Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5724 del 12/03/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 5724 Anno 2014
Presidente:
Relatore:

SENTENZA

sul ricorso 22752-2006 proposto da:
ALBERTI ARMANDO (c.f. LBRRND32R01A901N), ALBERTI
ROSANNA (C.F. LBRRNN36L44A9010), elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA CASSIODORO 19, presso

Data pubblicazione: 12/03/2014

l’avvocato CALO’ MAURIZIO, che li rappresenta e
difende unitamente agli avvocati DRAGOGNA SERGIO,
2014

TOTINO CARLO, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –

220

contro

COMUNE DI BLEGGIO INFERIORE;

1

- intimato –

sul ricorso 24303-2006 proposto da:
COMUNE DI BLEGGIO INFERIORE, in persona del Sindaco
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE MAZZINI 11, presso l’avvocato STELLA RICHTER

all’avvocato DALLA FIOR MARCO, giusta procura a
margine del controricorso e ricorso incidentale;
-C
co508g-Gotvi
controrícorrente e ricorrente incidentale contro

ALBERTI ARMANDO, ALBERTI ROSANNA;
– intimati –

avverso la sentenza n.

238/2005 della CORTE

D’APPELLO di TRENTO, depositata il 22/06/2005;
udita la

rulaziune

el93-1M CMURR

pubblica udienza del 29/01/2014

nvolta nella
dal

idente

Dott. SALVATORE SALVAGO;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato CALO’ MAURIZIO
che si riporta;
udito,

per

il

controricorrente

PAOLO, che lo rappresenta e difende unitamente

e ricorrente

incidentale, l’Avvocato STELLA RICHTER PAOLO che si
riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha
concluso per il rigetto dell’istanza di rinvio,

2

previa riunione, accogliemento del primo motivo del
ricorso incidentale, con assorbimento di ogni altro

motivo anche per il ricorso principale.$.

h

..

o

3

Fatto e motivi
La Corte di appello di Trento,con sentenza del 22 giugno
2005 ha confermato quella in data 17 ottobre 2003 del
Tribunale di Trento che aveva dichiarato l’avvenuta
occupazione espropriativa da parte del comune di Bleggio

Inferiore di una porzione di terreno estesa mq. 60 circa
appartenente ad Armando e Rosanna Alberti identificata in
catasto con la part.263/7 per la realizzazione di un
passaggio pedonale e condannato l’ente pubblico al
risarcimento del danno in favore dei proprietari nella
misura di 2.459,36 oltre accessori osservando: a)che
l’opera era assistita da una valida dichiarazione di p.u.
contenuta nelle delibere consiliari 27 novembre 1979 e 24
luglio 1980 che avevano approvato il progetto;mentre con
successivo decreto 18 dicembre 1980 del Presidente della
G.P. era stato fissato il termine di due anni per
l’ultimazione dei lavori; b)che la prova
dell’irreversibile trasformazione del fondo derivava dalla
stessa natura delle opere realizzate dal comune,peraltro
entro i termini indicati.
Per la cassazione della sentenza gli Alberti hanno
proposto ricorso per 7 motivi;cui ha resistito il comune
di Bleggio con controricorso con il quale ha formulato a
sua volta ricorso incidentale per 3 motivi.
Motivi della decisione

4

Con i primi tre motivi del ricorso principale,gli Alberti
deducendo violazione degli art.1 legge 1/1978;16 d.p.r.
327 del 2001 ed 11 legge reg. 40/1968 censurano la
sentenza impugnata per avere ritenuto che il comune aveva
acquisito per effetto della c.d. occupazione espropriativa

