Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5751 del 03/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 03/03/2021, (ud. 18/12/2019, dep. 03/03/2021), n.5751

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO Maria Giulia – Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25878-2014 proposto da:

EDILEMME SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA APPIA NUOVA 59,

presso lo studio dell’avvocato ANGELO GUIDA, rappresentato e difeso

dall’avvocato NICOLA ROCCO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona dei Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 174/2014 della COMM. TRIB. REG. di POTENZA,

depositata il 21/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/12/2019 dal Consigliere Dott. D’AURIA GIUSEPPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La vicenda giudiziaria trae origine dall’avviso di accertamento n. (OMISSIS) emessa nei confronti di Edilemme srl dalla Agenzia delle Entrate che, sulla premessa della antieconomicità delle operazioni di vendita e tenuto conto dei valori ricavabili dall’osservatorio del mercato Immobiliare (OMI), recuperava a tassazione i maggiori ricavi ritenuti non contabilizzati nonchè i costi non deducibili e quelli dedotti in via erronea.

A seguito del ricorso presentato dal contribuente, la Commissione Tributaria Provinciale di Matera annullava l’accertamento ritendo non sufficiente, sul piano della motivazione, il riferimento ai soli valori Omi.

La Commissione Tributaria Regionale della Basilicata, in accoglimento dell’appello dichiarava legittimo l’avviso di accertamento in quanto non basato solo sui valori orni ma anche sulla antieconomicità delle operazioni.

Propone ricorso in Cassazione il contribuente affidandosi a due motivi così sintetizzabili:

1) Violazione e o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, della L. n. 248 del 2006, e degli artt. 2727, 2729 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

2) Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Si costituiva l’Agenzia delle Entrate, chiedendo il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo articolato motivo la società ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, riguardante l’applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. D, per la ricostruzione del reddito con modalità analitico induttive, circa l’irrilevanza dei valori Omi e erronea valutazione della cd. anti-economicità avvenuta solo in riferimento ad un solo anno.

Le censure contenuto in tale motivo sono infondate. Questa Corte intende dare continuità al consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui il ricorso all’accertamento analitico-induttivo del reddito d’impresa è legittimo quando, pur in presenza di scritture (contabili) formalmente corrette, la contabilità dell’impresa possa considerarsi complessivamente inattendibile, perchè configgente con i criteri di ragionevolezza, sotto il profilo dell’anti economicità del comportamento del contribuente. Nel caso nella sentenza impugnata, è stato considerato “irragionevole” il prezzo di vendita degli immobili realizzati darla contribuente in quanto inferiore al prezzo di costruzione, il che giustificava l’applicazione del metodo analitico induttivo. In tal caso è consentito all’Ufficio dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e accertare, anche in via presuntiva, maggiori ricavi determinando il reddito dell’impresa sulla base di quanto emergeva dall’osservatorio immobiliare dei prezzi. Come si vede la valutazione della presunzione non si basava assolutamente su quanto indicava l’Orni, ma sul dato anomalo della “costante vendita sottocosto degli appartamenti una volta apprezzati i costi evidenziati nel periodo di imposta relativi ai cantieri di Monteroni D’Arbia “(pagina 1 sentenza impugnata). In tal modo il giudice di appello si è uniformato alla giurisprudenza della Suprema Corte secondo cui l’accertamento di un maggior reddito derivante dalla cessione di beni immobili non può essere fondato soltanto sulla sussistenza di uno scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore normale del bene quale risulta dalle quotazioni OMI, ma richiede anche la sussistenza di ulteriori elementi indiziari gravi, precisi e concordanti (Cass., sent. n. 9474/2017; n. 26487/2016).

Come si vede con il motivo il ricorrente non contesta che il prezzo di vendita fosse inferiore ai prezzi di costruzione, ritenendo tale circostanza poco significativa in quanto riguardava un solo anno. Premesso che la costante vendita sotto costo per un anno senza dubbio è anomalo, comunque la valutazione della durata della vendita sottocosto attenendo al merito non poteva che essere fatta solo dal giudice di appello.

Con il secondo motivo la società ricorrente si duole che il giudice di appello non avesse valutato alcuni fatti decisivi, ed in particolare che il prezzo di vendita era stato determinato in preliminari sottoscritti molti anni prima, cogliendo impreparato esso imprenditore sull’aumento del costo dell’acciaio.

Tale motivo non supera il requisito della autosufficienza, in quanto non avendo la sentenza impugnata specificato tale punto, era onere della parte ricorrente specificare a) in quale punto della comparsa di costituzione in appello fosse stata richiamata tale doglianza, ai sensi dell’art. 346 c.p.c. applicabile al rito tributario, visto che la sentenza di primo grado lo vedeva vittorioso.

Il non aver indicato i passaggi, in cui avesse ripropostotale doglienza nel grado di appello, non può che far ritenere la novità della questione e quindi la sua inammissibilità.

Inoltre i preliminari intanto potevano essere considerati prova ove fossero opponibile alla Agenzia, e nel caso neppure si indica che fossero stati trascritti o registrati.

Del resto il giudice di appello ha considerato i documenti prodotti ritenendoli non in grado di inficiare le presunzioni anzidette, e trattandosi di questione di merito sfugge al giudizio di legittimità. Pertanto il ricorso va rigettato e le spese seguono la soccombenza

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 10000 oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2021

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