Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5770 del 22/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 22/02/2022, (ud. 01/12/2021, dep. 22/02/2022), n.5770

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35684-2019 proposto da:

P.G., domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI

CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso

dall’avvocato ANDREA MISSAGLIA;

– ricorrente –

contro

LA WAGNERIANA S.P.A., in persona dell’Amministratore unico pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. B. TIEPOLO 4,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI SMARGIASSI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIO RESTELLI;

– controricorrente –

contro

GENERALI ITALIA S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1732/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 18/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 01/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

MARIA CIRILLO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. P.G. convenne in giudizio la s.p.a. La Wagneriana davanti al Tribunale di Milano e, sulla premessa di essere conduttore di un appartamento sito a (OMISSIS), chiese che la convenuta fosse condannata al risarcimento dei danni causati ai materiali da lui depositati nell’annessa cantina, oggetto di un allagamento.

Si costituì in giudizio la società convenuta, chiedendo il rigetto della domanda e l’autorizzazione a chiamare in causa la propria società di assicurazioni, Generali Italia s.p.a., allo scopo di essere da questa manlevata in caso di condanna.

La società di assicurazione rimase contumace.

Il Tribunale, disattese le richieste istruttorie dell’attore, rigettò la domanda e condannò l’attore al pagamento delle spese processuali.

2. La pronuncia è stata appellata dall’attore soccombente e la Corte d’appello di Milano, con sentenza del 18 aprile 2019, ha respinto l’appello ed ha condannato l’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado.

Ha osservato la Corte territoriale che correttamente il Tribunale aveva ritenuto non provata l’esistenza del nesso eziologico tra il danno lamentato dall’attore e la cosa oggetto di custodia, dal momento che non era stata dimostrata quale fosse la fonte del danno lamentato, non risultando essere avvenuta alcuna riparazione di tubature nella cantina limitrofa a quella dell’appellante. Il P., secondo la Corte d’appello, “avrebbe dovuto produrre i documenti comprovanti i lavori asseritamente eseguiti nel dicembre 2013”; e, d’altra parte, era da ritenere corretta la decisione del Tribunale anche nella parte in cui aveva rigettato le richieste istruttorie dell’attore, “posto che i capitoli di prova hanno un contenuto evidentemente generico e valutativo, oltre che irrilevante ai fini della decisione della causa”, e le fotografie prodotte non erano di alcuna utilità, non risultando in quale data esse fossero state scattate. Per cui, mancando la prova del nesso di causalità tra il fatto e l’evento dannoso e la prova dell’esistenza di tale danno, la domanda doveva essere rigettata.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Milano ricorre P.G. con atto affidato a quattro motivi.

Resiste la s.p.a. La Wagneriana con controricorso.

La s.p.a. Generali Italia non ha svolto attività difensiva in questa sede. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in Camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e la società controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, oltre a violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4), per asserita nullità della sentenza a causa di motivazione apparente.

Sostiene il ricorrente che la sentenza conterrebbe una considerazione illogica in ordine alla prova dei danni, perché egli non aveva mai sostenuto che essi derivavano da lavori di riparazione di una condotta d’acqua, bensì da una rottura della stessa, che aveva reso necessari tali lavori. D’altra parte, sarebbe evidente che il danneggiato non poteva produrre la documentazione attestante l’esecuzione di tali lavori, che era nella disponibilità della società locatrice, la quale è proprietaria dell’intero stabile.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione falsa applicazione dell’art. 244 c.p.c., sostenendo che la sentenza avrebbe errato nel non ammettere i capitoli di prova testimoniale richiesti.

Trascrivendo i capitoli di prova formulati in primo grado, la cui richiesta di ammissione era stata reiterata in appello, il ricorrente ribadisce che gli stessi erano ammissibili e rilevanti, non generici, per cui la sentenza avrebbe violato la citata disposizione di legge.

3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta motivazione apparente in relazione all’art. 2712 c.c., sul rilievo che le fotografie prodotte, attestanti l’asserito danno subito, non erano state mai disconosciute dalla società convenuta, per cui avrebbero dovuto contribuire al riconoscimento, da parte dei giudici di merito, dell’esistenza del danno.

4. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta violazione dell’art. 132 c.p.c., omesso esame di un motivo di appello e travisamento del fatto.

Sostiene il ricorrente che la sentenza impugnata nulla avrebbe disposto in ordine al quinto motivo di appello, che aveva contestato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva affermato che la determinazione del danno era stata compiuta sulla base di meri preventivi di acquisto. La decisione viene censurata perché, pur essendo indubbio che il preventivo non dimostra, di per sé, l’ammontare del danno, è pur vero che lo stesso costituisce un’attendibile fonte di prova, specie se accompagnato dal listino dei prezzi e dalle fotografie.

5. Rileva il Collegio che i motivi di ricorso sono fondati nei termini che si vanno a precisare.

La sentenza impugnata ha correttamente ricordato che, in base a costante giurisprudenza di questa Corte, il danneggiato che reclami il risarcimento dei danni derivanti da una violazione dell’obbligo di custodia (art. 2051 c.c.), è tenuto a dimostrare l’esistenza del danno e del nesso di causalità tra questo e la cosa in custodia.

Da tale corretta premessa in diritto, tuttavia, la Corte di merito non ha tratto le dovute conseguenze. Il giudice di merito, infatti, non può contemporaneamente sostenere che il nesso di causalità non è stato provato e rifiutare di ammettere le prove che tale nesso cercavano di dimostrare. Ed infatti i capitoli di prova indicati nel secondo motivo di ricorso, che consentono di ritenere superato l’onere di autosufficienza di cui all’art. 366 c.p.c., erano tutti volti allo scopo di dimostrare il fatto storico dell’allagamento della cantina e i conseguenti danni agli oggetti ivi presenti. Il fatto che l’attore non avesse indicato specificamente una data precisa del presunto allagamento non esclude, di per sé, l’ammissibilità della prova, posto che ben può verificarsi che l’allagamento di una cantina non venga immediatamente scoperto; e il capitolo di prova, del resto, indicava la data con una misura sufficiente di approssimazione. Altrettanto errata è l’affermazione della Corte milanese nella parte in cui sostiene che il danneggiato avrebbe dovuto produrre documentazione attestante lo svolgimento dei lavori; trattandosi, infatti, di un danno che, secondo la prospettazione del P., era da ricondurre al guasto di un tubo relativo alla cantina del vicino, è logico che egli non fosse in possesso di tali documenti, che ragionevolmente erano nella disponibilità del proprietario. Quanto, infine, alle fotografie e al preventivo di cui si discute, è evidente che né le une né l’altro potevano essere, di per sé, prova del danno; ma potevano tuttavia, ove supportate dall’espletata istruttoria, costituire validi elementi di supporto idonei alla dimostrazione della tesi del danneggiato.

Sussistono, quindi, le lamentate violazioni di legge, trattandosi di una sentenza che, in effetti, non dà conto delle ragioni della decisione, avvitandosi in una motivazione che è tautologica e che perviene al rigetto della domanda sulla base di un’istruttoria completamente mancata.

6. Il ricorso, pertanto, è accolto e la sentenza impugnata è cassata. Il giudizio è rinviato alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione personale, affinché proceda allo svolgimento dell’istruttoria testimoniale e documentale che è stata omessa.

Al giudice di rinvio è demandato il compito di liquidare le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione personale, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 1 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2022

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