Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5725 del 12/03/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 5725 Anno 2014
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: CECCHERINI ALDO

SENTENZA

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sul ricorso 17001-2006 proposto da:
COMUNE DI FONDI (c.f. 01061770598), in persona del
Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIALE DELL’UMANESIMO 69, presso l’avvocato
DEL

PRETE

CARMELA, rappresentAto e

diféso

dall’avvocato CARDINALE ANTONIO, giusta procura
2014
221

speciale per Notaio dott. GENNARO LIGUORI di FONDI
(LATINA)- Rep.n. 50.342 del 18.5.2009;
– ricorrente contro

Data pubblicazione: 12/03/2014

IMPRESA DE BIAGGIO S.R.L. (c.f. 00252840590), in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. MASSIMO
33, presso l’avvocato DE PERSIS PAOLO,

GIACOMO,

e

difesa

giusta

dall’avvocato MIGNANO

procura

a

margine

del

controricorso;

controrícorrente

avverso la sentenza n. 1724/2005 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 18/04/2005;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 29/01/2014 dal Consigliere
Dott. ALDO CECCHERINI;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato CARDINALE
ANTONIO che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha
concluso per l’inammissibilità art. 366 c.p.c. e
condanna alle spese.

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rappresentata

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con citazione notificata il 15 novembre 1993, il
Comune di Fondi si oppose al decreto ingiuntivo emesso

dalla De Biaggio s.r.1., di pagamento dei compensi dovuti
per lavori eseguiti in forza di due contratti di appalto
per la costruzione dello stadio comunale.
La società appaltatrice resistette all’opposizione,
e, con separato atto, citò il comune davanti allo stesso
tribunale, per ottenere ulteriori compensi maturati in
forza del primo contratto, e la risoluzione per inadempimento del committente del secondo contratto, con il risarcimento dei danni. I due giudizi furono riuniti.
Con sentenza 30 maggio 2002 il tribunale revocò il
decreto ingiuntivo e dichiarò la risoluzione dell’appalto
per inadempimento del comune, che condannò al risarcimento dei danni liquidati in C 631.060,00.
2. Con sentenza 18 aprile 2005, la corte d’appello di
Roma ha respinto il gravame del comune di Fondi. La corte
ha escluso che il primo giudice avesse confuso gli elementi rilevanti dei due distinti giudizi, osservando che
con riguardo alla prima causa aveva condannato il comune
al pagamento della somma di 118.348.570, costituente il
residuo corrispettivo del primo appalto, mentre con ri-

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dal Presidente del Tribunale di Latina, e notificatogli

guardo alla seconda causa si era pronunciato sia sulla
risoluzione del secondo contratto e sia sul risarcimento
dei danni per perdita di profitto e per maggiori costi,
nonché sugli interessi dovuti su ritardati pagamenti di

contratto d’appalto – la cui esistenza era documentata da
un formale contratto stipulato in forma scritta – era
stato richiesto fin dalle conclusioni della citazione introduttiva del secondo giudizio, e l’imputabilità al comune del ritardo, che era all’origine della risoluzione,
era stata accertata sotto diversi profili. Le censure alla liquidazione dei danni, fatta sulla base dei risultati
della consulenza tecnica d’ufficio, erano generiche. Per
i maggiori costi generali durante la sospensione dei lavori, peraltro, le voci relative erano notorie. Neppure
erano fondate le censure basate sulla mancanza di riserve, applicandosi l’art. 54 r.d. n. 530 del 1895 nella vigenza del contratto e non nel caso di risoluzione.
3. Per la cassazione di questa sentenza ricorre il
Comune di Fondi con atto affidato a tre mezzi d’impugnazione, illustrati anche con memoria.
Resiste l’Impresa De Biaggio s.r.l. con controricors o.

