Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5749 del 10/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 10/03/2010, (ud. 10/11/2009, dep. 10/03/2010), n.5749

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

REMET in liquidazione, con sede in (OMISSIS), in persona

del

liquidatore R.R., rappresentata e difesa dall’avv.

Tartaglione Michele ed elettivamente domiciliata in Roma presso la

Dott.ssa Saveria Tartaglione, in via Giorgio Vasari n. 5;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 113/28/2007, depositata il 9 luglio 2007.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 10

novembre 2008 dal Relatore Cons. Dr. Antonio Greco;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Udito l’avv. Michele Tartaglione per la ricorrente.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La REMET, società per azioni esercente il commercio all’ingrosso di materiali ferrosi, impugnò l’avviso di accertamento con il quale, sulla base del processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza il 21 maggio 1999 all’esito di una verifica fiscale riguardante i periodi d’imposta 1998 e 1999, venivano evidenziati per il 1998 costi per acquisti di rottami da ambulanti per L. 25.301.979.600, considerati non documentati in quanto rilevati da autofatture prive delle generalità del venditore, con conseguente determinazione del reddito, ai fini dell’IRPEG, in L. 25.251.143.000, a fronte di una perdita dichiarata di L. 71.660.000, e di un valore della produzione accertato, ai fini dell’IRAP, di L. 25.319.043.000, a fronte di un valore negativo dichiarato di L. 3.760.000. La contribuente lamentava l’erroneità del metodo analitico adottato, che non poteva consentire l’equazione “ricavi uguale reddito, senza cioè tener conto dei costi” che a quei ricavi avevano dato luogo.

In primo grado il ricorso veniva rigettato.

La Commissione tributaria regionale della Campania, adita in appello dalla contribuente, che si doleva dell’applicazione del metodo analitico di accertamento in presenza di una situazione che avrebbe dovuto invece provocare l’adozione del metodo induttivo, il quale avrebbe espresso un risultato realistico sul piano economico, e non irrealistico come quello prodotto con l’applicazione del metodo analitico, con la sentenza indicata in epigrafe respingeva l’impugnazione.

Rilevava infatti che dall’accertamento effettuato era emerso che i costi per l’acquisto di rottami da ambulanti non erano “sufficientemente documentati in quanto le autofatture emesse dalla società REMET non contengono tutti i dati di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21 (mancano le generalità dell’ambulante che ha fornito il materiale)”; che da tale violazione conseguiva la constatazione a carico della società contribuente di costi indeducibili, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75, e quindi la rideterminazione del reddito complessivo imponibile attratto a tassazione IRPEG ed il valore della produzione netta ai fini dell’IRAP. Si era “così proceduto ad un recupero analitico a tassazione di costi non dimostrati dalla parte contribuente sulla base di un p.v.c. non contestato dalla parte, la quale non ha documentato in alcun modo la deducibilità dei costi in questione”:

si trattava, “perciò, di un accertamento analitico effettuato ai sensi del disposto del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, con riferimento al detto p.v.c. della Guardia di finanza”.

Nei confronti della decisione la spa REMIT propone ricorso per Cassazione affidato ad un motivo ed illustrato con successiva memoria.

L’Agenzia delle entrate non ha svolto attività difensiva nella presente sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso (r.g. n. 31982 del 2007) la spa REMET, denunciando “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ed omesso esame su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”, anzitutto lamenta sia stato completamente disatteso, e senza valida motivazione, il rilievo, formulato sin dal primo grado, concernente l’erronea applicazione nella specie del metodo analitico. Ripropone poi tale tesi difensiva censurando per violazione di legge la sentenza d’appello, osservando che le omissioni e le inesatte indicazioni, ovvero le irregolarità formali delle scritture contabili, essendo così gravi, numerose e ripetute, le rendevano le scritture stesse incontestabilmente inattendibili nel loro complesso, sicchè avrebbe dovuto farsi applicazione della norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d), e cioè dell’accertamento con metodo induttivo.

Il ricorso è infondato.

L’omessa indicazione nelle fatture dei dati prescritti dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21 – nella specie, nelle autofatture emesse dalla contribuente, cessionaria, era stata rilevata la mancata indicazione delle generalità del cedente -, integra quelle gravi irregolarità contabili che ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, legittimano l’amministrazione finanziaria a ricorrere all’accertamento induttivo del reddito imponibile (cfr. Cass. n. 9310 del 1994).

Nell’accertamento dei redditi di impresa a norma dell’art. 39, appena citato, la ricorrenza dei presupposti per l’accertamento induttivo, anche nella ipotesi di inattendibilità dell’intera contabilità, non comporta non l’obbligo dell’ufficio di avvalersi di tale metodo di accertamento, ma la mera facoltà, che non preclude la possibilità di procedere ad una valutazione analitica dei dati comunque emergenti dalle scritture dell’imprenditore, come è stato più volte affermato da questa Corte in ipotesi di ricorso all’accertamento con metodo analitico in presenza dei presupposti per l’accertamento induttivo (Cass. n. 4218 del 2006, n. 12904 del 2008).

La circostanza che le irregolarità contabili siano così gravi e numerose da giustificare un giudizio di complessiva inattendibilità delle scritture rende infatti di per sè sola legittima l’adozione del metodo induttivo, mentre sulla esistenza dei presupposti per il ricorso a tale metodo non incidono le modalità con cui tale forma di accertamento viene eseguita.

La norma, infatti, consente all’ufficio di procedere “sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili” (art. 39, comma 2), il che significa che l’ufficio può certo utilizzare elementi esterni rispetto alle scritture, ma che nulla vieta che si serva anche dei dati emergenti dalle stesse nella misura in cui risultino singolarmente affidabili, come si è già avuto modo di osservare enunciando il principio secondo cui l’esistenza dei presupposti per l’applicazione del metodo induttivo ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d), non esclude che l’amministrazione finanziaria possa servirsi, nel corso del medesimo accertamento e per determinate operazioni, del metodo analitico di cui all’art. 39, comma precedente, oppure contemporaneamente di entrambe le metodologie (Cass. n. 11686 del 2002, n. 13350 del 2009).

Il ricorso va pertanto rigettato.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese, considerato il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’amministrazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 11 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2010

 

 

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