Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5778 del 03/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 03/03/2021, (ud. 13/11/2020, dep. 03/03/2021), n.5778

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 22732 del ruolo generale dell’anno 2014

proposto da:

Fallimento (OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante,

rappresentata e difesa dall’Avv. Giuseppe Lai per procura speciale a

margine del ricorso, elettivamente domiciliata in Roma, via Luigi

Luciani, n. 1, presso lo studio dell’Avv. Daniele Manca-Bitti;

– ricorrente principale –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura dello Stato, presso i cui

uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è elettivamente

domiciliata;

– controricorrente incidentale –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Sardegna, n. 51/01/2014, depositata in data 11

febbraio 2014;

udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 13 novembre

2020 dal Consigliere Giancarlo Triscari.

 

Fatto

RILEVATO

che:

dall’esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato a (OMISSIS) s.r.l. due avvisi di accertamento con i quali, sul presupposto del difetto del requisito dell’inerenza di taluni costi contabilizzati, aveva contestato per gli anni 2003 e 2004 un maggiore reddito imponibile ai fini Irpeg e Ires; la società aveva proposto ricorso che era stato rigettato dalla Commissione tributaria provinciale di Cagliari; avverso la pronuncia del giudice di primo grado la società aveva proposto appello;

la Commissione tributaria regionale della Sardegna ha parzialmente accolto l’appello, in particolare ha ritenuto che: non era fondato il motivo di appello relativo alla insufficiente e carente motivazione della sentenza di primo grado in ordine alla questione della illegittimità ed infondatezza dell’atto impositivo; relativamente alla pretesa impositiva per l’anno di imposta 2003, era infondata la questione relativa alla illegittima acquisizione degli elementi di prova; sulla base della documentazione prodotta, doveva essere ritenuto non deducibile il costo relativo alla consulenza della Spes s.r.l., in quanto oggettivamente inesistente, nonchè quello relativo alla prestazione effettuata da Rosa Del Marganai Resort s.p.a., in quanto priva del requisito dell’inerenza, perchè eseguita a favore di altra società, e quello, infine, relativo alle spese di rappresentanza, perchè dedotte secondo un criterio difforme da quello di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 74; era illegittima la ripresa relativa alla deduzione del costo per il canone di locazione corrisposto per l’immobile, poichè lo stesso, sebbene non adibito a sede sociale, era stato comunque messo a disposizione della medesima per attività sociali; relativamente alla pretesa impositiva per l’anno di imposta 2004, la stessa non era legittima poichè l’attività di verifica era stata eseguita da funzionari della Direzione Regionale delle entrate, in violazione del D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 62;

il Fallimento (OMISSIS) s.p.a. ha quindi proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a due motivi di censura, illustrato con successiva memoria, cui ha resistito l’Agenzia delle entrate depositando controricorso, contenente ricorso incidentale; cui la contribuente ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Sui motivi di ricorso principale.

con il primo motivo di ricorso principale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione della L. n. 358 del 1991, art. 7, (come modificato dal D.P.R. n. 107 del 2001, art. 23), e dell’art. 14 Cost., comma 2, nonchè ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per violazione e falsa applicazione dell’art. 116, c.p.c., per contraddittorietà ed illogicità della motivazione;

in particolare, parte ricorrente deduce che erroneamente la sentenza censurata ha ritenuto che l’avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2003 non fosse basato su prove illegittimamente acquisite posto che, invece, gli elementi di fatto presi a base del suddetto atto impositivo derivavano da una attività di verifica compiuta, in modo illegittimo, da funzionari della Direzione Regionale e le cui risultanze istruttorie erano state riportate nel processo verbale di constatazione posto a base dell’accertamento relativo al 2004, ma i cui contenuti erano stati ripresi anche dall’accertamento relativo al 2003;

il motivo è infondato;

la questione di fondo attiene alla legittimità o meno dell’attività di verifica compiuta dai funzionari della Direzione regionale le cui risultanze sono state richiamate anche relativamente alla ripresa relativa all’anno 2003;

