Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5762 del 03/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 03/03/2021, (ud. 21/10/2020, dep. 03/03/2021), n.5762

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27832/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Chiara Gel di G.A. & C. s.a.s., in persona del

legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, come da

procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv. Sergio

Cacopardo e dall’Avv. Vincenzo Alberto Pennisi, elettivamente

domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, Viale G. Mazzini

n. 142;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia, sezione distaccata di Caltanissetta, n. 136/21/2012,

depositata il 15 ottobre 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 ottobre

2020 dal Consigliere Luigi D’Orazio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Commissione tributaria regionale della Sicilia accoglieva l’appello proposto dalla Chiara Gel di G.A. & C. s.a.s. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Enna, che aveva accolto solo parzialmente il ricorso della società contro gli avvisi di accertamento per Iva, Irap ed Irpef, emessi dalla Agenzia delle entrate per l’anno 2000, a seguito di processo verbale di constatazione della Guardia di finanza per gli anni 1999-2001. Il giudice di prime cure aveva rideterminato il volume di affari, il maggior reddito di impresa ed aveva demandato l’Agenzia delle entrate per la riliquidazione delle imposte. Il giudice di appello, invece, rilevava che il giudice di primo grado, pur avendo ritenuto illegittima la percentuale di ricarico applicata dalla Agenzia delle entrate, aveva poi posto a base della stima tra acquisti e vendite proprio quella percentuale di ricarica (32,137%), ritenuta inattendibile; inoltre, si evidenziava che i giudizi relativi agli avvisi per gli anni 1999 e 2001, scaturenti dalla medesima verifica, erano stati decisi in modo diverso, con sentenze passate in giudicato.

2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate.

3. Resiste con controricorso la società.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce la “violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, dell’art. 102 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4″, in quanto al giudizio di appello non hanno partecipato i due soci G.A. e F.R., con violazione del principio del contraddittorio, sussistendo una ipotesi di litisconsorzio necessario.

2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente si duole della ” insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5″. In subordine, la ricorrente deduce la “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”. Invero, in primo luogo, per la ricorrente la sentenza del giudice di appello è stata motivata solo per relationem, con il rinvio alla pronuncia di prime cure, sicchè non è possibile comprendere l’iter logico seguito per la formazione del suo convincimento. In subordine, si ritiene la motivazione meramente apparente.

2.1. Il primo motivo è fondato, con assorbimento del secondo motivo di ricorso. Invero, per la Suprema Corte a Sezioni Unite, in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (Cass., sez. un., 4 giugno 2008, n. 14815; in tema di Irap cfr. Cass. 20 giugno 2012, n. 10145).

In particolare, si rileva che l’avviso di accertamento riguarda sia l’Iva che l’Irap. L’Irap è un’imposta assimilabile all’Ilor, in quanto essa ha carattere reale, non è deducibile dalle imposte sui redditi ed è proporzionale, potendosi, altresì, trarre profili comuni alle due imposte dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 17, comma 1, e art. 44. Ne consegue che, essendo l’Irap imputata per trasparenza ai soci, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, sussiste il litisconsorzio necessario dei soci medesimi nel giudizio di accertamento dell’Irap dovuta dalla società (Cass., sez. un., 10145/2012, citata).

Nè rileva la circostanza che i soci che non hanno partecipato al giudizio siano soci accomandanti, quindi con responsabilità limitata (Cass., 21 marzo 2018, n. 7026).

Infatti, nel processo tributario, il litisconsorzio necessario originario che, nel caso di rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 817, ex art. 5, sussiste tra la società e tutti i soci della stessa in ragione dell’unitarietà dell’accertamento, che è alla base della rettifica e della conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio (proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi), ricorre anche nei confronti del socio accomandante di una società in accomandita semplice, incidendo l’accertamento in rettifica della dichiarazione anche sull’imputazione dei redditi di costui, indipendentemente dal profilo della responsabilità, limitata alla quota conferita o illimitata (Cass. Civ., 23 dicembre 2014, n. 27337).

Inoltre, la stessa controricorrente ha ammesso che i ricorsi avverso gli avvisi di accertamento emessi nei confronti dei due soci sono stati decisi con sentenze diverse, in giudizi differenti. La controversia relativa alla società, concernente l’avviso di accertamento n. (OMISSIS)) è stata decisa in primo grado dalla Commissione tributaria provinciale di Enna con sentenza n. 489/03/09 del 2212-2008, depositata il 14-12-2009. La Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione distaccata di Caltanissetta, con sentenza 136/21/2012 del 167-2012, depositata in data 15-10-2012, decideva l’appello, anche in relazione all’atto di contestazione della sanzione (n. (OMISSIS)).

In relazione al socio G.A., l’atto di contestazione ((OMISSIS)) era impugnato dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Catania, che lo annullava con sentenza n. 553/3/2012 depositata l’8-7-2010. L’appello era pendente dinanzi alla CTR della Sicilia, sezione staccata di Catania.

L’avviso di accertamento n. (OMISSIS) relativo alla socia F.R. era impugnato dinanzi alla CTP di Catania, che lo annullava con sentenza n. 482/3/13, depositata il 15-7-2013.

Pertanto, anche in primo grado i ricorsi avverso i rispettivi avvisi di accertamento sono stati decisi da giudici diversi, la CTP di Enna con riferimento alla società e la CTP di Catania con riferimento ai soci.

Non può trovare applicazione, quindi, l’orientamento giurisprudenziale per cui, in tema di rettifica del reddito di una società di persone, l’inosservanza del litisconsorzio necessario tra la stessa ed i soci non spiega effetti quando le pronunce rese sui ricorsi siano sostanzialmente identiche ed adottate dallo stesso collegio nel contesto di una trattazione unitaria: ne deriva che la riunione dei giudizi può avvenire in sede di gravame, atteso che il rinvio al giudice di primo grado non sarebbe giustificato dalla necessità di salvaguardare il contraddittorio e si porrebbe in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo (Cass., sez. 5, 15 febbraio 2018 n. 3789).

3. Le spese vanno interamente compensate tra le parti in quanto la giurisprudenza della Corte di Cassazione si è consolidata solo a decorrere dalla pronuncia a Sezioni Unite del 2008 suindicata.

PQM

Accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo; cassa l’impugnata sentenza, in relazione al motivo accolto, e dichiara la nullità dell’intero giudizio, con rinvio per nuovo esame alla Commissione Tributaria Provinciale di Enna, in diversa composizione.

Compensa interamente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 21 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2021

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