la part.263/7 di loro proprietà sulla quale aveva
realizzato parte del passaggio pedonale, senza
considerare: a) che i progetti approvati con delibere
consiliari 49/1979 e 59/1980 ed invocati dalla controparte
si riferivano ad altri manufatti ubicati in una parte
diversa della località,come aveva finito per riconoscere
la stessa amministrazione ammettendo che nei relativi
provvedimenti sussistevano errori in ordine alla corretta
individuazione delle aree; b)che proprio per dimostrare
tale diversità era stata richiesta c.t. onde verificare
la corrispondenza dei lavori eseguiti con quelli
progettati,invece non ammessa dai giudici di merito; c)che
l’inesistenza della dichiarazione di p.u. era stata
prospettata fin dal giudizio di primo grado in cui anzi
essi attori avevano dedotto anche la mancata previsione
urbanistica della costruzione del passaggio pedonale e
dell’area destinata a verde, nonché l’omessa comunicazione
dell’inizio di qualsiasi procedimento ablatorio.
Con il sesto deducendo ulteriori vizi di motivazione
rilevano che in ogni caso non vi era stata alcuna
irreversibile trasformazione del loro immobile,per cui ne
5

era possibile la riduzione in pristino stato da essi
richiesta fin dalla citazione introduttiva del giudizio.
Le censure sono fondate.
Lo stesso comune ha confermato che gli Alberti nella
citazione introduttiva del giudizio avevano lamentato

l’illegittima occupazione senza titolo da parte del comune
di circa 60 mq. della part.263/7 adibita a verde;
b)l’avvenuta realizzazione su di essa di un passaggio
pedonale.
Nessun’altra indicazione o precisazione era quindi
richiesta agli attori dagli art.99 e 112 cod.proc.civ. per
invocare utilmente l’applicazione degli art.2043 2058
cod. civ.;mentre spettava al comune che non aveva
contestato l’occupazione abusiva,ma questa aveva inserito
nell’ambito di un procedimento ablatorio per ricavarne la
sussistenza della c.d. occupazione espropriativa,dedurre e
documentarne le circostanze costitutive: prima fra tutte
la sussistenza di una dichiarazione di p.u. valida ed
operante,e quindi la irreversibile trasformazione degli
immobili nell’opera programmata prima dello spirare del
termine ultimo di decadenza della dichiarazione di p.u.
Al riguardo i proprietari non hanno mai contestato
l’adozione delle delibere comunali 27 novembre 1979 e 24
luglio 1980 di approvazione del progetto esecutivo di
sistemazione della strada interna alla frazione di Ponte
Arche e 9 ottobre 1980 n.25 di finanziamento e conferma
6

del progetto,né tanto meno che detti provvedimenti
avessero l’effetto di dichiarazione di p.u. per il
disposto dell’art.11 legge reg. 40 del 1968,ma che il
tracciato della strada dalle stesse individuato dovesse
attraversare le loro proprietà; per cui l’onere probatorio

posto a carico del comune non poteva limitarsi al
richiamo dei menzionati provvedimenti, ma comprendeva
anzitutto la produzione del piano particellare
necessariamente allegato in virtù delle disposizioni
dell’art.3 legge 2359/1865 e poi dell’art.10 legge 865 del
1971,nel caso attestante che lo stesso conteneva anche la
part.263/7:perciò pur esse inclusa nella dichiarazione di
p.u. dell’opera realizzanda.
Secondo

la

giurisprudenza

costituzionale,infatti,la

funzione della dichiarazione non è quella meramente
formale di preannunciare (sent.90/1966 e succ.) in via
generale ed astratta l’esigenza di un’opera pubblica,bensì
quella di accertare e dichiarare l’esistenza del pubblico
interesse. (art.42 Costit.) su beni determinati e
preventivamente individiati, su di essi imponendo un
vincolo di indisponibilità; con la conseguenza che fin
dal primo atto della procedura espropriativa debbono
risultare definiti non soltanto l’oggetto, ma anche il
programma ed i tempi delle realizzazioni:non consentendo
il precetto costituzionale il sacrificio del diritto
dominicale in vista di una futura,ma del tutto ipotetica
7

ed incerta utilizzazione del bene al servizio di fini di
interesse generale privi di attualità e concretezza.
Da qui la regola che la dichiarazione deve indicare lo
specifico bene oggetto della futura espropriazione,perciò
richiedendo tra l’altro “una relazione esplicativa

