Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5727 del 22/02/2022
Cassazione civile sez. II, 22/02/2022, (ud. 24/01/2022, dep. 22/02/2022), n.5727
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
B.R., e T.I., rappresentati e difesi per procura
alle liti in calce al ricorso dagli Avvocati Massimo Lazzarini, e
Roberto Faini, elettivamente domiciliati preso lo studio
dell’Avvocato Francesco Luigi Braschi, in Roma, viale Parioli n.
180.
– ricorrenti –
contro
P.M., e Z.M., rappresentati e difesi per
procura alle liti in calce al controricorso dall’Avvocato Massimo
Facondini, elettivamente domiciliati preso lo studio dell’Avvocato
Giuliano Salvucci in Roma, largo La Loggia 33.
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 564 della Corte di appello di Bologna,
depositata il 4.4.2016;
udita la relazione della causa svolta dal Cons. Dott. Mario Bertuzzi
all’adunanza del 24.1.2022.
Fatto
Fatti di causa e ragioni della decisione
Con atto notificato il 4.5.2017 B.R. e T.I. ricorrono, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 564 del 4.4.2016 che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva rigettato la loro domanda e dichiarato risolto per inadempimento degli stessi, a seguito di diffida ad adempiere rimasta senza effetto, il contratto preliminare di compravendita di un immobile stipulato il 24.10.1998 con P.M. e Z.M., condannandoli al risarcimento dei danni.
P.M. e Z.M. hanno notificato controricorso.
La causa è stata avviata in decisione in adunanza camerale non partecipata.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
Il primo motivo di ricorso censura la sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1 nn. 3 e 5, per errata, incompleta, contraddittoria ed illegittima interpretazione del contratto in ordine alla presenza di una clausola risolutiva espressa, ed in merito alla valutazione circa la sussistenza del grave inadempimento dei ricorrenti, della validità della diffida ad adempiere e della condotta delle controparti, assumendo che la diffida del 27.2.1999 non era firmata dalle controparti, e che la Corte territoriale avrebbe dovuto valutare la condotta delle altre parti precedenti la diffida e verificare che l’impossibilità di stipulare il contratto definitivo era dovuta alla irregolarità urbanistica e catastale dell’immobile ed alla presenza su di esso di una ipoteca non segnalata dai promittenti venditori.
Il motivo è inammissibile in quanto non indica le norme di legge che si assumono violate, requisito richiesto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3.
In particolare l’omessa indicazione delle norme di legge violate appare assorbente in ordine alle censure che lamentano errori nella interpretazione del contratto, costituendo orientamento del tutto consolidato di questa Corte che, nel giudizio di cassazione, il risultato dell’operazione di interpretazione del contratto da parte del giudice di merito può essere censurato solo mediante la specifica indicazione dei criteri legali di interpretazione posti dagli artt. 1362 c.c. e segg., e della conseguente illustrazione delle ragioni per cui la dedotta violazione si sarebbe verificata e non attraverso la mera contrapposizione di una soluzione interpretativa diversa rispetto a quella accolta dalla sentenza impugnata (Cass. n. 16987 del 2018; Cass. n. 28319 del 2017; Cass. n. 24539 del 2009).
Le altre censure sollevate dal motivo sono invece inammissibili perché investono valutazioni e apprezzamenti del giudice di merito delle risultanze istruttorie al fine della ricostruzione dei fatti rilevanti per il decidere, non sindacabili, in quanto tali, in sede di giudizio di legittimità.
Il secondo motivo di ricorso denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, vizio di omessa pronuncia (ovvero immotivata e contraddittoria pronuncia) circa la domanda di restituzione delle somme versate al momento della conclusione del preliminare.
Il motivo è infondato, atteso che dalla ricostruzione della vicenda processuale contenuta nella sentenza impugnata e nello stesso ricorso non risulta che tale domanda di restituzione sia mai stata avanzata da parte degli odierni ricorrenti, i quali avevano introdotto il giudizio di primo grado chiedendo, ai sensi dell’art. 2932 c.c., l’esecuzione del contratto preliminare, domanda che era stata accolta in primo grado e respinta in appello.
Il terzo motivo di ricorso censura la statuizione della sentenza impugnata che ha condannato gli appellati al pagamento delle spese di giudizio, per non avere la Corte di appello tenuto conto del comportamento processuale ed extraprocessuale della controparte.
Il motivo è inammissibile per genericità delle contestazioni sollevate, che non espongono i fatti che il giudice a quo avrebbe dovuto valutare ai fini della regolamentazione delle spese processuali, e comunque infondato, risultando la statuizione impugnata conforme al criterio legale della soccombenza stabilito dall’art. 91 c.p.c..
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
PQM
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei
ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2022