Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5750 del 03/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 03/03/2021, (ud. 18/12/2019, dep. 03/03/2021), n.5750

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO Maria Giulia – Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24275-2013 proposto da:

M.M., domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato SERGIO TREDICINE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 136/2013 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 02/04/2013;

udita la relazione della causa svolta n. la camera di consiglio del

18/12/2019 dal Consigliere Dott. D’AURIA GIUSEPPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La vicenda giudiziaria trae origine dall’avviso di accertamento n. (OMISSIS) emessa nei confronti di M.M. dalla Agenzia delle Entrate con cui recuperava a tassazione ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. D, una maggiore imposta per omessa contabilizzazione di ricavi pari ad Euro 90843,00.

A seguito del ricorso presentato dal contribuente, la Commissione Tributaria Provinciale di Napoli confermava l’accertamento limitatamente ad Euro 77000.

A seguito di appello proposto dal contribuente, la Commissione Tributaria Regionale della Campania in parziale accoglimento del gravame determinava i maggiori ricavi nella misura di Euro 60000. Propone ricorso in Cassazione il contribuente affidandosi a due motivi così sintetizzabili:

1) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.

2) Vizio di motivazione omessa o apparente in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Si costituiva l’Agenzia delle Entrate, chiedendo il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo articolato il contribuente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., non avendo la sentenza impugnata preso in considerazione la circostanza che nell’anno in questione avesse contratto matrimonio il che aveva inciso sul fatturato. Il motivo è inammissibile.

L’omessa pronuncia denunciabile ai sensi dell’art. 112 c.p.c. consiste nella mancanza di presa di posizione del giudice rispetto ad una domanda od eccezione, nulla avendo a che vedere con la mera carenza motivazionale, in una delle sue possibili manifestazioni.

Nel caso il ricorrente deduce che il giudice non abbia preso in considerazione il matrimonio celebrato nell’anno di imposta, che avrebbe determinato una riduzione degli incassi. E quindi deduce un “fatto” il cui esame sia stato omesso dal giudice di merito che evidentemente, se considerato, avrebbe potuto sovvertire, l’esito della pronuncia impugnata.

Non rientrando la questione sollevata nella violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, deve ritenersi inammissibile, in quanto esso ricorrente avrebbe dovuto sollevare la cd inadeguatezza della motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, nel solo caso in cui essa ometta l’esame di uno o più fatti decisivi, e con le specificazioni necessarie per tale profilo.

Anche il secondo motivo di gravame, con cui deduce omessa o apparente motivazione, è inammissibile. Nel caso, pur avendo il giudicè accolto in parte le doglianze del contribuente riducendo il reddito determinato in base a parametri facendosi carico di adeguare i parametri al caso concreto, il contribuente si duole che tale motivazione non sia comprensibile. In realtà il giudice ha dato atto che il reddito dichiarato non era credibile essendo inferiore a quello dei propri dipendenti, che non si era presentato alla fase del contraddittorio pre accertamento, e che quindi era giustificato l’applicazione dei coefficienti applicati. Invero con tale motivo il ricorrente formula una mera critica al convincimento del giudice, attuata mediante la mera ed apodittica contrapposizione di una difforme interpretazione degli accertamenti fattuali rispetto a quanto desumibile dalla motivazione, al solo fine di spingere la corte inammissibilmente ad un nuovo giudizio di merito.

Pertanto il ricorso va rigettato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del grado, liquidate in Euro 5000 oltre spese processuali a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2021

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