dalle mappe catastali sulle quali siano individuate le
aree da espropriare, dall’elenco dei proprietari iscritti
I’

negli atti catastali” (art.10 cit.); e quindi nel primo
atto della procedura -corrispondente nelle dichiarazioni
di p.u. implicite al provvedimento di approvazione del
progetto- l’apposizione dei termini per il compimento
delle espropriazioni e dei lavori di cui all’art.13 legge
2359/1865:con

il

corollario

che

la

loro

mancata

prefissione non ammette equipollenti,né sanatorie
attraverso provvedimenti successivi,ma comporta pur essa
la giuridica inesistenza della dichiarazione di p.u.
(Cass.sez.un. 1550/1983;1907/1997,nonché 8210/2007;Cons.
St. 798 e 743/1994).
Nessuna di queste indagini è stata compiuta dalla Corte di
appello,la quale:a)si è limitatata a dare atto dell«
Vt
ato=-4-a e del finaniziamento dell’opera di viabilità per
cui è causa dall’iniziale delibera che l’ha approvata fino
a quella con cui è stato liquidato il danno da risarcire
ai ricorrenti; b)non ha accertato, neppure attraverso la
c.t. richiesta dai proprietari, se i progetti approvati
8

dell’opera o dell’intervento da realizzare, corredata

.

comprendessero anche la menzionata part.

263/7 di

proprietà Alberti,come era necessario per affermare
4

l’esistenza di una dichiarazione di p.u. sui due immobili;
c) ha dato atto che mancava la prova dell’epoca della
irreversibile trasformazione del terreno Alberti nelle

opere di viabilità poi realizzate,perciò non consentendo
neppure di stabilire se la vicenda radicale-trasformazione
si era verificata e se si era prodotta durante il periodo
di vigenza della pur indimostrata dichiarazione.
Ciò malgrado ha dichiarato avvenuto il trasferimento
coattivo di detti immobili per effetto della occupazione
acquisitiva in data imprecisata. E del pari erroneamente
ha respinto le domande ripristinatorie e restitutorie
.

degli Alberti impedite esclusivamente da un’espropriazione
(pur anomala,quale quella acquisitiva),ma non anche da una
mera

occupazione

di

fatto

non

supportata

dalla

dichiarazione di p.u. perché mai emessa su quei beni,o
perché radicalmente nulla ex art.13 legge 2359/1865,o
ancora perché divenuta inefficace ai sensi del 2 ° comma
della stessa norma. Per cui ai relativi accertamenti
provvederà il giudice del rinvio.
Il Collegio,deve infine dichiarare inammissibile il
secondo motivo del ricorso incidentale con cui il comune
ha insistito nella declaratoria di costituzione della
servitù per “dicatio ad patriam” ed ha lamentato che la

e

sentenza impugnata abbia omesso di pronunciare sul
9

relativo motivo di gravame incidentale:in quanto l’ente
pubblico anche in questa sede di legittimità si è limitato
ad invocare la configurabilità dell’istituto senza neppure
riferirne i fatti costitutivi neppure con riguardo al
comportamento tenuto al riguardo dai proprietari ed al

4207/2012);e non ha neppure indicato se ed in quale atto
del giudizio di impugnazione li avesse riportati.
Assorbiti,pertanto i restanti motivi dei ricorsi,la Corte
deve cassare la sentenza impugnata in relazione ai motivi
accolti e rinviare alla stessa Corte di appello di
Trento,che in diversa composizione si atterrà ai principi
esposti e provvederà alla liquidazione delle spese del
giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte,accoglie i primi tre motivi ed il sesto del
ricorso principale,dichiara inammissibile il secondo
dell’incidentale ed assorbiti tutti gli altri,cassa la
sentenza impugnata e rinvia anche per la liquidazione
delle spese del giudizio di legittimità alla Corte di
appello di Trento,in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 9 gennaio 2014.

relativo uso da parte della collettività (Cass.4597 e

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