Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5776 del 08/03/2017


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Cassazione civile, sez. III, 08/03/2017, (ud. 20/09/2016, dep.08/03/2017),  n. 5776

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO ANGELO – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO GIACOMO – Consigliere –

Dott. SCARANO LUIGI ALESSANDRO – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI ENZO – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA ANTONELLA – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18831-2014 proposto da:

D.D.M., elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZA ORAZIO

MARUCCHI 5, presso lo studio dell’avvocato CIRO FIORE, che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

D.F.A.;

e contro

SARA ASSICURAZIONI SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE

ZEBIO, 28, presso lo studio dell’avvocato ROSARIO LIVIO ALESSI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GAETANO ALESSI

giusta procura speciale del Dott. Notaio C.R. in

(OMISSIS) il (OMISSIS), rep. n. (OMISSIS);

– resistente con procura speciale –

avverso la sentenza n. 608/2013 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 11/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/09/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito l’Avvocato CIRO FIORE;

udito l’Avvocato LIVIO ALESSI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO ALBERTO che ha concluso per l’accoglimento del 1 motivo del

ricorso, rigetto del 2.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza dell’11/6/2013 la Corte d’Appello di L’Aquila ha respinto il gravame interposto dal sig. D.D.M. in relazione alla pronunzia Trib. Teramo n. 515/2006, di parziale accoglimento della domanda proposta nei confronti del sig. D.F.A. di risarcimento dei danni subiti in conseguenza di sinistro stradale avvenuto il (OMISSIS) lungo la (OMISSIS) all’altezza del (OMISSIS) tra l’Ape Piaggio 50 tg (OMISSIS), condotta dal primo e di proprietà del padre A., e la Seat Cordoba tg. (OMISSIS) condotta dal D.F., ascritto alla concorrente responsabilità dei due conducenti, nella misura rispettivamente del 30% e del 70%.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il D.D. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi, illustrati da memoria.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo il ricorrente denunzia “violazione e falsa applicazione” degli artt. 1209 e 1306 c.c., art. 324 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” dell’art. 2697 c.c. e art. 164 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il ricorso è inammissibile.

Va anzitutto osservato che il ricorso risulta formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che il ricorrente fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (es., all'”atto introduttivo della lite”, all'”atto di appello”) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione, dovendo il ricorrente viceversa porre la Corte di legittimità in grado di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali ritiene di censurare la pronunzia impugnata (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

Con riferimento al 1 motivo, quanto all’eccezione di giudicato esterno asseritamente formatosi sull’evocata sentenza G. di P. Montorio 21/6/2004 di cui al 2 motivo, va posto ulteriormente in rilievo che il ricorrente non ha invero osservato il principio ripetutamente affermato da questa Corte secondo cui il giudicato esterno (che è rilevabile d’ufficio) può far stato nel processo solamente laddove vi sia certezza in ordine alla relativa formazione, incombendo pertanto a colui il quale ne invochi l’autorità (v. Cass., 19/9/2013, n. 21469; Cass., 24/11/2008, n. 27881; Cass., Sez. Un., 16/6/2006, n. 13916) fornire la relativa prova, mediante la produzione della sentenza munita dell’attestazione di cancelleria ex art. 124 disp. att. c.p.c. in ordine all’intervenuto relativo passaggio in giudicato (v. Cass., 8/5/2009, n. 10623; Cass., 24/11/2008, n. 27881; Cass., 3/11/2006, n. 23567. Da ultimo v., Cass., 19/9/2013, n. 21469, ove si è esclusa la sufficienza del deposito della sola certificazione di cancelleria attestante il passaggio in giudicato della sentenza, in quanto inidonea a dare certezza in ordine al contenuto del provvedimento; Cass., 3/4/2014, n. 7768; Cass., 14/7/2015, n. 14646; Cass., Sez. Un., 14/3/2016, n. 4909).

Nè può sottacersi, con particolare riferimento al 2 motivo, che il ricorrente in realtà inammissibilmente deduce la violazione del riparto degli oneri probatori posto all’art. 2697 c.c., obliterando la distinzione posta da questa Corte secondo cui gli artt. 115 e 116 c.p.c. disciplinano la valutazione dei risultati ottenuti mediante l’esperimento dei mezzi di prova, la cui erroneità ridonda quale vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità; mentre le norme (art. 2697 ss.) poste dal Libro 6^, Titolo 2^ del Codice civile regolano: a) l’onere della prova; b) l’astratta idoneità di ciascuno dei mezzi in esse presi in considerazione all’assolvimento di tale onere in relazione a specifiche esigenze; c) la forma che ciascuno di essi deve assumere (v. Cass., n. 24755 del 2007; Cass., 20/6/2006, n. 14267; Cass., 12/2/2004, n. 2707).

Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni del ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera rispettiva doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via, infatti, come sì è sopra osservato, lungi dal censurare la sentenza per uno dei tassativi motivi indicati nell’art. 360 c.p.c., in realtà sollecita, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Non è a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore degli intimati, non avendo i medesimi svolto attività difensiva.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2017

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