Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5759 del 03/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/03/2020, (ud. 11/12/2019, dep. 03/03/2020), n.5759

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33253-2018 proposto da:

SAFIN SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA ADRIANA 15, presso lo

studio dell’avvocato STEFANO ROMANO, rappresentata e difesa

dall’avvocato DOMENICO STANGA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3104/6/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 05/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO

ANTONIO FRANCESCO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1-bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva:

Con sentenza depositata il 5 aprile 2018, la CTR della Campania ha accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate statuendo la validità di un avviso di liquidazione, limitatamente alla imposta di registro in misura fissa, per la registrazione di un decreto ingiuntivo emesso dal Giudice di pace di Caserta.

La contribuente ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

La ricorrente ha depositato memoria.

Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 40, della L. n. 212 del 2000, art. 7, della L. n. 241 del 1990, art. 3 e dell’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la CTR reputato legittimo il mutamento di norme e criteri di determinazione e quantificazione dell’imposta di registro compiuto dall’Agenzia delle Entrate (da aliquota proporzionale, come indicato nell’avviso di liquidazione, ad aliquota fissa) solo a seguito della notificazione del ricorso introduttivo della controversia. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, della L. n. 241 del 1990, art. 3,D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 22 e 41 e dell’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la CTR disatteso le doglianze dell’appellata sulla carenza di motivazione dell’atto tributario, ad onta della mancata esplicitazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche dell’avviso di liquidazione dell’imposta di registro.

Le censure sono suscettibili di trattazione congiunta.

Esse non sono fondate.

La CTR ha correttamente disatteso quanto sostenuto dalla società contribuente circa la modifica del presupposto impositivo in corso di causa ad opera dell’Agenzia, ritenendo che l’amministrazione avesse, sin dall’inizio, chiesto per il decreto ingiuntivo il pagamento dell’imposta non in misura proporzionale, bensì in misura fissa, non potendosi attribuire ad un codice di versamento valore interpretativo della pretesa. Va, inoltre, rilevato che dall’avviso di liquidazione riprodotto dalla stessa ricorrente si evince chiaramente che la pretesa era relativa a imposta di registro su decreto ingiuntivo individuato con data, numero e giudice emittente.

Al processo tributario non è estraneo il rapporto d’imposta, che è conosciuto dal giudice come oggetto dell’atto impugnato. Nella specie la CTR ha correttamente ritenuto che la società contribuente, la quale aveva chiesto ed ottenuto il decreto ingiuntivo, era consapevole di dover corrispondere all’Agenzia delle entrate l’imposta di registro a norma del D.P.R. n. 131 del 1986 e, più precisamente, in base all’art. 37 T.U.I.R. che prevede la registrazione di tutti gli atti dell’autorità giudiziaria, compresi i decreti ingiuntivi.

Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 300,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2019.

Depositato in cancelleria il 3 marzo 2020

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