Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5755 del 10/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 10/03/2010, (ud. 18/01/2010, dep. 10/03/2010), n.5755

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. est. Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in

carica, ed Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore Centrale

pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la stessa domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n.

12;

– ricorrente –

contro

Industria Salumi s.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore

D.M.A., domiciliata in Roma piazzale Clodio n. 14,

presso l’avv. Gianfranco Graziani, rappresenta e difesa dall’avv.

PERUGI Giuliano giusta procura in calve al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 26/05/04 della Commissione tributaria

regionale del Lazio, depositata in data 9 giungo 2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 18

gennaio 2010 dal consigliere relatore Dott. Sergio Bernardi;

udito per la ricorrente Agenzia l’avv. Massimo Santoro;

udito per la contribuente il difensore avvocato Angelo Colucci;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A seguito di indagini della Guardia di Finanza, dalle quali era risultato che la Alimenti Natura di Napoli era una società fittizia, priva di sede e di organizzazione di impresa, fu contestato alla s.p.a. Industria Salumi Di Marco, per l’anno 1995, la indebita detrazione di imposta per L. 656.897.000 derivante dalla contabilizzazione di fatture attive e passive relative ad operazioni inesistenti apparentemente intervenute con la predetta società. La CTP di Roma accoglieva il ricorso della contribuente ritenendo non provato l’addebito. La CTR del Lazio rigettava l’appello dell’Amministrazione finanziaria, che ricorre per la cassazione di tale decisione con due motivi. La società intimata (che ha mutato forma e denominazione in quella di Cimina Salumi s.r.l., in liquidazione) si difende con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo – denunciando violazione degli artt. 101 e 112 c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 23, 53 e 59 – si lamenta che la CTR non abbia accolto la richiesta di rimessione della causa al primo grado avanzata in relazione al fatto che le controdeduzioni dell’Ufficio, ancorchè regolarmente costituito, per disguido di cancelleria pervennero alla competenze sezione della Commissione provinciale dopo l’udienza fissata per la discussione della causa (cui l’Amministrazione non partecipò, pur avendone ricevuto avviso).

La doglianza è infondata. Il vizio denunciato non rientra fra i casi tassativi che impongono la regressione del giudizio al primo grado, indicati dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 59. Non è radicalmente mancata la costituzione del contraddittorio, e le deduzioni che la CTP non ha considerato ben avrebbero potuto reiterarsi nel giudizio d’appello, elidendo ogni sostanziale pregiudizio del diritto di difesa.

Col secondo motivo si denuncia violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, e vizio di motivazione su punto decisivo lamentando che nella sentenza impugnata “è assente qualsiasi motivazione in ordine alle ragioni poste a fondamento della decisione”. Si espongono gli elementi, riportati nel p.v.c. posto a base dell’accertamento, che deponevano per la inesistenza delle operazioni contestate (la società Alimenti Natura era priva di sede effettiva e di organizzazione di impresa; i contestati rapporti commerciali con la società contribuente risultavano regolati mediante annotazioni di giroconto, senza effettivo effettivo movimento di denaro, a carico della Società Industria Salumi Di Marco erano state rilevate falsificazioni contabili anche in anni diversi da quello in riferimento) dei quali la CTR non avrebbe tenuto conto, ancorchè nessuna concludente prova in contrario fosse stata fornita in giudizio dalla contribuente.

Il motivo è fondato. Circa il merito del gravame, la CTR si è limitata a rilevare che “non risultano prove documentali della collusione della contribuente con terzi indagati di frode fiscale, bensì mere deduzioni che non tengono neppure conto del reale e superiore fatturato della Società”: senza chiarire la rilevanza attribuita al “superiore fatturato della società”, e mostrando di ritenere che spettasse all’Ufficio di dimostrare la indeducibilità dei costi. E’ viceversa pacifico nella giurisprudenza di questa corte che la prova dei presupposti di deducibilità dal reddito di impresa dei costi inerenti incombe al contribuente, e che – quando l’Ufficio fiscale abbia comprovato elementi che facciano dubitare della realtà delle operazioni fatturate quali elementi di costo – la prova che quelle operazioni siano effettivamente intervenute è ribaltata sul contribuente, il quale non può limitarsi ad invocarne la apparenza contabile nè a dimostrare i pagamenti effettuati a fonte delle fatture contestate, perchè i pagamenti sono agevolmente neutralizzabili mediante restituzioni o ristorni, sicchè costituiscono solo elementi di giudizio da valutare nel complesso delle risultanze istruttorie (Cass. 17377/2009, 2847/2008).

La sentenza va dunque cassata e la causa rimessa per nuovo esame ad altra sezione della CTR del Lazio, che ripeterà il giudizio decidendo anche sulle spese di questa fase.

PQM

Rigetta il primo motivo ed accoglie il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della CTR del Lazio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2010

 

 

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