Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5774 del 12/03/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 5774 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA

sul ricorso 16209-2008 proposto da:
AMORELLI GIOVANNI C.F.MRLGNN43R15F223B, elettivamente
domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE
DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
PAGLIARA MASSIMO;
– ricorrente 2014
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contro

AMORELLI GIOCONDA MARIA NIVES C.F.MRLGND47M69F223S,
elettivamente domiciliata

in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato MONTESANTO COSTANTINO ANTONIO;

Data pubblicazione: 12/03/2014

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– controricorrente

avverso la sentenza n. 167/2008 della CORTE D’APPELLO
di SALERNO, depositata il 08/02/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/01/2014 dal Consigliere Dott. LINA

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

MATERA;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 14-6-1999 Amorelli
Gioconda Maria Nives deduceva che con atto per notaio Setti del 161-1988 l’istante aveva nominato suo procuratore generale il fratello

che, in virtù di tale procura, il fratello, con atto per notaio Trotta del
25-9-1998, aveva trasferito a se stesso la quota di 134\720, di
proprietà di essa istante, del terreno con entrostante fabbricato, sito
in Minori alla via Petrito, per il prezzo di lire 20.000.000, che
dichiarava di aver già ricevuto, rilasciando all’acquirente quietanza
liberatoria; che, essendosi i rapporti tra i fratelli deteriorati, con atto
notarile dell’1-12-1998 l’attrice aveva revocato la procura al
convenuto, dandogliene comunicazione con raccomandata pervenuta
1’11-12-1998; che successivamente il fratello le aveva comunicato la
stipula del contratto del 25-9-1998 e le aveva rimesso il prezzo, che
però l’attrice aveva prontamente restituito. Tanto premesso, l’attrice
conveniva dinanzi al Tribunale di Salerno Amorelli Giovanni,
chiedendo l’annullamento del contratto del 25-9-1998 per mancanza,
nella procura del 16-1-1988, della specificità necessaria a
determinare gli elementi negoziali sufficienti ad assicurare la tutela
del rappresentato. In via subordinata, essa chiedeva che venisse
dichiarata la responsabilità contrattuale del convenuto ex art. 1710
c.c., per violazione dell’obbligo di diligenza del mandatario, in

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Giovanni, conferendogli anche il potere di contrarre con se stesso;

ragione della irrisorietà del prezzo di vendita, con conseguente
condanna del fratello al risarcimento dei danni.
Nel costituirsi, Amorelli Giovanni sosteneva che il contratto

de qua era stato concluso previo accordo verbale con la sorella e che

debitrice nei suoi confronti della somma di lire 11.286.753, per spese
di gestione ed amministrazione sostenute in esecuzione della procura
affidatagli. Il convenuto, pertanto, concludeva per il rigetto della
domanda e, in via riconvenzionale, chiedeva la condanna dell’attrice
al pagamento della somma suindicata.
Con sentenza in data 19-4-2005 il Tribunale rigettava sia la
domanda principale che quella riconvenzionale.
Avverso la predetta decisione proponevano appello principale
l’attrice e appello incidentale il convenuto.
Con sentenza in data 8-2-2008 la Corte di Appello di Salerno,
in accoglimento del gravame principale, annullava il contratto con sè
medesimo concluso da Amorelli Giovanni, quale procuratore della
sorella Gioconda Maria Nives, con atto per notaio Trotta del 25-91998; in accoglimento per quanto di ragione del gravame incidentale,
condannava l’attrice al pagamento in favore del convenuto della
somma di euro 3.788.946, oltre agli interessi dalla data di
proposizione della domanda riconvenzionale; condannava il
convenuto al pagamento dei due terzi delle spese sostenute in

il prezzo era stato concordato con quest’ultima, la quale era rimasta

entrambi i gradi dall’attrice, che dichiarava compensate per il
restante terzo. La Corte territoriale, in particolare, nel rilevare che
con la procura l’attrice si era limitata a conferire al fratello Giovanni
il potere di “contrarre con se medesimo e con le parli di cui egli sia

generica, priva di qualsiasi specificazione circa il contenuto del
successivo contratto (non essendo in essa indicato né l’immobile né
il prezzo) e non idonea, pertanto, a garantire alcuna tutela degli
interessi della mandante.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso Amorelli
Giovanni, sulla base di un unico motivo.
Amorelli Gioconda Maria Nives non ha svolto attività
difensive.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I) Con l’unico motivo il ricorrente lamenta il vizio di omessa
motivazione, in relazione alla pronuncia di annullamento del
contratto di compravendita del 25-9-1998.
Deduce che il giudice del gravame ha ravvisato la sussistenza
di un concreto conflitto di interessi tra rappresentante e
rappresentato solo in base alla genericità dell’autorizzazione a
stipulare con se stesso, omettendo di pronunciarsi in ordine alla
mancanza dell’altro requisito previsto dall’art. 1395 c.c., relativo
alla predeterminazione del prezzo, idonea ad escludere la possibilità

