certificato di abitabilità, aveva
legittimamente ritenuto (proprio in virtù del rituale esercizio del potere poc’anzi richiamato)
che la circostanza fosse di per sé idonea a consentire la qualificazione della formulata
domanda riconducendola alla proposizione di un’azione risarcitoria per avvenuta
consegna di “aliud pro alio”, la cui sussistenza atteneva, in concreto, all’esercizio di un
apprezzamento di fatto rimesso allo stesso giudice del merito. Del resto è risaputo che, in
tema d’interpretazione e qualificazione della domanda, il giudice di merito è tenuto a
valutare il contenuto sostanziale della pretesa, alla luce dei fatti dedotti in giudizio e
a prescindere dalle formule adottate, con la conseguenza che è necessario, a
questo fine, tener conto anche delle domande che risultino implicitamente proposte
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l’ausilio di particolari competenze tecniche deve o meno il giudice disporre consulenza

o necessariamente presupposte, in modo da ricostruire il contenuto e l’ampiezza
della pretesa secondo criteri logici che permettano di rilevare l’effettiva volontà
della parte in relazione alle finalità concretamente perseguite dalla stessa (cfr., tra le
tante, Cass. n. 22665 del 2004; Cass. n. 3012 del 2010 e Cass. n. 19630 del 2011).
9. Anche il secondo motivo (peraltro privo di una idonea ed autonoma esplicazione del

destituito di fondamento e va respinto in base alla considerazione essenziale secondo cui
la selezione degli elementi probatori appartiene alla discrezionalità del giudice del merito
(il quale può valorizzare anche elementi meramente indiziari).
A tal proposito si ricorda che, nell’ordinamento processuale vigente, manca una
norma di chiusura sulla tassatività tipologica dei mezzi di prova, ragion per cui il
giudice può legittimamente porre a base del proprio convincimento anche prove
cosiddette atipiche, purché idonee a fornire elementi di giudizio sufficienti, se ed in
quanto non smentite dal raffronto critico – riservato al giudice di merito e non
censurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato – con le altre risultanze
del processo (cfr., ad es., Cass. n. 12763 del 2000; Cass. n. 4666 del 2003 e, da ultimo,
Cass. n. 5440 del 2010).
Orbene, con riferimento al caso di specie, se è pur vero che — con riguardo ai giudizi
instaurati successivamente al 30 aprile 1995 — non trovava più applicazione il principio
secondo cui l’inosservanza del termine per la produzione di documenti doveva ritenersi
sanata qualora la controparte non avesse sollevato la relativa eccezione fino all’udienza di
discussione dinanzi al collegio, deve, tuttavia, sottolinearsi che il ricorrente principale non
ha dedotto che la questione della tardività della produzione fosse stata sollevata in appello
e, peraltro, a prescindere dal valore indiziario attribuibile alla prodotta consulenza tecnica
di parte, va ritenuto che il certificato dell’A.S.L. costituiva elemento idoneo di prova (e,
come tale, valorizzato dalla Corte sarda), unitamente alla circostanza incontestata del
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momento di sintesi dell’assunto vizio motivazionale ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.) è

mancato rilascio del certificato di abitabilità dell’immobile, a sorreggere la motivazione
della sentenza sul punto, stante l’inconferenza (e, comunque, la non decisività) dei
documenti prodotti dal Vacca attinenti al collaudo statico, alla consegna dell’immobile e
alla dichiarazione di ultimazione delle opere.
10. Anche la terza censura (assistita da un idoneo quesito di diritto) è da valutarsi come

Il collegio rileva, in primo luogo, che, con la doglianza in questione, il ricorrente principale
ha sufficientemente censurato la specifica “ratio decidendi” adottata nella sentenza
impugnata con riferimento alla ravvisata configurazione di una vendita di “aliud pro alio”
ma non ha, altrettanto adeguatamente, attinto (come sarebbe stato necessario per
un’ammissibile formulazione del complessivo motivo: cfr., ad es., Cass. n. 3386 del 2011 e
Cass. n. 22753 del 2011, ord.) la correlata “ratio decidendi” relativa alla ritenuta
insussistenza delle condizioni per il rilascio del certificato di abitabilità, circostanza sulla
quale, invece, la Corte territoriale ha espresso uno specifico ed autonomo apprezzamento
di fatto sufficientemente e logicamente motivato (v., soprattutto, pag. 7 della sentenza
oggetto di ricorso), evidenziando come, in effetti, alla stregua delle produzioni documentali
acquisite e delle conclusioni della relazione del consulente di parte, era rimasto
idoneamente riscontrato che l’immobile, per effetto della rilevante umidità presente e della
estensione delle macchie di muffa, non possedeva i requisiti — dal punto di vista sanitario per l’ottenimento del suddetto certificato.
Ad ogni modo, quanto alla confutazione della ravvisata configurazione, nella fattispecie, di
una vendita relativa alla consegna di un “aliud pro alio”, il collegio ritiene che,
diversamente da quanto dedotto dalla difesa del Vacca, il giudice di appello si è
correttamente conformato alla giurisprudenza assolutamente prevalente di questa Corte
(che si condivide), alla stregua della quale nella vendita di immobile destinato ad
abitazione, il certificato di abitabilità costituisce requisito giuridico essenziale del
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destituita di fondamento e deve, quindi, essere disattesa.

bene compravenduto (la cui consegna, pur non rappresentando di per sé
condizione di validità della compravendita, integra un’obbligazione primaria
incombente sul venditore ai sensi dell’art. 1477 c.c.) poiché vale a incidere
sull’attitudine del bene stesso ad assolvere la sua funzione economico – sociale,
assicurandone il legittimo godimento e la commerciabilità, con la conseguenza che

come nella specie) integra inadempimento del venditore per consegna di “aliud pro
alio”, adducibile da parte del compratore in via di eccezione, ai sensi dell’art. 1460
c.c., o come fonte di pretesa risarcitoria per la ridotta commerciabilità del bene, a
meno che egli non abbia espressamente rinunciato al requisito dell’abitabilità’ o
esonerato comunque il venditore dall’obbligo di ottenere la relativa licenza (cfr.