va osservato, in primo luogo, che è lo stesso ricorrente (vd. pag. 11, ricorso, rigo 12-13) che evidenzia che la questione della illegittima acquisizione degli elementi di prova e della conseguente inutilizzabilità delle risultanze istruttorie derivanti dal processo verbale di constatazione dovrebbe avere riguardo unicamente alla ripresa a tassazione di cui alla questione della indeducibilità delle spese relative alla fattura emessa dalla società Spes s.r.l., poichè solo con riferimento a questa, come si evince peraltro dall’avviso di accertamento riprodotto a pag. 9 del ricorso, si pone la questione del richiamo al controllo fiscale effettuato dai funzionari della Direzione regionale;

in secondo luogo, va comunque precisato che, secondo il costante orientamento di questa Corte, ribadito con numerose pronunce (Cass. civ., 3 ottobre 2014, n. 20915; Cass. civ., 27 novembre 2015, n. 24263; Cass. civ., 19 gennaio 2016, n. 848; Cass. civ., 14 ottobre 2016, n. 20856; Cass. civ., 21 dicembre 2018, n. 33289; Cass. civ., 8 ottobre 2020, n. 21694), il D.Lgs. n. 300 del 1999, in sede di istituzione delle Agenzie fiscali, ha espressamente attribuito un potere di autoregolamentazione all’Agenzia delle entrate;

l’art. 57, comma 1, in particolare, ha previsto che “alle agenzie fiscali sono trasferiti i relativi rapporti giuridici, poteri e competenze che vengono esercitate secondo la disciplina dell’organizzazione interna di ciascuna agenzia”;

l’art. 61, comma 2, ha poi aggiunto che “in conformità con le disposizioni del presente decreto legislativo e dei rispettivi statuti, le agenzie fiscali hanno autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria”, indicazione poi ripresa dal successivo art. 66, il cui comma 1 ha previsto che “Le agenzie fiscali sono regolate dal presente decreto legislativo, nonchè dai rispettivi statuti deliberati da ciascun comitato di gestione”, il comma 2 ha aggiunto che “gli statuti… recano principi generali in ordine all’organizzazione e al funzionamento dell’Agenzia” e, al comma 3, che “l’articolazione degli Uffici a livello centrale e periferico, è stabilita con disposizioni interne che si conformano alle esigenze della conduzione aziendale”;

in base a tale quadro normativo, quindi, il Regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle entrate – riprodotto dal controricorrente – ha previsto, all’art. 2, che l’Agenzia delle entrate “si articola in uffici centrali e regionali, con funzioni prevalenti di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo, e in uffici periferici, con funzioni operative”, evidenziandosi, in tal modo, che le funzioni non operative delle Direzioni regionali sono “prevalenti” ma non “esclusive”, mentre tale esclusività vale senz’altro per gli uffici periferici, il cui ambito funzionale è più circoscritto; le Direzioni Regionali “…esercitano, nell’ambito della rispettiva regione o provincia, funzioni di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo nei confronti degli uffici, curano i rapporti con gli enti pubblici locali e svolgono attività operative di particolare rilevanza nei settori della gestione dei tributi, dell’accertamento e del contenzioso.”;

nel successivo art. 4, comma 3, è previsto che le Direzioni regionali “svolgono attività operative di particolare rilevanza nei settori della gestione dei tributi, dell’accertamento, della riscossione e del contenzioso, e in specie, a decorrere dal 1 gennaio 1999, quelle di cui al D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 27, commi 9, 11, 12 e 14”, chiarisce che quest’ultima normativa costituisce una ipotesi particolare di attività di indagine delle Direzioni regionali non esclusivo, dovendosi ritenere che già prima tale attività fosse normalmente svolta;

in tal senso, si è espressa questa Corte laddove ha precisato che in tema di accertamenti tributari, il predetto art. 27 non ha attribuito alle Direzioni regionali delle entrate una competenza in materia di accertamento fiscale prima inesistente, ma ha inteso fondare su una norma di fonte primaria il riparto delle competenze relative all’attività di verifica fiscale, istituendo una riserva esclusiva di competenza, in relazione alla rilevanza economico fiscale del soggetto accertato, a favore della Direzione regionale, già titolare, per disposizione regolamentare, della competenza a svolgere attività istruttoria, utilizzabile dalle Direzioni provinciali ai fini della emissione degli atti impositivi (da ultimo, Cass. civ., 2 novembre 2020, n. 24224);

