Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5735 del 03/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 03/03/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 03/03/2021), n.5735

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28275-2019 proposto da:

C.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARNO 38,

presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA MONCADA, rappresentato e

difeso dall’avvocato SALVATORE LO GIUDICE;

– ricorrente –

contro

COMUNE CANICATTI’;

– intimato –

avverso la sentenza n. 896/2019 della COMMISSSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA, depositata il 14/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

FRANCESCO ESPOSITO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 14 febbraio 2019 la Commissione tributaria regionale della Sicilia rigettava l’appello proposto dal Comune di Canicattì avverso la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto da C.C. compensando le spese del giudizio – contro gli avvisi di accertamento relativi ad ICI per gli anni 2004, 2005, 2006 e 2007. La CTR condannava l’appellante al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 200,00, oltre accessori.

Avverso la suddetta sentenza, con atto del 14 settembre 2019, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

Il Comune di Canicattì non ha svolto difese.

Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo il contribuente – denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, dell’art. 91 c.p.c. e del D.M. 2 aprile 2014, n. 55 – censura la sentenza impugnata per avere liquidato le spese del giudizio di appello in misura inferiore ai parametri stabiliti dal citato decreto ministeriale senza alcuna motivazione.

La doglianza è fondata.

Questa Corte ha in più occasioni affermato il principio in base al quale, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, il giudice non può limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, in misura inferiore a quelli esposti, ma ha l’onere di dare adeguata motivazione dell’eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l’accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe (cfr., tra le tante, Cass. n. 2306 del 2018).

Il ricorrente, in ossequio al principio di autosufficienza, ha trascritto in ricorso la nota spese prodotta con la memoria depositata nel giudizio di appello, ove sono analiticamente indicati i compensi richiesti in relazione a ciascuna fase, per un totale complessivo di Euro 9.384,00.

Orbene, la CTR non si è uniformata al principio di diritto sopra richiamato, liquidando in Euro 200,00 le spese del giudizio di appello e riducendo così radicalmente i compensi indicati nella nota specifica, senza alcuna motivazione.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la CTR omesso di pronunciarsi sulla censura formulata con le controdeduzioni dall’appellato in ordine alla dedotta erronea e immotivata compensazione delle spese processuali di primo grado.

Il motivo è fondato.

Posto che anche nel processo tributario (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 54), come in quello ordinario, per la proposizione dell’appello incidentale non occorrono formule sacramentali, essendo sufficiente che dal complesso delle deduzioni e delle conclusioni formulate dall’appellato nella comparsa di costituzione risulti in modo non equivoco la volontà di ottenere la riforma della decisione del primo giudice nella parte sfavorevole all’appellato (Cass. n. 15501 del 2010), va osservato che con l’atto di controdeduzioni in appello, trascritto in ricorso per autosufficienza, il contribuente ha censurato, siccome erronea e immotivata, la statuizione con la quale il primo giudice aveva ritenuto che “Data la natura della materia tributaria, le spese possono essere interamente compensate fra le parti”.

Su tale censura la CTR, in violazione del disposto dell’art. 112 c.p.c., ha del tutto omesso di pronunciarsi.

In conclusione, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2021

 

 

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