Cass. n. 1991 del 1987; Cass. n. 8880 del 2000; Cass. n. 2729 del 2002; Cass. n. 1514
del 2006 e Cass. n. 9253 del 2006), salva, ovviamente, la rilevanza in senso contrario del
successivo rilascio di detto certificato (comunque non intervenuto nella fattispecie).
11. Anche il quarto motivo prospettato dal Vacca non è meritevole di accoglimento poiché
— contrariamente a quanto dedotto con tale censura — costituisce principio pacifico che, in
virtù degli artt. 52 e 93 della cd. legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942), i quali
sanciscono l’esclusività del rito speciale di accertamento del passivo (che non pone
un problema di competenza, ma, per l’appunto, di rito: cfr., ad es., Cass. n. 2439 del
2006 e Cass. n. 24847 del 2011) le domande dirette ad ottenere la condanna di un
soggetto fallito (nella specie della s.r.l. M.G.M. Costruzioni) al pagamento di un
credito, ovvero ad un accertamento preordinato all’emissione di una condanna,
anche per vicende e rapporti anteriori alla dichiarazione di fallimento sono
inammissibili, e tanto vale anche nel caso — come quello in esame — in cui il
soggetto fallito sia stato evocato in giudizio a titolo di garanzia, donde la legittimità

della pronuncia di inammissibilità della relativa domanda accessoria (proposta nei
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il suo mancato rilascio (riconducibile a vizi igienico-sanitari dell’immobile stesso,

confronti del fallimento dell’anzidetta società) adottata dalla Corte sarda nella sentenza
impugnata (v., sul punto, anche Cass. n. 27856 del 2008, ord., alla stregua della quale si è
ritenuto che, in caso di dichiarazione di fallimento del terzo chiamato in garanzia,
l’improcedibilità della domanda attiene solo al giudizio promosso contro tale parte,
dovendosi affermare la competenza del tribunale fallimentare esclusivamente in ordine

fallimentare quanto alle domande proposte contro gli altri condebitori e garanti “in bonis”).
12. Anche l’ultima censura formulata nell’interesse del ricorrente principale (relativa
all’assunta illegittimità del rigetto della domanda nei confronti del direttore dei lavori, sul
presupposto dell’improprietà del richiamo, nella sentenza impugnata, all’art. 342 c.p.c., dal
momento che in primo grado era rimasto soccombente ed esso Vacca si sarebbe, quindi,
dovuto ritenere onerato della mera riproposizione in appello della sua domanda) è priva di
fondamento.
Infatti, ancorché nella sentenza impugnata la Corte sarda abbia fatto un improprio
richiamo all’art. 342 c.p.c. (anziché all’art. 346 c.p.c.), occorre sottolineare che il giudice di
appello ha rigettato la domanda nei confronti del Moi (il cui contenuto, peraltro, non risulta
riprodotto con il motivo in esame, in osservanza del principio della sua imprescindibile
specificità in caso di denuncia di vizi processuali) non perché la domanda non era stata
riproposta nella forma dell’appello incidentale, ma in quanto risultante carente della
specificazione dei motivi posti a fondamento della stessa. In tal senso, perciò, il giudice di
appello (pur con la correzione da apportare in ordine all’inconferente richiamo del disposto
di cui all’art. 342 c.p.c.) si è, comunque, attenuta al principio consolidato della
giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. n. 9878 del 2005; Cass. n. 10796 del 2009 e
Cass. n. 23925 del 2010), in virtù del quale la riproposizione delle domande e delle
eccezioni non accolte (od anche ritenute assorbite: v., ad es., Cass. n. 24021 del 2010

e, da ultimo, Cass. n. 19828 del 2013) con la sentenza di primo grado, ancorché libera
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alla domanda di manleva proposta contro il fallimento, mentre va negata l’attrazione al foro

da forme, deve essere, in ogni caso, fatta in modo specifico, non essendo, al
riguardo, sufficiente un generico richiamo alle difese svolte ed alle conclusioni
precisate davanti al primo giudice.

13. In definitiva, alla stregua delle complessive ragioni esposte, deve pervenirsi al rigetto
del ricorso principale a cui si correla logicamente la dichiarazione di assorbimento di quello

conseguente condanna del soccombente ricorrente principale al pagamento delle spese
del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo sulla scorta dei nuovi
parametri previsti per il giudizio di legittimità dal D.M. Giustizia 20 luglio 2012, n. 140
(applicabile nel caso di specie in virtù dell’art. 41 dello stesso D.M.: cfr. Cass., S.U., n.
17405 del 2012) ed in dipendenza della valutazione della natura e dell’entità delle globali
difese attuate in questa fase di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale
condizionato. Condanna i ricorrenti principali, in solido fra loro, al pagamento delle spese
del presente giudizio, in favore di ognuno dei controricorrenti, che liquida, a vantaggio di
Melis Fabrizio e Manca Orietta (costituiti congiuntamente) e di Moi Paolo, in euro 2.700,00,
di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori nella misura e sulle voci come per legge, e a
vantaggio della s.r.l. M.G.M. Costruzioni nell’importo di euro 2.200,00, di cui euro 200,00
per esborsi, oltre accessori nella misura e sulle voci come per legge.

Così deciso nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile in data 29 gennaio 2014.

incidentale condizionato (proposto nell’interesse dei sigg. Melis e Manca), con la

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