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procuratore”, osservava che si trattava di una dizione del tutto

del conflitto di interessi. Rileva che la Corte territoriale non ha
tenuto conto della scrittura privata di divisione approvata dagli eredi
il 9-6-1998 -e cioè appena tre mesi prima dell’avvenuta vendita-,
nella quale al bene in questione veniva attribuito un valore venale

interessi tra le parti. Sostiene che il predetto negozio divisorio
vincolava le parti in ordine alla valutazione venale dei beni ivi
indicati, in modo che il contenuto del successivo contratto di
compravendita risultava predeterminato in relazione al prezzo.
Il motivo non è meritevole di accoglimento.
Deve premettersi che, secondo un consolidato orientamento di
questa Corte, l’annullabilità del contratto che il rappresentante
conclude con se stesso è esclusa nelle due ipotesi, previste in via
alternativa dall’art. 1395 c.c., dell’autorizzazione specifica e della
predeterminazione del contenuto del contratto. Ricorre la prima
ipotesi quando il rappresentato autorizzi il rappresentante a
concludere il contratto con se medesimo, determinando gli elementi
negoziali sufficienti ad assicurare la tutela dei suoi interessi; ricorre
la seconda ipotesi quando il rappresentato, per tutelarsi contro
eventuali infedeltà del rappresentante, predetermini il contenuto del
contratto in modo che la persona del contraente risulti indifferente e
sia esclusa ogni possibilità di conflitto di interessi. Peraltro,
l’autorizzazione data dal rappresentato al rappresentante a concludere

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inferiore al prezzo versato, sì da escludere qualsiasi conflitto di

il contratto con se stesso può considerarsi idonea ad escludere la
possibilità di un conflitto di interessi, e quindi l’annullabilità dei
contratto, solo quando sia accompagnata dalla puntuale
determinazione degli elementi negoziali -determinazione funzionale

risulti affatto generica, non contenendo, tra l’altro, alcuna
indicazione in ordine al prezzo della compravendita (Cass. 21-3-2011
n. 6398; Cass. 15-5-2009 n. 11321; Cass. 24-3-2004 n. 5906; Cass.
24-10-2002 n. 14982; Cass. 22-4-1997 n. 3471). Ne deriva che al
rappresentante è precluso di fissare autonomamente gli elementi del
contratto che va a produrre effetti nella sfera giuridica del
rappresentato; e che, pertanto, la validità di tale contratto è legata
alla indicazione, nella procura, dei requisiti minimi negoziali, in
quanto, diversamente, l’interesse perseguito non sarebbe più quello
del rappresentato, ma quello del rappresentante; ciò che è escluso
dalle finalità che la norma persegue (Cass. 15-5-2009 n. 11321).
L’accertamento in concreto del conflitto di interessi tra
rappresentante e rappresentato relativamente al contratto concluso
dal rappresentante costituisce un apprezzamento di fatto che, se
congruamente e correttamente motivato, è incensurabile in sede di
legittimità (Cass. 21-8-96 n. 7698; Cass. 7-5-1992 n. 5438).
Nella specie, la Corte di Appello ha ravvisato, in concreto, la
sussistenza di un conflitto di interessi, sulla base di una puntuale

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a tutelare gli interessi del rappresentato- e non anche qualora essa

disamina della procura rilasciata da Amorelli Gioconda Maria Nives
ad Amorelli Giovanni. Essa ha rilevato che con tale atto l’attrice si
era limitata a conferire al fratello il potere di “contrarre con se
medesimo e con le parti di cui egli sia procuratore”; e che tale

specificazione circa il contenuto del futuro contratto (prezzo,
immobile, ecc.), e non appariva, pertanto, idonea a garantire alcuna
tutela degli interessi della mandante.
La valutazione espressa al riguardo dal giudice di appello si
sottrae al sindacato di questa Corte, essendo sorretta da una
motivazione esauriente e congrua, che vale a dar conto del fatto che
l’autorizzazione data dall’attrice alla convenuta alla conclusione del
contratto con se stesso non era accompagnata da locuzioni relative
alla predeterminazione del contenuto dello stipulando contratto, tali
da escludere la possibilità del sorgere di un conflitto di interessi tra
il rappresentante e la rappresentata.
.A fronte delle risultanze istruttorie esaminate dal giudice di
appello e poste a base della decisione impugnata, il ricorrente deduce
che, nella specie, il prezzo di vendita doveva ritenersi determinato
-sì da escludere la configurabilità di un conflitto di interessi- in base
a una scrittura privata di divisione approvata dagli eredi il 9-6-1998,
nella quale, a suo dire, all’immobile in questione era stato attribuito
un valore addirittura inferiore al prezzo del successivo atto

dizione risultava del tutto generica, non contenendo alcuna

traslativo. Nel lamentare il mancato esame della predetta scrittura
privata, tuttavia, l’Amorelli, venendo meno al principio di specificità
ed autosufficienza del ricorso per cassazione, non precisa se si tratti
di documento ritualmente prodotto nel giudizio di merito, non indica

parte che qui rileva, l’esatto contenuto dell’atto, non specificando, in
particolare, l’effettivo valore in esso attribuito dai condividenti
all’immobile per cui è causa.
Le doglianze svolte al riguardo dal ricorrente, pertanto, per la
loro genericità, non appaiono idonee a scalfire, sul piano
motivazionale, la validità delle conclusioni alle quali è pervenuto il
giudice del gravame all’esito di un compiuto esame delle risultanze
processuali.
2) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese
sostenute dalla resistente nel presente grado di giudizio, liquidate
come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese, che liquida in euro 2.200,00, di cui euro
200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 14-1-2014
Il Consigliere estensore

Il Presid te

la sede processuale della relativa produzione, né trascrive, per la

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