ed è in base alla previsione di cui al D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 66, comma 3, che, con provvedimento 23 febbraio 2001, n. 36122 (pubblicato nella G.U., serie generale n. 151 del 2 luglio 2001, parimenti richiamato dall’Agenzia in controricorso) il Direttore dell’Agenzia delle entrate ha stabilito esplicitamente la competenza anche delle Direzioni regionali all’attività di verifica, in particolare che le Direzioni regionali “esercitano funzioni di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo nei confronti degli uffici, curano i rapporti con gli enti pubblici lovali e svolgono attività operative di particolare rilevanza nei settori della gestione dei tributi, dell’accertamento e del contenzioso”;

non sussiste, peraltro, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, un contrasto con l’art. 14 Cost., sotto il profilo della necessità che solo un atto normativo primario possa disciplinare l’attività di accertamento e di ispezione ai fini fiscali, posto che, come visto, la ripartizione delle competenze degli organi operata dal Direttore dell’Agenzia delle entrate costituisce diretta attuazione dei poteri conferiti dal D.Lgs. n. 300 del 1999;

ne deriva, inoltre, che l’espressa abrogazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62-sexies – da ritenersi necessaria in ragione dell’originaria collocazione delle Direzioni regionali nel Ministero delle Finanze – non può in alcun modo avere amputato i poteri delle Direzioni regionali regolati dal Direttore dell’Agenzia delle entrate, risultando i poteri di accesso, ispezione e verifica già ex lege in capo all’Agenzia delle entrate nel suo complesso e già attribuiti in via generale dal D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 52 e 33 e dal D.P.R. n. 600 del 1973 e dalla medesima esercitati secondo la disciplina adottata nell’ambito dei poteri di autorganizzazione;

ne consegue, quindi, la legittimità dell’attività d’indagine su cui si è fondato l’avviso di accertamento relativo all’anno 2003, con conseguente infondatezza del presente motivo di ricorso;

infine, inammissibile è il profilo di censura relativo alla violazione dell’art. 116 c.p.c., che postula la violazione delle regole in materia di valutazione delle prove, nonchè il profilo di censura per contraddittorietà della motivazione, sia perchè si tratta di un vizio priva previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), ma ora non più conforme al nuovo paradigma del vizio motivazionale secondo la formulazione introdotta con le modifiche del 2012;

inoltre, anche sotto il profilo della illogicità della decisione il motivo di censura non può trovare accoglimento, posto che l’argomento di fondo, su cui si è basata la sentenza censurata, ha riguardato la ritenuta diversità tra l’accertamento relativo all’anno 2003 e quello relativo all’anno 2004, essendosi, secondo il giudice del gravame, il primo basato su autonome analisi e verifiche, in tal modo evidenziandosi, sul piano logico, che il presupposto del suddetto accertamento è stato una attività istruttoria autonomamente eseguita, con conseguente non influenza della questione della illegittima acquisizione degli elementi di prova, ritenuta, invece, rilevante per il successivo accertamento relativo all’anno 2004;

con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per “motivazione insufficiente – violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, dell’art. 118 disp. Att., c.p.c., dell’art. 111 Cost., comma 6, per non avere argomentato sulle ragioni per le quali le “corpose e circostanziate argomentazioni offerte dalla (OMISSIS) s.p.a.” costituivano argomentazioni deboli e prive di fondamento, nonchè per non avere pronunciato sulle ragioni della legittimità della ripresa specificando gli elementi di fatto considerati e le ragioni del convincimento;

il motivo è infondato;

