Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5771 del 10/03/2010

Cassazione civile sez. III, 10/03/2010, (ud. 08/02/2010, dep. 10/03/2010), n.5771

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23733/2005 proposto da:

I.F., (OMISSIS), I.P., D.M.

L., elettivamente domiciliati in ROMA, presso CANCELLERIA CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato DI MEGLIO

Giuseppe con studio in 80077 ISCHIA, Via Ossevatorio, 40 giusta

delega in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

C.F., (OMISSIS), IMMOBILIARE SANT’ANGELO 2001

SRL, (OMISSIS), in persona dell’amministratore unico C.

A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI

11 SC B INT 4, presso lo studio dell’avvocato TIRONE MASSIMO,

rappresentati e difesi dall’avvocato MENSITIERI Renato giusta delega

in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1111/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

Sezione Terza Civile, emessa il 14/4/2005, depositata il 22/04/2005;

R.G.N. 5895/2004.

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

08/02/2010 dal Consigliere Dott. ANNAMARIA AMBROSIO;

udito l’Avvocato Giuseppe MSNSITIERI per delega avv. Renato

MENSITIERI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.1. Con citazione notificata in data 4 e 7-1-2002 I.F., I.P. e D.M.L. – premesso che conducevano in locazione in forza di contratto stipulato in data (OMISSIS) con scadenza (OMISSIS) l’immobile sito in (OMISSIS), frazione di (OMISSIS) e che i locatori C.F. e M.M. avevano alienato detto immobile alla soc. IMMOBILIARE S. ANGELO 2001 giusta rogito per notar Rossi del (OMISSIS), senza offrirlo in prelazione ad essi conduttori – tanto premesso e precisato che intendevano avvalersi del diritto di riscatto di cui alla L. n. 392 del 1978, artt. 38 e 39, convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli, sez. distaccata Ischia, i predetti C.F., M.M. e l’IMMOBILIARE S. ANGELO 2001 per sentire accogliere la domanda di riscatto con conseguente trasferimento dell’immobile in loro favore al prezzo di L. 350.000.000.

Resistevano i convenuti, i quali deducevano sotto vario profilo l’insussistenza del diritto di riscatto e, segnatamente, eccepivano il difetto, in capo agli attori, della qualità di locatari, a causa della loro morosità che aveva comportato l’emissione di ordinanza di rilascio in data 26-10-2001.

Veniva disposto il mutamento del rito; quindi con sentenza in data 12- 11-2003, il Tribunale rigettava la domanda di riscatto.

1.2. La decisione, gravata da impugnazione degli originari attori, era confermata dalla Corte di appello di Napoli, la quale con sentenza in data 14-4-2005 rigettava l’appello, condannando gli appellanti al pagamento delle spese del grado.

1.3. Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione I.F., I.P. e D.M.L. svolgendo quattro motivi.

Hanno resistito C.F. e l’IMMOBILIARE SANT’ANGELO 2001 s.r.l., depositando controricorso e memoria integrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I giudici del merito hanno escluso che gli odierni ricorrenti fossero titolari del diritto di riscatto in considerazione del fatto che, allorquando detto diritto venne esercitato (con la domanda in data 4-1-2002), gli stessi avevano perso la qualità di conduttori, attesa l’efficacia retroattiva della sentenza di risoluzione del contratto di locazione al momento in cui si era verificato l’inadempimento relativo alle annualità dicembre 1998-1999 e 2000.

In particolare la Corte di appello – rigettando l’unico motivo di impugnazione con il quale si deduceva l’irretroattività della sentenza di risoluzione in funzione del carattere costitutivo della pronuncia – ha osservato che la retroattività della sentenza di risoluzione risulta statuita dall’art. 1458 c.c., e anche per i contratti ad esecuzione continuata o periodica, salvo che per le prestazioni già eseguite.

1.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 148 c.c. e dell’art. 295 c.p.c., per la sospensione necessaria del processo in relazione alla continenza e connessione con l’altro processo di risoluzione; insufficiente e contraddittoria motivazione; omesso esame di documentazioni e questioni essenziali, conseguente nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Secondo i ricorrenti la decisione impugnata è nulla, in quanto la sentenza di risoluzione per inadempimento non sarebbe ancora definitiva, essendo pendente per cassazione il relativo ricorso iscritto al n. 25810/2004; il che avrebbe imposto la sospensione del giudizio sulla domanda di riscatto e, oggi, la riunione dei giudizi pendenti presso questa Corte.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1458 c.c.; insufficiente motivazione, omesso esame di un punto essenziale nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. A tale riguardo i ricorrenti deducono che la sentenza di risoluzione, di natura dichiarativa e non costitutiva, non produce l’effetto retroattivo nei termini descritti dalla sentenza impugnata; sotto questo profilo la pronuncia sarebbe erronea per avere ritenuto che il contratto di locazione non esisteva più alla data del (OMISSIS) della compravendita, dal momento che all’epoca non era stata ancora proposta la domanda di risoluzione per inadempimento.

2. I suddetti motivi di ricorso, che, per la stretta connessione delle tematiche, sono suscettibili di trattazione unitaria, non meritano accoglimento.

