Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5777 del 08/03/2017

Cassazione civile, sez. III, 08/03/2017, (ud. 20/09/2016, dep.08/03/2017),  n. 5777

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18968-2014 proposto da:

Z.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POSTUMIA,

1, presso lo studio dell’avvocato BRUNO ROSARIO ANTONIO GENTILE,

rappresentata e difesa dall’avvocato SAVINO DI TRANI giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

GENERALI ITALIA SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 585/2014 del TRIBUNALE SEDE DISTACCATA DI

ANDRIA, depositata il 28/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/09/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito l’Avvocato DANILO QUAGLINI per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO ALBERTO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 16/7/2014 il Tribunale di Trani ha respinto il gravame interposto dalla sig. Z.M. in relazione alla pronunzia G. di P. Andria n. 522/2011, di rigetto della domanda proposta nei confronti della sig. V.R., proprietaria dell’autovettura Lancia Y tg. (OMISSIS), e della società Ina-Assitalia s.p.a. (poi Generali Italia s.p.a.), di risarcimento dei danni lamentati all’esito del sinistro avvenuto il (OMISSIS), alle ore 15.00, in (OMISSIS), allorquando “mentre si accingeva ad attraversare la strada sulle strisce pedonali era stata attinta al suo braccio destro dalla vettura di proprietà della convenuta, che stava eseguendo una manovra di retromarcia finalizzata ad uscire dall’area di parcheggio”.

Avverso la suindicata pronunzia della giudice dell’appello la Z. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, illustrati da memoria.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo la ricorrente denunzia “violazione e falsa applicazione” dell’art. 2697 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” dell’art. 2054 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il ricorso è inammissibile.

Va anzitutto osservato che il ricorso risulta formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che la ricorrente fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (es., all'”atto di citazione”, alle dichiarazioni testimoniali, all’ “atto di appello”, alla CTU) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione, dovendo il ricorrente viceversa porre la Corte di legittimità in grado di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali ritiene di censurare la pronunzia impugnata (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

Senza sottacersi, con particolare riferimento al 1^ motivo, che la ricorrente in realtà inammissibilmente deduce la violazione del riparto degli oneri probatori posto all’art. 2697 c.c., obliterando la distinzione posta da questa Corte secondo cui gli artt. 115 e 116 c.p.c. disciplinano la valutazione dei risultati ottenuti mediante l’esperimento dei mezzi di prova, la cui erroneità ridonda quale vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità; mentre le norme (art. 2697 ss.) poste dal Libro 6^, Titolo 2^ del Codice civile regolano: a) l’onere della prova; b) l’astratta idoneità di ciascuno dei mezzi in esse presi in considerazione all’assolvimento di tale onere in relazione a specifiche esigenze; c) la forma che ciascuno di essi deve assumere (v. Cass., n. 24755 del 2007; Cass., 20/6/2006, n. 14267; Cass., 12/2/2004, n. 2707).

Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni della ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera rispettiva doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932)

Per tale via, infatti, come si è sopra osservato, lungi dal censurare la sentenza per uno dei tassativi motivi indicati nell’art. 360 c.p.c., in realtà sollecita, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Non è a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore degli intimati, non avendo i medesimi svolto attività difensiva.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2017

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