Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5759 del 03/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 03/03/2021, (ud. 14/10/2020, dep. 03/03/2021), n.5759

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2232212014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto presso quest’ultima in Roma, via dei Portoghesi 12;

– ricorrente –

contro

Fin Estetica Turati s.r.l. in liquidazione, in persona del

liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, viale

Francesco Siacci, n. 39, presso lo studio dell’avvocato Antonio

Sinesio, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Giovanni Gulisano;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia n. 4319/14, depositata l’8 agosto 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 ottobre

2020 dal Cons. Salvatore Leuzzi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

L’Ufficio provinciale IVA di (OMISSIS) rettificava gli importi dovuti a titolo di IVA dalla società FIN Estetica TURATI srl in liquidazione in relazione agli anni 1990, 1991 e 1992 contestando il diritto di esenzione dall’IVA vantato dalla contribuente D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 10, attinente all’esercizio di professioni sanitarie.

L’Ufficio sosteneva a tale proposito che la società pretendeva di avvalersi del diritto di fruire dell’esenzione sulla base di fatture che, tuttavia, non potevano ritenersi attinenti all’esecuzione di prestazioni medico-chirurgiche, ma piuttosto a servizi di intermediazione in quanto fatturate da una srl con oggetto sociale che non prevedeva espressamente l’esercizio di attività medico- chirurgiche.

Avverso gli avvisi di rettifica IVA la società contribuente presentava distinti ricorsi alla CTP di Milano che, dopo averli riuniti, li accoglieva con sentenza 142/18/1997 poi confermata dalla CTR della Lombardia.

Su ricorso per cassazione proposto dall’Ufficio, la Corte di legittimità, con sentenza n. 31322 del 2006, depositata il 7 giugno 2006, cassava la sentenza della CTR della Lombardia per insufficiente motivazione e rinviava ad altra sezione della medesima commissione che, quale giudice di rinvio, confermava la sentenza di primo grado.

Avverso la sentenza della CTR della Lombardia proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate con due motivi.

Il ricorso per cassazione era accolto con sentenza n. 22185 del 2013, depositata il 27 settembre 2013.

La CTR della Lombardia in esito al giudizio di rinvio rigettava l’appello erariale.

L’Agenzia propone ricorso per cassazione basato su due motivi.

La contribuente resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e rubricato sul “I”, l’Agenzia lamenta la nullità della sentenza d’appello, adducendo la violazione dell’art. 384 c.p.c., comma 2, per avere i giudici d’appello emesso in sede di rinvio una sentenza che “altro non è se non la mera ripetizione di quella già cassata dalla Suprema Corte”, mancando ogni adeguata motivazione sulla natura sanitaria o no delle prestazioni effettuate dalla contribuente.

Con il secondo motivo, rubricato sub “II”, l’Agenzia censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, richiamando il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, l’apparenza della motivazione della sentenza, carente di qualsivoglia argomentazione in merito alla natura sanitaria delle prestazioni rese dalla contribuente, natura fatta oggetto di mera “pervicace affermazione”.

Il primo motivo è fondato.

La decisione impugnata appare vistosamente divaricata rispetto allo schema di principi delineato nella sentenza rescindente, che ha evidenziato l’esigenza, da parte del giudice d’appello, di procedere ad un esame delle prestazioni rese dall’odierna contribuente in regime di esenzione d’imposta onde verificarne in concreto la contestata natura sanitaria.

Nel rinnovare il giudizio, la CTR ha del tutto obliterato il perimetro di valutazioni rimessogli dalla Corte di Cassazione, finendo per rinnovare perpetuandolo – lo stesso assioma da quest’ultima argomentatamente contraddetto, ossia la natura delle prestazioni di Fin Estetica. Il giudice di rinvio le ha ritenute “incontestabilmente sanitarie”, senza esporre ragioni.

Ancorchè il giudice di rinvio, in caso di annullamento per vizio di motivazione, resti libero di riesaminare le risultanze processuali ed i fatti già accertati e anche di indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo, in relazione alla pronuncia da emettersi in sostituzione di quella cassata, viene in evidenza, tuttavia, il limite – disatteso nella specie dalla CTR – di fondare la decisione sugli stessi elementi del provvedimento impugnato ritenuti illogici, assumendo rilievo la necessità di eliminare, a seconda dei casi, le contraddizioni ed i difetti argomentativi riscontrati (v. Cass. n. 1596 del 2007; Cass. n. 9395 del 2006; Cass. n. 6707 del 2004). Nel caso che occupa le lacune della pronuncia cassata venivano esplicitamente ravvisate nella sentenza rescindente sotto due convergenti profili: i) la circostanza che il giudice regionale non avesse motivato sulla sussistenza dei presupposti per l’esenzione avuto riguardo alla specificità delle prestazioni rese dalla contribuente; ii) la circostanza che il medesimo giudice avesse concentrato la trama argomentativi della decisione sul profilo marginale della spettanza dell’esenzione, in linea di principio, a prescindere dalla forma societaria rivestita dal soggetto che la invoca. Con siffatte carenze il giudice di rinvio non si è affatto confrontato, obliterando le statuizioni contemplate nella sentenza della Corte di Cass. n. 22185 del 2013 e svolgendo un eccentrico richiamo ad altra sentenza della medesima Corte di legittimità – la n. 13608 del 2007 relativa ad altra annualità e a distinta pretesa fiscale. Il giudice di rinvio ha, altresì, trascurato di argomentare sulla natura delle prestazioni, assumendo assertivamente la natura sanitaria di esse; il giudice a quo ha infine riprodotto la medesima argomentazione sull’irrilevanza della forma societaria in funzione della fruizione dell’esenzione.

Fondato è anche il secondo motivo di ricorso.

Suo tramite viene addotta la nullità della sentenza d’appello in quanto “priva di motivazione sulla natura sanitaria o no della prestazione”.

Come chiarito da questa Corte ancora di recente “La motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione deve ritenersi apparente quando pur se graficamente esistente ed, eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regola la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6″ (Cass. n. 13240 del 2018). Questa Corte ha anche rilevato che “Ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento” (Cass. n. 9105 del 2017).

Nella specie, la CTR si è limitata ad additare come incontestabile la natura sanitaria delle prestazioni, senza offrire alcun supporto al proprio assunto apodittico.

Sulla base di tali considerazioni il ricorso va accolto, con rimessione della causa alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, per un nuovo esame e per la regolazione delle spese anche della presente fase di giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata; rinvia alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio, ivi comprese quelle della presente fase di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria della Suprema Corte di Cassazione, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2021

 

 

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