2.1. Va premesso che la risoluzione del contratto opera ex tunc, nel senso che essa toglie efficacia alla causa giustificatrice delle attribuzioni patrimoniali eventualmente effettuate tra i contraenti e ristabilisce fra di essi la stessa situazione economica-giuridica esistente prima del contratto, che viene considerato come se non fosse stato mai concluso. E questa efficacia retroattiva trova un limite, previsto dall’art. 1458 c.c., nel caso dei contratti ad esecuzione continuata o periodica, soltanto con riguardo alle prestazioni già eseguite, cioè a quelle liquidate ed esaurite;

cosicchè la pronuncia di risoluzione per inadempimento di un contratto ad esecuzione continuata, sebbene di carattere costitutivo, ha efficacia retroattiva dal momento dell’inadempimento (cfr. Cass. civ., Sez. 3^ 20 febbraio 1993 n. 2070; Cass. civ., Sez. 3^ 12 marzo 1991, n. 2566) e, cioè, dal momento in cui, realizzandosi l’inadempimento rilevante ai fini risolutivi, è venuto meno il sinallagma contrattuale. Ne consegue che tra domanda di risoluzione proposta dal locatore e domanda di riscatto proposta dal conduttore ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 39, la prima è pregiudiziale alla seconda, solo se il grave inadempimento dedotto in giudizio è anteriore all’esercizio del diritto di riscatto, poichè l’accoglimento di essa priverebbe il retraente della qualità soggettiva di conduttore, che lo legittima al riscatto (Cass. civ., Sez. 3^, 10/12/1996, n. 10985; Cass. civ., Sez. 3^ 12 marzo 1991, n. 2566).

2.2. I giudici di appello hanno, dunque, fatto corretta applicazione dell’art. 1458 cit., ponendo in risalto che la pronuncia risolutiva della locazione inter partes si riferiva ad inadempimento verificatosi in epoca antecedente all’esercizio del diritto di riscatto, retroagendo, di conseguenza, l’efficacia estintiva del contratto a quella stessa epoca.

2.3. Quanto al rapporto di pregiudizialità necessaria tra la causa (pregiudicante) di risoluzione e quella (pregiudicata) di riscatto idoneo a legittimare la sospensione di quest’ultimo giudizio sino al passaggio in giudicato della sentenza emessa nella prima, si osserva che la questione non risulta aver formato oggetto del thema decidendum in appello, circoscritto – come risulta dal testo della decisione impugnata – all’unica censura concernente la questione della natura dichiarativa o costitutiva della sentenza risolutiva e a quella correlata della decorrenza dei relativi effetti. Si precisa che sarebbe stato onere dell’odierna parte ricorrente non solo di invocare il rapporto di pregiudizialità tra le cause, ma anche di dimostrare in concreto la situazione che la giustificava, all’uopo non essendo sufficiente la sola pendenza del termine legale per impugnare la sentenza pronunciata nel giudizio pregiudicante, la quale crea una mera aspettativa che può anche non realizzarsi, occorrendo anche la documentazione dell’avvenuta impugnazione di quella sentenza.

2.2.1. Allo stato la questione stessa ha perso ogni interesse, dal momento che – come evidenziato da parte resistente e, comunque, confermato dagli atti di questo ufficio – il giudizio di risoluzione iscritto al n.R.G. 25810/2004 risulta definito, con conseguente passaggio in giudicato della pronuncia di risoluzione.

3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1458 c.c., sotto altro profilo in relazione agli artt. 1218 e 1219 c.c.; omesso esame; nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. A tal riguardo i ricorrenti lamentano che la Corte di appello non abbia tenuto conto del fatto che la responsabilità per inadempimento – che aveva determinato la risoluzione del contratto di locazione – non poteva essere attribuita ai conduttori, i quali non erano stati messi in mora, nè sollecitati a pagare i canoni.

4. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1458 c.c., in relazione alla gravità dell’inadempimento contrattuale di cui all’art. 1453 c.c.;

insufficiente contraddittoria motivazione con violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3. A tal riguardo i ricorrenti lamentano che la Corte di appello, avendo implicitamente riconosciuto il raggiro di cui essi conduttori erano rimasti vittime, non avrebbe potuto ritenere irrilevante la valutazione sulla gravità dell’inadempimento dei conduttori medesimi nel giudizio di riscatto, ma avrebbe dovuto sospendere il giudizio stesso in attesa di quello di risoluzione del contratto di locazione.

4.1. Anche i suddetti motivi non meritano accoglimento.

Si tratta, infatti, di motivi inammissibili vuoi perchè esulano dal decisum in appello, circoscritto – come si è detto – alla sola questione della retroattività o meno della sentenza di risoluzione, vuoi perchè investono questioni ormai precluse dell’accertamento con efficacia di giudicato in ordine all’inadempimento di parte conduttrice e all’addebitabilità alla medesima della responsabilità della risoluzione della locazione.

In conclusione il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 2.500,00 (di cui Euro 200,00 per spese) oltre rimborso spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2010

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