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Il cns. el. est.
dr. do eccherini

acconti. Il risarcimento danni da risoluzione del secondo

RAGIONI DELLA DECISIONE
4. Con il primo motivo di ricorso si denuncia la vio-

lazione degli artt. 112 e 113 c.p.c.. Si censura l’affermazione del giudice d’appello che il risarcimento danni

tazione. Si sostiene che alcune voci di danno non sarebbero mai state prospettate dall’impresa De Biaggio. In
particolare si deduce che:
a) tra le voci di danno non era compresa la perdita
di profitto per anticipata cessazione e per altre voci;
b) il rimborso per i maggiori costi conseguenti della
seconda sospensione dei lavori era stato trasformato dal
CTU in domanda di risarcimento danno emergente;
c) si era ritenuta sicura l’esistenza di un secondo
contratto, sospeso, laddove la sospensione riguardava
l’unico contratto, e il secondo contratto altro non era
se non una ricognizione dei rapporti esistenti con riferimento al contratto n. 30/85.
Da ultimo si censura, molto confusamente, una contraddizione che sarebbe presente nella sentenza di primo
grado, e che sarebbe stata segnalata al giudice d’appello
in ordine all’esistenza di un secondo contratto di appalto.

4.1.

Il motivo, che in violazione del principio di

autosufficienza non riporta testualmente le conclusioni
5

era stato chiesto sin dalle conclusioni dell’atto di ci-

dell’atto di citazione introduttiva del giudizio, né indica la sede processuale in cui la corte potrebbe leggerle, è inammissibile, risolvendosi in affermazioni che la
corte non è in grado di verificare. Nei limiti nei quali

che la richiesta di risarcimento del danno identifica
l’oggetto della domanda nel danno cagionato dal comportamento del committente, e unitariamente considerato. In
relazione a esso, le singole voci considerate non costituiscono oggetto di distinte domande, in relazione a ciascuna delle quali possa farsi questione di ultrapetizione, ma solo componenti che concorrono alla liquidazione
del danno risarcibile.
5.

Con il secondo motivo si censura la relazione di

consulenza tecnica assunta in primo grado, della quale
qualche affermazione – si sostiene – è stata accolta nella sentenza della Corte d’appello.
5.1. Il motivo è inammissibile nella parte in cui la-

menta sconfinamenti rispetto al quesito che era stato posto al consulente, che dovevano essere denunciati allo
stesso giudice di merito e non possono essere prospettati
per la prima volta in questa sede. Nonostante ciò, è ammissibile, e deve essere esaminata la censura – da qualificare correttamente come vizio di motivazione su un punto decisivo – con la quale il comune ricorrente denuncia

6

Eco
dr. Al

eLeg.
eccherini

una valutazione delle doglianze è possibile, si osserva

che la corte d’appello, osservando che le voci relative
ai maggiori costi generali durante la sospensione dei lavori sarebbero notorie, abbia sostanzialmente recepito la
relazione tecnica nella parte in cui, dichiarando di vo-

lato le spese generali sopportate dall’appaltatrice nel
periodo di sospensione dei lavori, in misura proporzionale alla natura delle opere e al periodo di esecuzione
dell’appalto medesimo, qualificando al tempo stesso gli
importi così calcolati come danno emergente. Il comune
ricorrente lamenta a ragione che sia stata pronunciata
condanna al risarcimento di questo danno, per il quale è
stata esclusa la necessità di una prova.
5.2. Le indicazioni normative alle quali il consulen-

te si è richiamato disciplinano la determinazione dei
compensi dell’appaltatore, e si traducono in una regola
contrattuale, che si applica in presenza dei presupposti
normativi, non postulando alcun adempimento in punto di
prova e di documentazione.
5.3. Nella fattispecie di causa, tuttavia, non della

determinazione del compenso dell’appaltatore si trattava,
bensì del danno da lui subito a seguito della risoluzione
del contratto medesimo per inadempimento del committente.
In proposito non v’è che da richiamare quanto questa corte ha avuto modo, anche di recente, di osservare (Cass.
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lersi attenere a precise indicazioni normative, ha calco-