relativamente alla questione della indeducibilità dei costi relativi all’anno 2003, il giudice del gravame ha precisato che, sulla base della documentazione in atti, nonchè delle ragioni di contestazione poste a base dell’avviso di accertamento, i costi dovevano essere ritenuti indeducibili per difetto del requisito dell’inerenza, in quanto la consulenza della Spes s.r.l. doveva essere considerata oggettivamente inesistente e la prestazione resa da Rosa Del Marganai Resort s.p.a. risultava resa ad altra società;

si tratta, invero, di una motivazione succinta ma relativamente alla quale non può essere ritenuto insussistente il ragionamento logico giuridico sul quale fondare la considerazione della apparenza della motivazione, come invece postulato dalla ricorrente;

d’altro lato, parte ricorrente si limita a contestare la mancata considerazione delle proprie argomentazioni difensive, senza tuttavia specificare quale fosse il contenuto delle medesime e in che misura avrebbero potuto contrastare la considerazione espressa dal giudice del gravame;

sui motivi di ricorso incidentale.

Con il primo motivo di ricorso incidentale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), per violazione del D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 57, comma 1, art. 61, comma 2, art. 66, commi 2 e 3, art. 71, comma 3, nonchè dell’art. 2, comma 2, dell’art. 4, comma 3, e 5, Regolamento di organizzazione dell’Agenzia, per avere erroneamente ritenuta illegittima la ripresa relativa all’anno 2004 in quanto l’attività di verifica era stata compiuta dalla Direzione regionale;

il motivo è fondato;

valgono, ai fini dell’accoglimento del presente motivo, le considerazioni espresse in sede di esame del primo motivo di ricorso principale, restando altresi destituita di fondamento l’eccepita inammissibilità da parte della ricorrente, in particolare la considerazione conclusiva secondo cui il D.Lgs. n. 300 del 1999, nonchè la successiva normativa secondaria devono essere interpretate nel senso della continuità, in favore delle Direzioni regionali, della competenza ad esercitare i poteri di accesso, ispezione e verifica, già esercitati in ragione dell’originaria collocazione delle Direzioni regionali nel Ministero delle Finanze, ex lege attribuiti in capo all’Agenzia delle entrate nel suo complesso in via generale dal D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 52 e 33, dal D.P.R. n. 600 del 1973 e dalla medesima esercitati secondo la disciplina adottata nell’ambito dei poteri di autorganizzazione;

sicchè, la pronuncia censurata, essendo in contrasto con i principi indicati, è viziata da violazione di legge;

con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione dell’art. 75 TUIR, per avere ritenuto deducibile il costo per canoni di locazione di un immobile che, seppure all’epoca non adibito a sede sociale, era comunque a disposizione della società per attività sociali, nonostante il fatto che, invece, la spesa riguardasse un immobile in nessun modo utilizzato, per l’anno oggetto di verifica, per l’attività produttiva della società;

il motivo è infondato;

la questione prospettata, relativa alla non utilizzazione dell’immobile, per l’anno in contestazione, per l’attività produttiva della società si scontra con l’accertamento in fatto compiuto dal giudice del gravame che, sul punto, ha ritenuto che, pur non essendo stato l’immobile adibito a sede sociale, lo stesso era comunque a disposizione della medesima per le attività sociali;

con il presente motivo di ricorso, invero, non si censura la sentenza in ordine alla non riconducibilità dell’utilizzazione dell’immobile, come accertata dal giudice del gravame, alla attività della società, dunque la strumentalità richiesta dall’art. 109 TUIR, ma si pone una questione di accertamento di merito, non sindacabile con il motivo di censura in esame, in ordine al mancato utilizzo del bene in modo differente da quanto accertato dal giudice del gravame;

in conclusione, sono infondati i motivi di ricorso principale, è fondato il primo motivo di ricorso incidentale, infondato il secondo, con conseguente rigetto del ricorso principale e accoglimento di quello incidentale limitatamente al primo motivo, con conseguente cassazione della sentenza per il motivo accolto e rinvio alla Commissione tributaria regionale per il motivo accolto, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio;

dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso principale, accoglie il primo motivo di ricorso incidentale, infondato il secondo, cassa la sentenza impugnata per il motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sardegna, in diversa composizione; anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2021

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