Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5775 del 07/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 07/03/2017, (ud. 24/11/2016, dep.07/03/2017),  n. 5775

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28444/2015 proposto da: A

P.M.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI

125, presso lo studio dell’avvocato PIERO RELLEVA, rappresentato e

difeso dall’avvocato COSIMO ANTONICELLI, giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

L.G.M., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato NICOLA ROTOLO, giusta mandato a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e contro

M.A., P.G., C.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 208/2015 della CORTE D’APPELLO DI LECCE –

SEZIONE DISTACCATA di TARANTO, depositata il 22/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/11/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. E’ stata depositata in cancelleria relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. e regolarmente notificata ai difensori delle parti, relativa al ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello Sez. dist. di Taranto, n. 208 del 22 giugno 2015 del seguente letterale tenore:

P.M.V. ricorre affidandosi ad un motivo, per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata che ha confermato la sentenza del Tribunale di Taranto che aveva disposto la divisione dell’asse ereditario di P.F., attribuendo le quote a ciascuno dei condividenti e condannando P.M. a versare a questi ultimi una propoqionale quota dei frutti percetti nella lunga detenzione dei terreni oggetto di divisione.

Resiste con controricorso L.G.M.. Gli altri intimati C.A. e P.G. non hanno svolto difese.

Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio – ai sensi degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c. anche in relckione all’art. 360 bis c.p.c.- potendosi dichiarare inammissibile.

Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente censura la erronea e falsa applicazione degli artt. 723, 820, 821, 1149 c.c. e violazione e falsa applicazione degli artt. 2135 e 2082 c.c..

Il motivo è inammissibile in quanto non risulta osservato il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni esseniali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea, compiuta dal giudice di merito. Il principio di autosufficienza del ricorso impone che esso contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senta la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa (Cass. 192612015). Nel caso di specie tutto ciò non è stato osservato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. Non sono state presentate conclusioni scritte, nè le parti sono comparse in Camera di consiglio per essere ascoltate, nessuno ha depositato memoria.

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio di condividere le conclusioni cui perviene la detta relazione.

Pertanto, ai sensi degli artt. 380-bis e 385 c.p.c., il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.

Trova infine applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 6.000,00 di cui 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 24 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2017

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