Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5723 del 09/03/2010
Cassazione civile sez. lav., 09/03/2010, (ud. 03/02/2010, dep. 09/03/2010), n.5723
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico – rel. Presidente –
Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –
Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –
Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –
Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 32084/2006 proposto da:
L.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
MARIANNA DIONIGI 43, presso lo studio dell’avvocato CANONACO LUCIANA,
rappresentato e difeso dall’avvocato FERRARI VINCENZO, giusta delega
in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
COMUNITA’ TERAPEUTICA RIABILITATIVA VILLA MAJOR S.R.L., in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA G. SPONTINI 11, presso lo studio dell’avvocato BARTOLINI
PAOLA, rappresentata e difesa dall’avvocato VITALE SILVESTRO, giusta
delega in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 938/2006 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,
depositata il 21/02/2006 R.G.N. 419/04;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
03/02/2010 dal Consigliere Dott. ROSELLI Federico;
lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott.
PATRONE Ignazio, che ha concluso chiedendo alla Corte di pronunciare
sentenza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma
2, per manifesta infondatezza del ricorso.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che con sentenza del 21 febbraio 2006 la corte d’Appello di Catania, in riforma, per quanto qui ancora interessa, della decisione emessa dal Tribunale rigettava la domanda proposta da G. L. contro la datrice di lavoro s.r.l. Villa Maior onde ottenere la dichiarazione di illegittimità di un licenziamento intimatogli per insubordinazione;
che ad avviso della Corte d’Appello il licenziamento era giustificato dalla mancata esecuzione di un ordine di servizio avente ad oggetto l’accompagnamento al mare di alcuni ospiti della comunità terapeutica organizzata dalla datrice di lavoro, mentre erano pretestuosi i motivi addotti dal lavoratore per giustificare il rifiuto: le avverse condizioni atmosferiche si erano rilevate insussistenti ed il libretto di circolazione dell’automezzo, mancante, era validamente sostituito da una denuncia di smarrimento presentata ai Carabinieri;
che contro questa sentenza ricorre per cassazione il L. mentre la s.r.l. Villa Maior resiste con controricorso;
che il Pubblico Ministero ha chiesto il rigetto del ricorso.
Considerato che col primo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2104, 2106 e 2119 c.c., D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 95 modif. dal D.P.R. n. 105 del 2000, art. 3, art. 36 C.C.N.L. e vizi di motivazione, negando che fra le sue mansioni di animatore della casa di cura, necessarie al recupero ed al reinserimento di soggetti con menomazioni psico-fisiche, rientrassero quelle di autista;
che il motivo è manifestamente infondato poichè la generica definizione di quelle mansioni permette di comprendervi quelle di conducente di un automezzo necessario ad accompagnare i pazienti per necessità terapeutiche, ciò che è dimostrato anche dal fatto che l’attuale ricorrente non giustificò l’inottemperanza dell’ordine di servizio con la sua incompetenza;
che inammissibile è la parte del motivo con cui il ricorrente evoca le norme sul procedimento amministrativo necessariamente conseguente allo smarrimento dl libretto di circolazione dell’automezzo;
che infatti egli non dice dovrebbe ai sensi dell’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 4, in quale momento e con quale atto processuale abbia eccepito l’inosservanza di quelle norme, mentre la sentenza qui impugnata è sufficientemente motivata con l’osservazione che lo smarrimento del libretto era stato regolarmente denunciato ai Carabinieri;
che col secondo motiv il ricorrente, invocando l’art. 2119 c.c., lamenta la mancanza di proporzione fra il comportamento addebitato e la sanzione inflitta;
che il motivo è manifestamente infondato poichè la gravità dell’illecito disciplinare è stata esattamente valutata tenendo conto dell’inottemperanza all’ordine di servizio anche con riguardo alle mansioni di assistenza a soggetti malati, da prestare con spirito di solidarietà e senza frapporre ostacoli pretestuosi;
che, rigettato il ricorso, le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in Euro 10,00, oltre ad Euro duemila/00 per onorario, più spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2010