Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5756 del 22/02/2022

Cassazione civile sez. III, 22/02/2022, (ud. 12/01/2022, dep. 22/02/2022), n.5756

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13524/2019 proposto da:

R.L., elettivamente domiciliato in Roma Via Mengarini 88,

presso lo studio dell’avvocato Silvestri Carla, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Berti Ludovico, e Berti Rodolfo;

– ricorrente –

contro

Aca Spa, in House Providing, elettivamente domiciliato in Roma Via E.

De’ Cavalieri, 11, presso lo studio dell’avvocato Della Rocca Sergio

che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 14/2019 del TRIBUNALE di CHIETI, depositata il

08/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/01/2022 del Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;

udito l’Avvocato;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. R.L. convenne in giudizio innanzi al Giudice di Pace di Chieti l’Azienda Comprensoriale Acquedottistica s.p.a. in house providing chiedendo il risarcimento del danno non patrimoniale, nella misura di Euro 5000,00 o di giustizia, per il patema d’animo determinato dalle notizie giornalistiche o tratte da siti web, diffuse nel 2007, relative all’inquinamento delle falde acquifere del sito chimico industriale di (OMISSIS) e quindi dei pozzi (OMISSIS) dai quali proveniva l’acqua fornita alle utenze dei residenti nel Comune di (OMISSIS).

2. Il giudice adito accolse la domanda, condannando la convenuta al pagamento della somma di Euro 5.000,00. Avverso detta sentenza propose appello A.C.A. s.p.a..

3. Con sentenza di data 30 ottobre 2018 il Tribunale di Chieti accolse l’appello, rigettando la domanda.

Premise il Tribunale che “a prescindere dalla potabilità dell’acqua al punto di consegna, circostanza non specificatamente contestata e già da sola idonea all’accoglimento dell’appello, manca totalmente la prova del danno”. Osservò, in ordine al primo aspetto, che, come da certificato dei tecnici dell’Arta ed in particolare come da dichiarazioni del pubblico ministero alla commissione parlamentare, “l’acqua di rubinetto risulta pura, pulita”. Aggiunse che mancava la prova del dedotto danno da turbamento psichico (patema d’animo per il proprio stato di salute) perché le dichiarazioni del medico di famiglia (l’attore dal (OMISSIS) in poi aveva più volte manifestato il timore di potersi ammalare a causa dell’acqua dell’acquedotto, inquinata secondo notizie giornalistiche e mediatiche, e “si rivolgeva al medico ogni volta che sul corpo vi erano eruzioni cutanee, arrossamenti, ghiandole gonfie o dolori intestinali, dimostrando una grande preoccupazione per la sua salute a causa dell’acqua inquinata”) erano del tutto generiche e non univoche nel senso di un concreto apprezzabile turbamento psichico ed inoltre l’appellato aveva omesso di produrre un’indagine specialistica stragiudiziale.

4. Ha proposto ricorso per cassazione R.L. sulla base di tre motivi e resiste con controricorso A.C.A. s.p.a. in house providing. E’ stata presentata memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denuncia omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva il ricorrente che irrilevanti sono le c.d. certificazioni dei tecnici dell’ARTA in quanto relative a località differenti e compiute dopo che i pozzi del sito (OMISSIS) erano stati chiusi, allorquando l’inquinamento era cessato, e che le dichiarazioni del pubblico ministero in sede di audizione presso la commissione parlamentare, da cui era stata estrapolata la frase nella motivazione della sentenza, erano in realtà nel senso della presenza già al 2005 del problema dell’inquinamento. Aggiunge che la relazione dell’Istituto Superiore di Sanità del 30 gennaio 2014 aveva concluso nel senso del pericolo significativo e continuo per la salute della popolazione esposta agli inquinanti nel territorio di interesse e che è stato omesso anche l’esame della sentenza del GUP del Tribunale di Pescara, la quale, pur avendo dichiarato l’estinzione del reato per prescrizione, aveva di fatto accertato la somministrazione di acque contaminate da sostanze altamente tossiche. Osserva ancora che risulta omesso l’esame delle testimonianze da cui risultava che (OMISSIS) aveva ricevuto acqua dai pozzi (OMISSIS).

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116 c.p.c., artt. 2727,2729 e 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva il ricorrente che la fornitura di acqua inquinata risultava provata dal riconoscimento da parte della convenuta della immissione in consumo per alcuni mesi prima del 2007 dell’acqua proveniente dai pozzi (OMISSIS), circostanza inoltre confermata dai testi di parte attrice. Aggiunge che in realtà la prova della potabilità dell’acqua era inutile avendo l’attore lamentato non di avere subito un danno alla salute, ma di avere patito il panico dopo la diffusione delle notizie della somministrazione di acqua inquinata.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116 c.p.c., artt. 2727,2729 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che il giudice di appello avrebbe dovuto decidere sulla base delle presunzioni e, partendo dal fatto noto della diffusione delle notizie circa l’inquinamento delle acque fornite da A.C.A. s.p.a., sarebbe dovuto risalire al fatto ignoto del turbamento dell’animo e della paura per la salute. Aggiunge che il giudice di merito sulla base della prova presuntiva avrebbe dovuto ritenere dimostrato il profondo timore per la salute sulla base del fatto noto dell’esposizione a sostanze tossiche.

4. In base al principio della ragione più liquida deve essere scrutinato prioritariamente il terzo motivo in quanto relativo all’esistenza del danno evento denunciato con l’originaria domanda. Trattasi di motivo inammissibile. Nel motivo in esame il ricorrente denuncia il mancato ricorso del giudice di merito alla prova presuntiva.

Al riguardo va in primo luogo rammentato che il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della immunità da vizio motivazionale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (fra le tante da ultimo Cass. n. 331 del 2020).

In secondo luogo la circostanza che avrebbe dovuto essere oggetto di presunzione semplice secondo il ricorrente risulta già valutata dal giudice di merito, per averla reputata acquisita al processo sulla base della testimonianza del medico di famiglia, ed è stata ritenuta dal medesimo giudice di merito, sulla base di un giudizio di fatto insindacabile nella presente sede di legittimità, inidonea a fondare la prova del danno evento allegato con l’originaria domanda giudiziale.

5. L’inammissibilità del terzo motivo determina l’assorbimento degli altri motivi.

6. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il terzo motivo, con l’assorbimento degli ulteriori motivi di ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2022

 

 

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