Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5758 del 03/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/03/2020, (ud. 11/12/2019, dep. 03/03/2020), n.5758

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33250-2018 proposto da:

SAFIN SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA ADRIANA 15, presso lo

studio dell’avvocato STEFANO ROMANO, rappresentata e difesa

dall’avvocato DOMENICO STANGA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3167/22/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 05/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO

ANTONIO FRANCESCO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1-bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva:

Con sentenza depositata il 5 aprile 2018, la CTR della Campania ha accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate statuendo la validità di un avviso di liquidazione, limitatamente alla imposta di registro in misura fissa, per la registrazione di un decreto ingiuntivo emesso dal Giudice di pace di Caserta.

La contribuente ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di un motivo.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

La ricorrente ha depositato memoria.

Con unico mezzo la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia sull’illegittimo mutamento di norme e criteri di determinazione e quantificazione dell’imposta di registro, compiuta dall’Agenzia delle entrate (da aliquota proporzionale, come indicato nell’avviso di liquidazione, ad aliquota fissa) solo a seguito della notificazione del ricorso introduttivo della controversia, nonchè per omessa pronuncia sul dedotto difetto di motivazione dell’atto tributario.

Il ricorso è infondato.

Va ribadito che:

– “Non è configurabile il vizio di omessa pronuncia quando una domanda, pur non espressamente esaminata, debba ritenersi – anche con pronuncia implicita rigettata perchè indissolubilmente avvinta ad altra domanda, che ne costituisce il presupposto e il necessario antecedente logico – giuridico, decisa e rigettata dal giudice” (Cass. n. 17580 del 2014);

– “Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia” (Cass. 29191 del 2017; in senso conforme, Cass. n. 16170 del 2019, in motivazione).

Nella specie, la CTR ha implicitamente disatteso quanto sostenuto dalla società contribuente circa la modifica del presupposto impositivo in corso di causa ad opera dell’Agenzia, ritenendo che l’amministrazione avesse, sin dall’inizio, chiesto per il decreto ingiuntivo il pagamento dell’imposta non in misura proporzionale, bensì in misura fissa, anche con riferimento all’atto enunciato in ragione del principio di alternatività tra imposta di registro ed IVA. Risulta così disattesa, con statuizione implicita, anche la censura afferente il difetto di motivazione dell’atto impugnato, indissolubilmente avvinta alla domanda concernente il merito della pretesa fiscale.

Va, inoltre, rilevato che dall’avviso di liquidazione riprodotto dalla stessa ricorrente si evince chiaramente che la pretesa era relativa a imposta di registro su decreto ingiuntivo individuato con data, numero e giudice emittente.

Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 300,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2019.

Depositato in cancelleria il 3 marzo 2020

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