17 maggio 2012 n. 7782, in motivazione). In tema di appalto di opere pubbliche, le spese generali per l’esecuzione dell’appalto, comprendenti le spese di cantiere e
quelle generali di azienda, sono disciplinate (non dal

dei prezzi unitari per ogni tipologia di lavoro e le relative componenti, ai fini della determinazione del costo
dell’opera, e che si applica all’esecuzione del contratto
di appalto nel suo svolgimento fisiologico, ma) dal
D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 16 (e ora D.M. 19
aprile 2000, n. 145, art. 5), che le pone a carico
dell’appaltatore, in quanto già computate nel prezzo
dell’opera (Cass. 22 dicembre 2011 n. 28429). Il prece. dente appena richiamato chiarisce che, secondo la giurisprudenza di questa corte (Cass. 5010/2009), la stazione
appaltante ha bensì l’obbligo di rimborsare i maggiori
oneri in favore dell’appaltatore, ove con il proprio comportamento abbia determinato un aggravio delle spese generali di cantiere, come avviene in caso d’illegittima
sospensione di lavori; ma ciò non vale laddove il contratto sia stato risolto, sia pure per fatto e colpa
dell’amministrazione committente, verificandosi in tal
caso per ciascuno dei contraenti, e indipendentemente
dall’imputabilità dell’inadempienza, rilevante ad altri
fini, una totale res utio in integrum,
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rei. est.

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eccherini

e pertanto il

D.M. 29 maggio 1865, art. 20, che regola la formazione

venir meno di tutti gli effetti del contratto, e con esso
di tutti i diritti che ne sarebbero derivati (Cass. nn.
8960/2010, 12468/2004, 7470/2001).
5.4. Nella fattispecie di causa, la società appalta-

per colpa del committente, sicché da questo nulla è dovuto in base al contratto, mentre la società appaltatrice
ha diritto al risarcimento del danno secondo i principi
generali del codice civile. Tra i danni sofferti dalla
società appaltatrice, dunque, ben possono annoverarsi
quelli costituiti da spese generali, sopportate per non
aver potuto utilizzare le strutture aziendali a causa del
comportamento del committente: ma l’appaltatrice non è
sollevata dall’onere di provarne la verificazione in punto di fatto, che non può considerarsi notoria. Posto poi
che tale prova sia stata offerta, la liquidazione deve
avere il suo parametro nei fatti provati, e non è consentito avvalersi di previsioni normative inapplicabili al
caso di specie. La censura è dunque fondata.
6. Con il terzo motivo si denuncia la violazione de-

gli artt. 181 e 184 c.p.c. Si lamenta la mancata ammissione delle prove articolate all’udienza di precisazione
delle conclusioni 14 marzo 2003.
6.1. Le prove in questione sono indicate, nelle con-

clusioni riportate nell’impugnata sentenza, con rinvio
9

trice ha chiesto e ottenuto la risoluzione del contratto

alle conclusioni rassegnate in primo grado, e non sono
riprodotte nel ricorso, sicché il motivo d’impugnazione
(che per consolidata giurisprudenza può essere esaminato
esclusivamente sotto il profilo del vizio di motivazione

c.p.c., e non sotto il profilo di violazione di norme di
diritto sostanziale) non consente di verificarne la decisività, ed è inammissibile.

7. In conclusione il ricorso è accolto limitatamente
al secondo motivo, con riferimento al vizio di motivazione circa la prova del danno subito dalla società appaltatrice per spese generali sostenute senza corrispettivo.
L’impugnata sentenza deve essere cassata sul punto, e la
causa deve essere rimessa alla medesima corte territoriale in altra composizione, perché accerti – anche ai fini
del regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità – se la società appaltatrice abbia fornito la
prova del danno in questione, e, in caso di risposta affermativa, provveda alla sua liquidazione in relazione ai
fatti così accertati.
P. q. m.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il terzo; accoglie il secondo motivo di
ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sen10

i

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dr. Al • . 1,,eccherini

della decisione di merito, ex art. 360 primo co. n. 5

o

tenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche ai fini del regolamento delle spese
del presente giudizio di legittimità, alla Corte
d’appello di Roma in altra composizione.

prima sezione civile della Corte suprema di cassazione,
il giorno 29 gennaio 2014.

Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della

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